Tremonti, la sua ricetta corporativa per uscire dalla crisi e gli articoli 41 e 118 della Costituzione: economia sociale o di mercato?

Pubblicato il 14 Giugno 2010 - 10:50 OLTRE 6 MESI FA

Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti

L’arte dell’oratoria, il parlare in pubblico con un discorso eloquente, anche usando parole a sproposito o senza significato, paga sempre. Anche Giulio Tremonti lo ha imparato. Non poteva essere altrimenti, dato che come maestro Tremonti ha colui che, come Silvio Berlusconi, ha costruito la sua carriera politica quasi interamente sulla comunicazione. Così a prevalere è la forma e non il contenuto, il suono e non il significato.

Intervenuto alla Festa nazionale della Cisl a  Levico Terme, in Trentino, il ministro dell’Economia e delle Finanze ha parlato, e non era la prima volta, di modifiche agli articoli 41 e 118 della Costituzione per rilanciare l’economia italiana e far uscire a testa alta le imprese dalla crisi. “Economia sociale di mercato”, così l’ha chiamata Tremonti. Ma che cos’è esattamente? E cosa si vuole modificare della nostra Carta fondamentale?

“E’ finita” l’epoca del conflitto tra capitale e lavoro, ha dichiarato domenica Tremonti, “la via giusta è quella dell’economia sociale di mercato”. Sembra trattarsi di una “terza via”, che come suono richiama il corporativismo di Mussolini e dei regimi autoritari, che predica la necessità di un controllo non dirigista dello Stato nei confronti del sistema economico capitalista.

Economia di mercato, libera iniziativa, lotta ai monopoli (pubblici e privati), stabilità monetaria : con questi punti chiave, l’economia sociale di mercato è distante sia dalle dottrine interventiste come dal capitalismo selvaggio.

Al centro c’è l’idea che il sistema economico, per esprimere al meglio le proprie funzioni produttivo-allocative, dovrebbe operare in conformità con una “costituzione economica” che lo Stato stesso pone in essere. Come dire, dare un colpo al cerchio e uno alla botte.

Tremonti individua quella “costituzione economica” nella modifica di due degli articoli principali della nostra Carta fondamentale, gli articoli 41 e 118.

L’articolo 41 sancisce che “l’iniziativa economica privata è libera”, che “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana” e che è “la legge [che] determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”.

Ma questo al ministro dell’Economia non basta. Tremonti vorrebbe aggiungere il riconoscimento della responsabilità alla persona, la segnalazione di inizio attività con l’autocertificazione, l’idea dei controlli solo ex post e, infine, il riconoscimento della buona fede. Il motivo? l’Italia “non può competere con sistemi troppo diversi dal nostro e per farlo dobbiamo lasciare giù un po’ di zavorra” che, a detta di Tremonti, si rintraccia anche nei “4 km di Gazzetta Ufficiale e 1 km quadrato di regole” che ogni anno il nostro Paese produce.

Oltre a liberalizzare le imprese e rilanciare la competitività del nostro sistema-paese bisogna anche rivedere le competenze di Stato e Regioni, regolate dall’articolo 118 della Costituzione. La riforma del 2001 ha introdotto il principio di sussidiarietà: sia verticale, quando i bisogni dei cittadini sono soddisfatti dall’azione degli enti amministrativi pubblici (“le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato“), sia orizzontale, quando questi bisogni sono soddisfatti dai cittadini stessi (“Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale”).

Meno burocrazia e più iniziativa privata, dunque. Via libera agli imprenditori. Ma sempre in un’ottica sociale perché, come hanno scritto a Tremonti i suoi bravi “speech-writers” e  insegnano Sant’Agostino e Hobbes, l’egoismo è intrinseco nell’animo umano (‘homo homini lupus’) e per essere capiti bisogna parlare a “uomini liberi e forti”, uomini, e qui Tremonti cita don Luigi Sturzo, “liberi da pregiudizi e ideologie”.

Ma che, almeno, conoscano la nostra Costituzione.