La manovra non è che l’inizio, poi meno spesa o tasse automatiche

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 13 Luglio 2011 - 15:48 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Giulio Tremonti ha appena finito di dire che “l’azione di risanamento andrà rafforzata, su tutto il quadriennio”. Eppure è la seconda mattina che mercati e Borse respirano, respirano appena ma almeno non soffocano. Ed è l’antivigilia di un venerdì praticamente mai visto nella politica italiana: tra 48 ore Senato e Camera avranno votato e varato la manovra: mai una maggioranza parlamentare era stata così celere, mai un’opposizione così responsabile. I mercati respirano, la manovra sarà praticamente legge a tempo di record e, di questi tempi, il tempo è davvero denaro. Eppure, eppure un’ora prima che il ministro dell’Economia dicesse “rafforzare, su tutto il quadriennio”, Mario Draghi, di fatto presidente della Bce, aveva detto: “O si fanno nuovi tagli di spesa o arriveranno altre tasse”. La musica è chiara e i suonatori accordati, ma cosa suona in concreto, come risuonano e risuoneranno le note della canzone nel portafoglio pubblico e privato degli italiani?

Semplice e drastico, obbligatorio e sconvolgente: o entro il 2013 si tagliano almeno 15 miliardi alla spesa per “assistenza”, invalidità, indennità e “sostegni” vari, oppure automaticamente verranno aboliti almeno 15 miliardi di agevolazioni fiscali oggi esistenti. Cioè si pagheranno almeno 15 miliardi di tasse in più. Dove, chi le pagherà? Ecco l’elenco sommario e incompleto delle agevolazioni fiscali di cui tutti godiamo, un monte agevolazioni che vale circa 160 miliardi di euro. Deduzioni per colf e badanti, erogazioni ad istituzioni religiose, spese mediche per portatori di handicap, assegno al coniuge, previdenza complementare, deduzioni per spese sanitarie, spese per recupero patrimonio edilizio, interessi sui mutui per abitazione principale, assicurazioni vita e infortuni, spese funebri, spese per attività sportive ragazzi, spese per studenti fuori sede, agevolazioni Iva…Tutte le volte che ciascuno di noi compra una medicina o una casa, paga i contributi alla colf o “riscatta” i propri contributi previdenziali, contrae certi tipi di mutuo e sostiene altre dieci e cento tipi di spese, oggi paga un po’ meno di tasse di quanto sarebbe l’imposta o si vede rimborsato dal fisco una parte delle tasse pagate. Se il governo, il Parlamento, se maggioranza e opposizione, con contorno dei governi locali non riescono entro il 2013 a spendere 15 miliardi di meno, almeno 15 miliardi di meno, i 160 miliardi di agevolazioni fiscali diventeranno circa 140. Obbligatorio e sconvolgente, drastico e semplice.

Ed è tutto da vedere se basteranno circa 15 miliardi di minor spesa o nuove tasse. La cifra è questa, salvo che…La manovra sarà legge tra 48 ore. Ma la manovra sarà in parte cambiata dall’originale. Originale che prevedeva 25 miliardi di incassi sicuri. Solo 25 e non 40 sicuri, ragione non ultima della diffidenza dei mercati con cui l’Italia è stata severamente punita la scorsa settimana. Ma, dopo mi cambi, saranno ancora e davvero 25 i miliardi sicuri? Esentare dal blocco della rivalutazione le pensioni fino a circa 2.500 euro lordi e bloccare solo quelle cosiddette “d’oro” che tante non sono garantirà gli stessi miliardi di risparmi di prima. E la tassa sul deposito titoli bancario nulla o ridotta rispetto al previsto sui piccoli patrimoni porterà lo stesso gettito previsto? E, ultimo ma non ultimo, se lo spread tra i Btp italiani e i Bund tedeschi resta cento punti sopra dove era dieci giorni fa, se resta tra 250 e 300, con l’Italia che deve vendere tra 2011 e 2012 titoli di Stato sui mercati per svariate decine di miliardi, allora sale il monte interessi da pagare e di nuovo fanno rifatti i conti, in peggio.

Per cui meno spesa o più tasse, per ora 15 miliardi circa, per ora. E in fretta. Quelle tre parole di Tremonti: “Su tutto il quadriennio…” Quindi non solo sul 2013 e 2014 come era fino ad una settimana fa. Eugenio Scalfari su Repubblica calcola e propone: dieci miliardi di minor spesa subito, entro il 2011 e quindi manovra 2011 da dodici e non da due miliardi. Secondo Scalfari a fermare momentaneamente la vendita sui mercati dei titoli di debito italiani non è stata la pur apprezzabile scelta di varare in fretta la manovra, ma la circostanza per cui la Bce ha comprato titoli italiani. Quindi una manovra da due soli miliardi nel 2011, anche se approvata, non fermerà la frana se resta da sola.

E che da sola non possa restare lo scrivono e lo calcolano anche Roberto Perotti e Luigi Zingales sul Sole 24 ore. Propongono un “decalogo” in cui spiccano le privatizzazione di Eni, Enel, Poste, Rai, Finmeccanica, Fintecna e di molte “partecipate” da Comuni, Regioni e Province. Privatizzare per abbattere il debito, ma anche, sottolineano i due, con decisivo effetto collaterale: prosciugare l’acqua in cui nuotano corruzione e inefficienza. E ancora: via i sussidi alle imprese che alimentano solo una nociva imprenditorialità: “la specializzazione nella caccia al sussidio”. Via i sussidi e meno tasse sull’impresa. E infine tutti, ma proprio tutti, urlano che il miliardo, anche se solo un miliardo, che si può ricavare dal taglio immediato dei costi della politica non può essere datato 2014. Per ineludibili ragioni di stabilità sociale, per obbligo di etico bilancio, perché gli italiani finalmente capiscano. Capiscano non quel che sta succedendo ma, purtroppo, quel che è già successo.

Dopo la manovra infatti viene il grosso e il difficile. Le cifre non mentono e sono note. Sono cifre tali per cui un governo, qualunque governo italiano, dovrà, dovrebbe, far partire l’iter per mettere in Costituzione il divieto del deficit annuale di bilancio. Quel divieto che hanno i tedeschi e stanno introducendo i i francesi e non solo loro. Il governo Berlusconi. Il governo Berlusconi con Tremonti o senza Tremonti? Un governo non dell’attuale opposizione ma senza Berlusconi? Un governo che dura fino ad elezioni anticipate nel 2012 o arriva al 2013? Questioni grosse e tutte “mature”, ma perfino poca e relativamente marginale cosa rispetto all’obbligo che tocca, toccherebbe, a tutta la classe dirigente e a tutta la “gente” italiana: smettere di vivere a debito: oggi, subito, domani. Dopodomani è già tardi.