Col covid è finita un’epoca durata 500 anni, la modernità: Carlo Bordoni sentenzia il suo definitivo dissolversi

Col covid è finita un'epoca durata 500 anni, la modernità: Carlo Bordoni sentenzia il suo definitivo dissolversi nel suo nuovo libro, “Post-società”

di Emiliano Chirchietti
Pubblicato il 29 Gennaio 2023 - 21:09 OLTRE 6 MESI FA
Col covid è finita un'epoca durata 500 anni, la modernità: Carlo Bordoni sentenzia il suo definitivo dissolversi

Col covid è finita un’epoca durata 500 anni, la modernità: Carlo Bordoni sentenzia il suo definitivo dissolversi

Il covid ha chiuso il tempo della modernità, dopo mezzo millennio, sentenzia il sociologo Carlo Bordoni.

Sociologo dei processi culturali e dell’analisi dei fenomeni politici, già autore di molti altri importanti saggi, Carlo Bordoni propone in “Post-società” il definitivo dissolversi della modernità.

Destinato a diventare punto di riferimento della riflessione sociologica contemporanea, è un libro che ha il pregio di analizzare con chiarezza il transito verso una nuova società della quale sappiamo poco o niente. 

Detta così è comprensibile che non scaldi i cuori, ma se pensiamo che l’inizio della modernità è fissato intorno al 1500, e che dunque siamo testimoni della fine di un’epoca durata più di 500 anni, allora la consapevolezza di avere tra le mani una riflessione importante diventa preponderante.

Agli appassionati della materia farà venire l’acquolina in bocca, tuttavia è una lettura per chiunque abbia voglia di trovare la giusta lentezza che si deve ad un’analisi così attenta. Ciò risulterà utile, terribilmente utile, per capire molto di quel che passa e passerà nelle nostre vite.

“Siamo in transito. Non è una metafora. Dopo tanto vagare senza una meta all’interno della società liquida, ci siamo arenati. È un approdo sconosciuto, che assomiglia al mondo che abbiamo lasciato, ma con caratteristiche inedite. Chi sperava in un ritorno alla pienezza dei rapporti sociali, al recupero dei valori perduti, rimarrà deluso” (p. 9).

Ho letto “Post-società” nel formato cartaceo. L’edizione è curata, piacevole tra le mani, in brossura con le due alette laterali. Le dimensioni del carattere e l’organizzazione del testo, restituiscono al lettore una gradevole sensazione di comodità. I capitoli in totale sono cinque, più una sezione dedicata ai riferimenti bibliografici che in questo genere di libri è importante quasi quanto il testo. 

La tesi centrale del libro è molto chiara. La società liquida, teorizzata dal sociologo polacco Zygmunt Bauman, è oggi definitivamente chiusa. Di lei rimaneva solo l’ultimo frammento, quella fase che Bauman definì, riprendendo un concetto gramsciano, “interregno”, ovvero un periodo di transizione che avrebbe traghettato l’umanità dentro un nuovo ciclo della storia.

Quanto questo interregno sarebbe durato non era dato saperlo; di certo, afferma Bordoni, la pandemia ha imposto un’accelerazione tale da far esaurire, nell’arco di pochi mesi, quel che era rimasto della modernità liquida. 

“Nel 2000 l’annuncio della liquidità; nel 2010 la limitazione dell’interregno; nel 2020 la presa d’atto – per forza maggiore – di un nuovo status esistenziale” (p. 29). 

Dunque siamo in un mondo nuovo. 

“L’interregno è finito e siamo appena entrati in un’epoca assolutamente inedita che ci costringe a rivedere le nostre convinzioni, che mette in discussione la nostra cultura e, siccome siamo fatti di cultura, rimette in discussione tutti noi. Le nostre esistenze, le nostre priorità, i nostri valori. Non bisogna spaventarsi, non bisogna pensare che tutto sia finito, ma semmai che si tratta di un nuovo inizio e che si dovrà giocare su un terreno sconosciuto, di cui si intuiscono per il momento – solo per il momento – le asperità e le insidie” (p. 32). 

Nel libro questa tesi viene ovviamente articolata ed arricchita di passaggio in passaggio. 

Carlo Bordoni è bravo a sfilare dagli argomenti la coltre fumosa che talvolta circonda la riflessione sociologica. Emerge non solo la capacità di ancorare il ragionamento ai contributi di grandi pensatori come Bauman -per l’appunto- ed Alain Touraine, ma anche la necessità di penetrare nel concreto la società per arrivare là dove scorre vita. 

Da questa prospettiva “Post-società” è un libro che non si allontana dalla quotidianità, s’intreccia con lo spirito del nostro tempo. Anzi, a suo modo lo sfida, evidenziando contraddizioni e limiti, come quando Bordoni scrive a pagina 48 che “non siamo le vittime della tecnologia, ma i suoi fautori; siamo noi gli apprendisti stregoni dell’innovazione tecnologica e poco importa se poi non siamo capaci di dominarne gli effetti e ne restiamo stregati”.

