Beppe Grillo e Casaleggio, David Rossi e Vatileaks: prime pagine e rassegna stampa

Pubblicato il 8 Marzo 2013 - 08:56 OLTRE 6 MESI FA

La Repubblica: “Unipol, Berlusconi condannato”. Nastri, ricatti e buste di soldi da Unipol alle Olgettine ecco il ‘metodo Berlusconi’. Editoriale di Piero Colaprico:

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“L’altro è il gelido, formale e infido top manager di una società d’intercettazione telefonica. Offrono al fondatore di Forza Italia ed ex presidente del Consiglio, merce preziosa per la riscossa. Una chiavetta usb. Contiene il file di una telefonata segreta. E’ un atto non depositato, conservato nelle casseforti dei pubblici ministeri, e prelevato di nascosto. Merce rubata. Merce che scotta. Fuori legge. Tanto da portarla di persona ad Arcore, mentre incombe il santo Natale del 2005, per andare a finire, dopo i tagli più opportuni per danneggiare i Ds, sulla prima pagina del Giornale. La sentenza di condanna di ieri, a un anno, e con la prescrizione alle porte, racconta l’essenza del metodo Berlusconi. Un metodo omogeneo e costante negli anni”.

Casaleggio tira le orecchie agli eletti “No al politichese, dite sì alle buone leggi”. Articolo di Annalisa Cuzzocrea:
“Se lo stanno scambiando sulle pagine dei meet up, e sui siti locali del Movimento 5 stelle. È il report che Samuele Segoni — deputato eletto in Toscana, geologo, assegnista di ricerca all’università di Firenze — ha redatto durante la riunione di lunedì scorso. Non la parte che è andata streaming, la sfilata dei neoparlamentari, ma quella precedente. Protagonisti assoluti: Beppe Grillo e, soprattutto, Gianroberto Casaleggio. «Siamo tanti, abbiamo creato un mostro. Applausi a voi, non a me», esordisce il “capo politico”. Poi il primo consiglio: «Io do interviste solo ai reporter stranieri perché sono corretti. Registro video/audio, e mi trovo benissimo ». Avverte gli eletti, Grillo, senza rinunciare al suo spirito comico: «Vi violeranno la privacy alla ricerca dello scoop. Io non riesco neanche a scaccolarmi a casa mia, mi devo nascondere». Poi chiede di restare uniti, perché «i partiti annaspano, e bisogna stanarli, costringerli a fare i loro inciuci alla luce del sole». Sulla fiducia a un eventuale governo di centrosinistra: «È un no scontato. Si vede proposta per proposta, scenario per scenario. Sono le nostre regole base, non vedo come possano essere messe in discussione ». Segoni annota tra parentesi il «consenso generale della sala». Grillo chiede se ci siano dubbi”.
 Trattativa, lo Stato alla sbarra a giudizio boss, politici e generali. Scrive Salvo Palazzolo:
“Dieci nomi risuonano nell’aula del tribunale di Palermo. Sono i nomi dei capi della mafia siciliana, ma anche i nomi di alcuni rappresentanti delle istituzioni. Il giudice Piergiorgio Morosini li scandisce lentamente: «Bagarella Leoluca Biagio, Brusca Giovanni, Ciancimino Massimo, Cinà Antonino, De Donno Giuseppe, Dell’Utri Marcello, Mancino Nicola, Mori Mario, Riina Salvatore, Subranni Antonio ». Dal 27 maggio, saranno gli imputati del primo processo per la trattativa fra mafia e Stato, che si sarebbe consumata durante le stragi del ’92-’93. È questo il verdetto di una lunga udienza preliminare, durata cinque mesi. Ed è il primo vaglio dell’inchiesta condotta dal pool che fino a settembre era coordinato dal procuratore aggiunto Antonio Ingroia, formato dai pm Nino Di Matteo, Lia Sava, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia”.
Il Corriere della Sera: “Si riapre il caso giustizia”. Il fardello dei Cardinali. Editoriale di Massimo Franco:
“Il Conclave che sta per cominciare ha già assunto contorni epocali: se non altro perché arriva sull’onda della rinuncia di Benedetto XVI al papato. Per questo le attese della Chiesa cattolica, e non solo, sono così grandi da apparire a volte sproporzionate. La distanza fra la comunità dei fedeli e il Vaticano è più vistosa del passato: al punto da prefigurare una contraddizione, se non una frattura, fra la dimensione religiosa e quella del governo della Santa Sede. Ma è soprattutto sul concetto di trasparenza che le due realtà risultano sconnesse. Dal basso, e anche dai vertici di alcuni episcopati mondiali, arrivano richieste radicali di chiarezza e di pulizia che finora sono state respinte e frustrate. Ma il risultato è che il dossier dei tre cardinali incaricati mesi fa di indagare sulle fughe di notizie e sul malaffare dentro le Sacre Mura galleggia come una mina vagante intorno alla Cappella