Russia, Gorbaciov: “Campagna elettorale falsa come i villaggi Potiomkin”

Pubblicato il 21 Settembre 2011 - 16:32 OLTRE 6 MESI FA

MOSCA, 21 SET – Intrighi del Cremlino, zuffe tra oligarchi, grandi manovre per occupare i centri nevralgici del potere: è lo scenario della campagna elettorale in Russia in vista delle elezioni legislative del 4 dicembre, ma anche di quelle presidenziali del prossimo marzo, alle quali non si sa ancora chi si candiderà del tandem al potere, Putin o Medvedev.

Una campagna che oggi il padre della perestroika, Mikhail Gorbaciov, ha definito ”rumorosa”, ”scandalosa” e falsa come ”un villaggio Potiomkin”, uno di quei villaggi di cartapesta che, secondo la leggenda, l’omonimo principe fece costruire per impressionare l’imperatrice – e sua amante – Caterina II.

L’ultimo presidente dell’Urss ha ammonito che la mancanza di riforme può causare “l’instabilità” del Paese e metterne in discussione “il futuro”, accusando le autorità di essersi chiuse in un bunker”, ”circondate da uno scudo imperforabile fatto da ogni sorta di espedienti”, preoccupate solo della propria ”autoconservazione” sullo sfondo di un’epoca ”sempre più brezhneviana”.

Una dimostrazione è la parabola dell’oligarca Mikhail Prokhorov, umiliato nei giorni scorsi con la defenestrazione congressuale da leader del partito ‘Giusta Causa’. Una manovra del Cremlino, ha accusato, in particolare del suo ideologo, il vicecapo dell’amministrazione presidenziale Viaceslav Surkov, il cardinale Richelieu della politica russa, stretto alleato del premier Putin. ”Un burattinaio” che muove i fili dei partiti e dei mass media, ha sostenuto il magnate, dichiarandogli guerra.

Ma è difficile pensare che Surkov abbia agito senza l’imput di Medvedev o di Putin, per far fuori un personaggio che stava agendo con troppa autonomia rispetto al progetto iniziale del Cremlino, ossia creare un partito liberale legato al business per dare maggiore legittimità al voto. In tal caso, però, significherebbe che il Cremlino è scivolato su una buccia di banana.

Ecco quindi che sui media fiorisce la dietrologia, insieme alla cremlinologia: Prokhorov era pronto ad usare il partito per lanciare poi la candidatura di Medvedev al Cremlino, in cambio della carica di premier, ma Putin si è messo di mezzo; Prokhorov che ha alzato la voce dopo aver visto vacillare il suo futuro da capo del governo; Prokhorov che ha fatto il doppio gioco a favore di Putin. Sicuramente l’oligarca non aveva in mano il partito e organizzare la fronda è stato un gioco da ragazzi da parte della vecchia guardia, in particolare il massone Andrei Bogdanov, ex candidato presidenziale ritenuto una pedina del Cremlino.

Intanto Putin continua a rinsaldare la sua verticale del potere, con la complicità di Medvedev: il presidente del Senato russo, e leader del partito Causa Giusta, Serghiei Mironov, caduto in disgrazia per le sue critiche al partito putiniano Russia Unita e ”silurato” in giugno, è stato sostituito oggi dalla governatrice di San Pietroburgo Valentina Matvienko, una stretta alleata di Putin.

Come l’ex generale del Kgb Gheorghi Poltavcenko, subentratole nella antica capitale degli zar, città natale sia del premier che del presidente. Putin ha incassato oggi anche l’importante sostegno elettorale, in chiave nazionalista, del rappresentante permanente della Russia presso la Nato, Dmitri Rogozin, e del suo movimento Patria-Congresso delle comunità russe.

Qualche segnale politico in più dovrebbe arrivare sabato, quando Putin e Medvedev interverranno allo stadio Luzhniki al congresso di Russia Unita: qualcuno sostiene che forse saranno svelate le carte delle presidenziali. Intanto gli oligarchi diventano sempre più presenti nella vita pubblica russa, anche azzuffandosi in tv: come l’ex ufficiale del Kgb ed ora editore liberale (con Gorbaciov) Aleksandr Lebedev, il quale durante un talk show su Ntv dedicato alla crisi ha sferrato tre pugni all’irritante tycoon dell’edilizia Serghiei Polonski, che continuava a provocarlo. Anche questo, forse, un segno di nervosismo nelle elite in vista del doppio voto.