Un saggio quindi concreto che comunque non rinuncia alla sua vocazione teorica, che, si badi bene, c’è tutta. E forse è questa la caratteristica che emerge con più decisione: una solida base teorica che si misura con la cruda constatazione della realtà. E la realtà sta cambiando, è già cambiata e cambierà.

Non conosciamo molto di quel che sta arrivando. Sentiamo solo i primi vagiti del bambino appena nato. Però, alcune tendenze sembrerebbero avere già una certa forza. Tra queste “il primato delle emozioni” – al quale Bordoni dedica tutto il terzo capitolo- è quella che sperimentiamo con maggiore frequenza. Nella modernità il controllo delle emozioni era una caratteristica peculiare, che aveva più funzioni. Ma con la crisi dell’età moderna le emozioni sono diventate centrali nelle nostre vite. Forse anche troppo importanti.

“Non ragionamenti complessi, non dimostrazioni di sapere, ma piuttosto manifestazioni della propria umanità: solo in queste emozioni, e attraverso di esse, grazie alla loro sincerità e autenticità, si può dimostrare la forza e l’importanza del sé” (p. 93).

Ma Bordoni ci mette anche in guardia. Le espressioni emotive si prestano ad un rischio fondamentale, ovvero la riduzione del pensiero razionale. “Il sapere diviene relativo e discutibile, non più meritevole di considerazione perché non sottoposto al vaglio del proprio giudizio, l’unico che possa avvalorarlo; messo in discussione, contestato non in forza di una dimostrazione contraria, bensì in quanto non coerente con i propri schemi mentali. È l’apoteosi del pregiudizio come forma mentis universalmente riconosciuta” (p. 94).

“Tutto questo scambio di emozioni che trova sfogo nella rete, tra coloro che pretendono di essere riconosciuti per la loro immediatezza e coloro che, invece, si impongono per le loro rabbiose reazioni, equivalenti ad una forma diversa, anche se sgradevole, di affermazione della propria esistenza, è uno stralcio rappresentativo di una modalità inedita di relazionarsi socialmente” (p. 97).

Dall’eccesso di emozioni, al progressivo disfacimento della ragione; dalla dissoluzione dei principi etici, all’affermazione dell’individualismo; da un’emozione di tristezza di fondo che s’insinua nelle nostre vite, alle paure individuali e sociali; ma soprattutto il continuo confronto tra i colori dell’età moderna e quelli ancora in bianco e nero della nuova età, la post-società; ci sarebbe da citarlo tutto questo libro, perché frase dopo frase apre ad ulteriori problemi e nuovi punti di approdo. 

Il procedere nella società che fu dell’uomo moderno, divenuto post-sociale, è un cammino d’angoscia. Nelle pagine dell’ultimo capitolo, “Che cosa resta del futuro”, Bordoni apre proprio su questo punto. Ed è come sfogliare l’album di famiglia, perché questa sessione fotografa con precisione i nostri tempi, quelli che stiamo vivendo e con i quali dobbiamo fare i conti.

Nessun pessimismo assoluto, ma neppure ottimismo cieco, scrive Bordoni. Quindi, che fare? 

La sociologia può dare il suo contributo: “adesso è il caso di ricorrere a una sociologia dell’emergenza che aiuti a fare le scelte giuste” (p. 170). 

Ma questa non è una dichiarazione a cuore aperto. Bordoni riconosce che “il sociologo non ha armi” quando i cambiamenti sono improvvisi. “La sociologia messa a tacere però può fare autocritica e rivedere i suoi giudizi. Non è un esercizio vano: aiuta a dotarsi di nuovi strumenti e maggiore rapidità di analisi” (p. 170).

“Oggi siamo in una fase nuova, come se il 2020 avesse chiuso un’epoca, con le sue visioni del mondo, le sue criticità, le sue speranze, e ne avesse aperta un’altra, completamente diversa, che richiede un linguaggio totalmente nuovo per la sua comprensione” (pagina 168). 

Tra i libri di sociologia degli ultimi anni, “Post-società” è tra i più importanti. Un testo onesto, che fa i conti anche con le storture di una scienza forse in parte da rifondare. Questo tempo nuovo che incombe ci impone una condizione nella quale prevale lo smarrimento. Capire le sfide della contemporaneità non risolverà di certo i problemi che abbiamo, ma sicuramente è un modo saggio per cominciare a farlo.

Post-società. Il mondo dopo la fine della modernità”, di Carlo Bordoni, Luiss University Press, pp.192, Formato cartaceo €20,00, Formato digitale €9,99.