Venezuela: droga, fidanzate e piscina in carcere

Pubblicato il 8 Giugno 2011 - 08:00 OLTRE 6 MESI FA

Il governo venezuelano ha ammesso che nelle sue carceri ci sono gravi problemi. I combattimenti tra bande controllate da boss come “Il Coniglio” provocano un elevatissimo numero di uccisioni: un’associazione per i diritti umani ha calcolato che solo lo scorso anno sono stati uccisi 476 prigionieri, circa l’1 per cento della popolazione carceraria nazionale.

Sperando di affrontare la violenza, il sovraffollamento e le altre questioni sistemiche, il governo ha annunciato un piano per creare un nuovo ministero delle carceri. E il presidente Hugo Chávez, nel suo programma televisivo domenicale nel dicembre 2009, ha individuato il carcere di San Antonio come meritevole di particolari attenzioni, annunciando anche la costruzione di un reparto femminile che ospiterà 54 detenute.

Le associazioni per i diritti umani, però, denunciano che la corruzione e i ritardi istituzionali hanno ostacolato gli sforzi per migliorare le condizioni di molte prigioni. Dal 1990, oltre 1200 persone si sono diplomate nell’Istituto nazionale di Studi Penitenziari, ma meno di 30 lavorano nelle carceri, che si ritrovano carenti di figure professionali esperte. Non solo. In tutto il Venezuela i detenuti sono oltre 44.500, in carceri che potrebbero ospitarne solo 15 mila.

Nelle ultime settimane una serie di rivolte ha posto l’accento sulle difficoltà. Ad aprile il direttore e 21 dipendenti del carcere “Rodeo II”, nello Stato di Miranda, sono stati presi in ostaggio dai detenuti che chiedevano immediati interventi sanitari per far fronte a un’epidemia di tubercolosi. A maggio i prigionieri di un carcere di Caracas hanno sequestrato e poi liberato dopo 24 ore il direttore del complesso e 14 guardie per protestare contro presunti maltrattamenti. “Lo Stato ha perso il controllo delle carceri in Venezuela”, ha detto Carlos Nieto, direttore della Finestra per la libertà, che documenta le violazioni dei diritti nelle carceri del Paese.

Luis Gutiérrez, il guardiano di San Antonio, si è rifiutato di parlare della prigione che supervisiona. Nei fine settimana il penitenziario si riempie di coniugi, partner romantici e persino alcuni curiosi in cerca di svago, proprio come accade nelle località balneari dell’isola. I prigionieri mangiano carne alla brace sorseggiando whisky a bordo piscina. In alcune celle, dotate di aria condizionata e antenna parabolica, i detenuti si rilassano con le mogli o le fidanzate (in Venezuela sono permesse le visite coniugali). I figli di altri reclusi nuotano tranquillamente in una delle quattro piscine del carcere.

I prigionieri si vantano di aver costruito tutti questi comfort con i loro soldi. Le evasioni dal carcere di San Antonio sono rarissime (chi scappa corre il rischio di essere fucilato dai soldati di guardia). E se la prigione non può essere considerata sicura (lo scorso anno lo scoppio di una granata in infermeria ha ucciso diversi uomini), i detenuti sostengono che, rispetto ad altre carceri, lì regna la pace. “La nostra prigione è un modello”, ha detto Ivan Peñalver, 33 anni, che è finito in manette per omicidio e che ora predica nella chiesa evangelica cristiana del carcere.