Stop benzina e diesel dal 2035, Italia e Germania dicono no. Slitta la decisione e forse tutto

L’Italia ha ufficializzato il suo no allo stop alla vendita di auto a combustione interna dal 2035. Il dietro-front potrebbe innescare un effetto valanga.

di Redazione Blitz
Pubblicato il 1 Marzo 2023 - 11:41 OLTRE 6 MESI FA
stop auto benzina e diesel 2035

foto ANSA

Sullo stop alla vendita di auto a benzina e diesel dal 2035 slitta la decisione finale e forse di fatto salta anche tutto. Ma andiamo con ordine e vediamo cosa è successo. La presidenza svedese del semestre Ue ha rinviato il dibattito e il voto previsto oggi, 1 marzo, alla riunione dei Rappresentanti Permanenti aggiunti (Coreper I) sullo stop alla vendita dei motori a benzina e diesel a partire dal 2035. Il voto era previsto al primo punto dell’ordine dei lavori e slitta al Coreper I di venerdì.

Stop vendita auto benzina e diesel dal 2035, rinvio dopo il no dell’Italia

La mossa della presidenza svedese giunge dopo che, nelle scorse ore, il sì al Regolamento Ue sullo stop ai motori endotermici (principalmente diesel e benzina) è tornato in bilico: l’Italia ha annunciato il suo voto contrario e la Germania ha espresso delle riserve legando la sua approvazione alla necessità di mettere in campo una misura europea parallela sugli e-fuels. Con le posizioni non favorevoli di Polonia e Bulgaria già espresse in occasione del Coreper I dello scorso novembre il Regolamento rischiava di incontrare una minoranza di blocco. La ratifica finale, apparentemente solo formale, del regolamento, è prevista per il Consiglio Ue del 7 marzo. 

L’Unione Europea teme l’effetto valanga

A questo punto il no dell’Italia potrebbe innescare un clamoroso effetto valanga: la Germania, infatti, si è sempre dichiarata favorevole allo stop alla vendita di auto a combustione interna, a condizione però che lo stop non tocchi i veicoli commerciali leggeri. La Germania infatti vuole prorogare lo stop alle immatricolazioni di questi veicoli a patto che, dal 2035, utilizzino carburanti sintetici. Bulgaria e Polonia, inoltre, sono da sempre estremamente critiche sul provvedimento.