ROMA – Greta non conta un tubo. A leggere gli estasiati racconti dei suoi interventi pubblici appare ci sia ovunque o quasi sul pianeta un popolo, anzi un’intera umanità risvegliata alla salvezza climatica dal bacio magico e miracoloso della ragazzina. Non è vero, neanche un po’. E’ una falsa rappresentazione. Falsa e dannosa anche per chi con vera coscienza e autentica scienza cerca e cercherà di fare qualcosa per limitare il cambiamento e peggioramento climatico.
Non c’è una umanità pronta e ansiosa di cambiare modelli di produzione e consumo costi quel che costi pur di fermare o almeno rallentare l’aumento della temperatura globale, la deforestazione, lo scioglimento dei ghiacci, l’innalzamento dei mari, l’uso dei combustibili fossili. Non c’è, proprio non c’è. I popoli che sarebbero solo in attesa di mettersi al seguito di Greta Giovanna d’Arco (in comune su scala mignon il messianesimo) serenamente votano Bolsonaro presidente in Brasile o Trump negli Usa. In Polonia il popolo intima al governo di non rinunciare al carbone. In Gran Bretagna il popolo votando alla grande Conservatori ha espresso tutto il suo fastidio per ogni regolamentazione internazionale.
E l’Australia e l’Arabia Saudita e l’Indonesia…popoli e quindi governi che non ne vogliono sapere di pagare , qui e oggi, il prezzo di una riconversione energetica, sia pure sulla salute del pianeta. La Conferenza mondiale sul clima, l’ultima, è appena fallita. Ed era la numero 25. Fallita perché non c’è nessun accordo sulle cose da fare. Non perché ci sia dissenso scientifico su quel che sta accadendo al pianeta. Più o meno tutti concordano che domani, fra trenta, cinquanta, cento anni sarà durissima se non infernale. Ma a domani…arrivarci. I governi non sono in grado, anche qualora volessero, di volere niente di veramente concreto perché manca loro il consenso di popolo per abbattere, in concreto, emissioni di gas serra. Nessuna opinione pubblica dà davvero mandato al suo governo di spendere, limitare, riconvertire.
O meglio (anzi o peggio) esistono vasti strati di pubblica opinione che (oggi nel segno di Greta) esigono che i governi facciano. Però alla rigorosa condizione che il fare per la salute del clima sia gratis per le loro tasche e soprattutto non modifichi davvero quantità di produzione e consumo di beni. Le conferenze sul clima falliscono non perché i governi sono cattivi d’animo e stolidamente sordi a quel che grida la gente. Falliscono perché i governi non possono quel che la gente non vuole. Greta non conta un tubo, sul clima ci suicidiamo da soli.