La Cassazione rispolvera la marachella di Fini ‘subacqueo’

Pubblicato il 3 Novembre 2010 - 18:11 OLTRE 6 MESI FA

Gianfranco Fini in muta da subacqueo

Dopo la casa di Montecarlo, l’immersione nella costa dei Grottoni. Per il presidente della Camera Gianfranco Fini si profila un’altra piccola grana giudiziaria e, come di consueto, il Giornale di Vittorio Feltri e Alessandro Sallusti è in prima fila per raccontarla.

La storia, in realtà risale al 2008, quando il presidente della Camera e sua moglie Elisabetta Tulliani vengono sorpresi, e fotografati, mentre si immergono con tanto di bombole nella zona protetta, un parco naturale “off limits” per qualsiasi attività che non abbia carattere puramente scientifico.

La polemica è immediata: Fini, attraverso il suo staff, si scusa parlando di “colpevole leggerezza” e si dichiara pronto a pagare la giusta ammenda per l’infrazione. Ammenda che arriva ed ammonta, scrive il quotidiano “Il Giornale” a 206 euro, più o meno quello che si paga se beccati a fumare una sigaretta in un ufficio pubblico.

Le scuse, però, non bastano a spegnere del tutto le polemiche anche perché il presidente alla costa dei Grottoni non c’è arrivato certo a nuoto, ma scortato da una barca dei vigili del fuoco. Chi la prende peggio è Antonio Di Pietro secondo cui la cosa più grave non era tanto l’immersione proibita quanto il fatto che Fini era sul posto “con una barca dei vigili del fuoco spendendo soldi dello Stato per fare il bagnetto lui e l’amichetta sua”. “Aver impegnato mezzi dello Stato così è penalmente rilevante o no?” si chiedeva il leader Idv.

Ma decisivo, nell’odierna “emersione” del sub Fini, fu l’interessamento del Codacons. Scrive sempre il Giornale che il presidente dell’associazione Giancarlo Rienzi che, non esattamente scherzoso, chiese  di essere scortato anche lui come Fini, dai “premurosi” vigili del fuoco. Permesso, manco a dirlo, non accordato.

Da qui la decisione del Codacons di rivolgersi ai giudici. Pm e giudice per le indagini preliminari, però, chiesero l’archiviazione per assenza di comportamenti penalmente rilevanti. Il tre novembre l’ultimo piccolo colpo di scena: la Cassazione ha accolto il ricorso del Codacons, ritenendolo soggetto “legittimato” a chiedere chiarimenti. Le carte tornano al pm, insomma, e il sub Fini torna a galla.