Pd Anno Zero: “Rifondazione Democratica” con Renzi e/o scissione a sinistra con Barca?

di Antonio Sansonetti
Pubblicato il 21 Aprile 2013 - 11:35| Aggiornato il 4 Febbraio 2023 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Il day-after della rielezione di Giorgio Napolitano è anche quello del “Pd Anno Zero“, del partito nel quale tutti i vertici hanno dato le dimissioni, a partire dal segretario Pier Luigi Bersani. Siamo di fronte a una scissione dove un pezzo di partito se ne va con Barca o a un “nuovo Pd” guidato da Renzi, con un ricambio generazionale che viene anticipato dagli errori dell’attuale dirigenza? Maria Teresa Meli sul Corriere della Sera propende per il secondo scenario, quello di una “Rifondazione Democratica”:

“La chiamano già «Rifondazione democratica». È il nuovo corso del Pd che si è liberato dei «padri», cioè di D’Alema, Veltroni e Bersani. Alla guida di questo processo ci sarà — sembra quasi superfluo dirlo — Matteo Renzi. Il sindaco rottamatore ieri è rimasto nella sua Firenze, ma ha seguito passo dopo passo quello che succedeva a Montecitorio. E ai fedelissimi ha spiegato: «Molti sono stati colpiti a affondati, io no. Ieri in questo partito c’erano Bersani e Bindi, oggi non ci sono più: il Pd può finalmente cambiare. Ora dovrò pormi il problema del congresso, dovrò decidere se candidarmi alla segreteria, è vero, ma andiamo avanti un passo per volta. Intanto abbiamo conquistato la possibilità di fare cose nuove. E poi vedremo quello che succederà in futuro: magari dovrò confrontarmi alle primarie con quello del catoblepismo». E quest’ultima parola è affogata in una risata.

Già, perché Fabrizio Barca ha sbagliato tempi e modi della sua uscita a favore di Rodotà, giocandosi le simpatie dei Giovani turchi. A immaginare con lui un nuovo partito che si fondi con Sel sono rimasti Gianni Cuperlo e il governatore della Toscana Enrico Rossi. Mentre Laura Puppato ha lasciato il Pd per veleggiare verso Nichi Vendola. Quel che resta del Partito democratico starà con Renzi. Il sindaco è su di giri: non lo preoccupa nemmeno il fatto che potrebbe nascere un nuovo governo, facendo slittare i tempi delle elezioni e, quindi, della sua candidatura: «Aspetto, ho tutto il tempo che voglio». Anche perché è sensazione diffusa che questo esecutivo, se mai vedrà la luce, non godrà di vita lunga: un annetto al massimo”.

Riguardo alla questione-Barca, molti nel Pd – come la Meli – pensano che quel tweet pro-Rodotà, scritto pochi minuti prima della votazione che ha deciso la rielezione di Napolitano, lo abbia catapultato fuori dal partito al quale si era da poco iscritto e quindi fuori dalla corsa per la leadership. Lo pensano anche “ale sinistre” come i “giovani turchi” e Pippo Civati, che fa corrente a sé. Ne dà conto Carlo Bertini su La Stampa:

“Quando prima delle 15 arriva la dichiarazione di Fabrizio Barca sul Pd che avrebbe dovuto votare Rodotà, davanti la porta dell’aula Stefano Fassina si ferma e sgrana gli occhi. «Questo apre un altro problema», scuote la testa riferendosi al potenziale futuro paladino dell’ala sinistra del Pd. E non è da meno l’altro leader dei «turchi» Matteo Orfini, che in mezzo al cortile della Camera definisce Barca con epiteti poco lusinghieri e se «Vendola si vuole sciogliere nel Movimento 5Stelle, auguri.

Barca lo seguirà portandosi dietro il suo bel papello sul “partito pesante”». Civati taglia corto, «Barca si è giocato la sua leadership» e Fassina, quando il discorso plana sulle sorti dell’alleanza con Vendola che ha già preso la sua strada affiancando i suoi voti ai 5 Stelle, ammette pure che con Sel «ormai è rottura»”.

Giovanna Casadio su Repubblica parla dell’immediato futuro del Pd, che dovrà indire quanto prima un nuovo congresso e decidere su chi prenderà il posto di Pier Luigi Bersani. Tante sono le ipotesi: una “reggenza”, Matteo Renzi, Enrico Letta, il “turco” Andrea Orlando, o un triumvirato Renzi-Veltroni-D’Alema. Nello stesso tempo si dovrà decidere chi andrà a parlare con Napolitano nelle consultazioni per il nuovo governo e cosa andrà a dirgli. È così scontato che tutto il partito – o quel che ne resta – si allinei su una posizione di sostegno al governo di larghe intese?

“Forse già martedì ci sarà una direzione per accelerare e convocare subito il congresso straordinario altrimenti fissato a ottobre. Dovrà affrontare la questione governo e larghe intese, su cui il partito è spaccato. E c’è chi pensa sia più giusto chiedere a Bersani di ripensarci e di restare alla guida del Pd fino al congresso. Luigi Zanda, il capogruppo al Senato, è tra questi. I “giovani turchi” vogliono affrettare. Renzi invita a guardare avanti: «Speriamo possa aprirsi una fase politica nuova». Neppure quando Veltroni lasciò d’improvviso la segreteria nel 2009, dopo la sconfitta del Pd in Sardegna, la situazione appariva drammatica come oggi, osservano in Transatlantico i “grandi elettori” democratici. Enrico Rossi, il “governatore” della Toscana assicura che il partito sul territorio regge. Dopo occupy-Pd, l’occupazione delle federazioni, la rivolta dei circoli, bisogna «ricostruire la fiducia».

[…]Per Cesare Damiano, ex ministro del Lavoro, «bisogna ricominciare dai muri portanti, è improbabile si possa costruire un centrosinistra senza trattino». E i “giovani turchi” sono i più agguerriti, convinti che prima si archivia questa stagione e meglio è. Andrea Orlando, che viene dato in corsa per la segreteria, dice che «il Pd deve riflettere su come si presenta in questa fase nuova». Anche per le consultazioni al Colle – rincara Matteo Orfini – bisogna cambiare delegazione, non può essere il leader che si è dimesso, Bersani, a rappresentare il Pd. La prossima direzione deve decidere persino questo. Non ci sarà con molta probabilità una reggenza temporanea di Letta, perché la maggioranza del partito preferisce un comitato di reggenti”.