Alitalia ci risiamo: 690 esuberi. Solo 4 anni fa il miliardo tricolore

di Riccardo Galli
Pubblicato il 16 Ottobre 2012 - 14:45 OLTRE 6 MESI FA
Alitalia-Cai: dopo 4 anni di nuovo in crisi (LaPresse)

ROMA – Appena quattro anni e ci risiamo. Alitalia, oggi Alitalia-Cai, dopo appena 48 mesi dal salvataggio (a carico anche dei contribuenti italiani) che ne ha preservato l’italianità, è di nuovo in difficoltà. Conti in rosso, esuberi, sindacati preoccupati e accordi internazionali che vacillano. Bisognava probabilmente vendere, quando si poteva, ad Air France. Ma tra demagogia e piani di rilancio si decise che Alitalia doveva rimanere “tricolore”. Qualcuno, molti in realtà, dissero che era un’operazione sbagliata e oggi il tempo sta dando loro ragione.

“Alitalia trema, tra esuberi e soci in fibrillazione” titola Repubblica e una rapida ricerca su google fornisce come risultati: “Alitalia, altri 700 esuberi” (Messaggero), “Alitalia, 4200 dipendenti a casa” (Il Fatto Quotidiano), “Alitalia in rosso, occupazione a rischio” (Tg3). E sono, quelli appena citati, solo i primi risultati che appaiono. Divergenze sul numero degli esuberi, sulle cause e sulle soluzioni a seconda della fonte. Ma assoluta unanimità sul dato che Alitalia-Cai sia, se non con l’acqua alla gola, quanto meno di nuovo in seria difficoltà. Divergenze appianate dall’amministratore delegato Andrea Ragnetti che, incontrando i sindacati, ha comunicato: 690 esuberi, di cui 300 assistenti di volo, 300 degli staff a terra e 90 nel settore manutenzione.

Scriveva Repubblica prima delle parole e numeri di Ragnetti:

“L’ostacolo più difficile da superare nelle prossime settimane riguarda la tenuta stessa di Cai e della cordata messa in piedi quattro anni fa da Silvio Berlusconi. La creatura nata dalle ceneri della fallita compagnia bandiera, non è riuscita fino a oggi a mantenere le promesse del piano Fenice di Intesa Sanpaolo. Il previsto pareggio dei conti non è mai arrivato anche se – dopo le perdite per 200 milioni registrate nei primi mesi del 2012 – nei corridoi della compagnia si parla di un possibile piccolo risultato positivo “visto” per la seconda metà dell’anno. Una piccola consolazione — visti i tempi magri anche per i big del settore — che rischia di essere spazzata via dai mal di pancia interni alla cordata. I piccoli azionisti presto chiederanno conto del (cattivo) investimento effettuato nel 2008 e potrebbero passare all’incasso e uscire da Cai. Il valore delle azioni è crollato e diversi “piccoli” guardano a Intesa Sanpaolo, regista dell’operazione Fenice che ha messo le ali alla nuova compagnia guidata da Roberto Colaninno. Dubbi che cominciano a emergere pure tra i soci dalle spalle più larghe che non vedono, ancora, una soluzione stabile o un matrimonio che possano mettere al riparo Alitalia, e i loro investimenti, da una fase molto critica per il trasporto aereo mondiale”. 

A rischio la tenuta stessa di Cai, dopo appena 4 anni dall’operazione voluta, annunciata e sostenuta da Silvio Berlusconi e quindi dal governo italiano. Operazione che mise da parte la proposta d’acquisto fatta da Air France e che accollò ai contribuenti italiani parte del costo del salvataggio. Lo si fece in nome di una presunta italianità da difendere e nulla più. Tanto è vero che già nel 2008, esperti e non, dubitavano della bontà della scelta fatta. I più maliziosi giudicarono il tutto come un gigantesco spot del Cavaliere a suo favore pagato dai contribuenti. Quale che fosse però il giudizio, o pregiudizio di allora, si può a questo punto cominciare a fare un bilancio basato sui fatti. E il bilancio non è affatto positivo se è vero che i piccoli soci sono in fibrillazione, così come sindacati e lavoratori.

Tra pochi mesi, a gennaio e ottobre, scadranno i due lock-up, cioè i vincoli che impongono agli azionisti di non vendere le azioni al di fuori di Cai, e con le azioni in ribasso la cosa preoccupa e non poco. Oggi poi (martedì 16 ottobre) si aprirà il tavolo di confronto con i sindacati che potrebbe aprire una nuova fase di scontro, “mentre sullo sfondo si staglia la necessità di reperire risorse fresche da iniettare in una società che rischia da qui a fine anno di danzare pericolosamente sul filo dell’articolo 2446 del codice Civile” scrive ancora Repubblica.

Articolo del Codice che recita:

Riduzione del capitale per perdite. Quando risulta che il capitale è diminuito di oltre un terzo in conseguenza di perdite, gli amministratori o il consiglio di gestione, e nel caso di loro inerzia il collegio sindacale ovvero il consiglio di sorveglianza, devono senza indugio convocare l’assemblea per gli opportuni provvedimenti. All’assemblea deve essere sottoposta una relazione sulla situazione patrimoniale della società, con le osservazioni del collegio sindacale o del comitato per il controllo sulla gestione. (…) Se entro l’esercizio successivo la perdita non risulta diminuita a meno di un terzo, l’assemblea ordinaria o il consiglio di sorveglianza che approva il bilancio di tale esercizio deve ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate. In mancanza gli amministratori e i sindaci o il consiglio di sorveglianza devono chiedere al tribunale che venga disposta la riduzione del capitale in ragione delle perdite risultanti dal bilancio. Il tribunale provvede, sentito il pubblico ministero, con decreto soggetto a reclamo, che deve essere iscritto nel registro delle imprese a cura degli amministratori”. 

Sul tavolo ci saranno poi tagli in arrivo e i nuovi sacrifici da chiedere ai dipendenti. Tagli che, almeno per 700 dipendenti, potrebbero essere “barattati” in cambio di un nuovo contratto improntato ad una maggiore produttività, nessun recupero dell’inflazione o introduzione di contratti di solidarietà. E poi la questione della manutenzione carrelli degli aeroplani e la collocazione dei relativi addetti. Problema questo indipendente dalla gestione Cai visto che, fino ad oggi, l’attività era gestita da un polo di manutenzione di proprietà di Alitalia ma un mercato in netto calo e l’annunciata retromarcia di Air France hanno convinto il vettore a mettere in forse anche questo servizio.

Una lista di problemi, di criticità che vanno dal bilancio agli esuberi. E’ vero che il momento generale non è roseo per molte compagnie aeree e anzi, solo le più grandi sembrano “tenere botta”. Ma se dopo appena 4 anni la nuova Alitalia è già nuovamente in crisi, non sarebbe stato forse saggio divenire parte del gruppo Air France? Proprio uno di quei grandi gruppi che in un mercato mondiale in difficoltà sembra riuscire, non senza fatica, appunto “a tenere botta”?