Sistina. Gli appelli a rivelarne il contenuto sono stati inutili; e questo impedisce di scegliere avendo a disposizione tutte le informazioni sui «papabili». Eppure, sarebbe disastroso coprire una verità a conoscenza di un pugno di persone della Curia, col rischio che ne vengano usati impropriamente spezzoni per colpire l’uno o l’altro candidato; e per influenzare l’andamento o addirittura l’esito del Conclave. Può darsi che si tratti di notizie non degne di nota, ma allora tanto vale consegnarle agli «elettori». Se invece, come sembra, il dossier descrive una realtà ingombrante, di fatto ritenuta inconfessabile, l’esigenza di condividerlo con i cardinali risulta ancora più impellente. Più ci si avvicina alla data di inizio con gli ultimi arrivi a Roma, più filtrano voci velenose di inchieste giudiziarie, scandali «in sonno», «incompatibilità» riguardanti l’uno o l’altro candidato al soglio di Pietro”.
C’è un video della morte di Rossi. Scrive Fabrizio Massaro:
“Esiste un filmato, tragico, sulla morte di David Rossi. Le telecamere puntate sulla via dei Rossi, sul retro di Rocca Salimbeni, dove mercoledì sera il capo della comunicazione del Montepaschi ha deciso di lanciarsi nel vuoto dalla grande finestra del suo ufficio a dieci metri d’altezza, avrebbero ripreso il corpo che di schiena sta per subire l’impatto a terra. I filmati sono stati acquisiti già mercoledì notte dai magistrati di Siena e dalla squadra mobile.
Rossi non sarebbe morto sul colpo. Il video riporta l’ora della caduta, le 19.59, ma sembra che l’orologio sia sfalsato di 15-20 minuti; la chiamata ai Carabinieri da parte di un passante che ha avvistato il corpo è arrivata alle 20.44. Le telecamere hanno registrato per venti minuti un corpo inanimato. Il cadavere del manager Mps sarebbe rimasto dunque una ventina di minuti nel vicolo prima che scattasse l’allarme. Nei filmati si vede anche una persona che si avvicina al corpo e poi si allontana ed è presumibilmente la stessa persona che ha chiamato il 112. Sarà comunque l’esito dell’autopsia, svolta ieri pomeriggio dal professor Mario Gabbrielli del Policlinico senese, a chiarire tempi e aspetti medico-legali del decesso del manager-giornalista 51enne, da sei anni alla guida delle relazioni esterne di Mps prima con il presidente Giuseppe Mussari — che lo aveva voluto con sé in banca dopo averlo avuto come portavoce alla Fondazione Mps dal 2001 — poi con i nuovi vertici, Alessandro Profumo e Fabrizio Viola”.
Il Giornale: “I pm fanno pagare a noi la banca della sinistra”. Editoriale di Alessandro Sallusti:
Non era mai successo prima. Un editore, Pao­lo Berlusconi, e suo fra­tello, Silvio Berlusco­ni, condannati in primo grado per la pubblicazione di atti coperti dal segreto istruttorio. Due anni e sei mesi al primo, un anno al se­condo. Perché è successo è ovvio: lo scoop, era il 2005, fu fatto da Il Giornale , a fare una figuraccia fu l’intoccabile Pd. L’onta andava la­vata con la durezza che si usa ver­so chi non vuole imparare la lezio­ne che la sinistra non si tocca e a farlo ci hanno pensato tre solerti giudici del tribunale di Milano: Oscar Maggi, Teresa Guadagnino e Monica Amicone. Maggi non è nuovo a clamorose topiche su Ber­lusconi (condanna annullata nei seguenti gradi di giudizio), la se­conda fu già ricusata in altri proce­dimenti dallo stesso Berlusconi.
Attenzione. Qui non si parla di notizie ritenute false o diffamato­rie. No, parliamo di notizia vera e confermata, la famosa intercetta­zione in cui Fassino, all’epoca se­gretario dei Ds, esclama al telefo­no: «Abbiamo una banca»,traden­do cos­ì la partecipazione del parti­to alle scalate bancarie dell’epoca (in particolare Unipol su Bnl). Per questo Paolo Berlusconi dovreb­be andare in galera, seguito a ruo­ta dal fratello Silvio senza il cui consenso, si legge negli atti, la pubblicazione non avrebbe potu­to avvenire. Nessuno dei due ri­schia nulla, perché il processo è prescritto tra pochi mesi. Solo tempo e soldi persi, uno schiaffo­ne mediatico ad uso politico (tra l’altro sono cadute strada facen­do le accuse di ricettazione e mil­lantato credito a carico di Paolo Berlusconi)”.
La Stampa: “L’ira di Berlusconi: subito al voto”. Un macigno sulle trattative per il governo. Editoriale di Marcello Sorgi:
“Accolta da Berlusconi e dal Pdl quasi come un colpo di Stato, la condanna del leader del centrodestra, per rivelazione di segreto d’ufficio della famosa intercettazione di Fassino («Abbiamo una banca») sulla scalata Unipol alla Bnl, è solo la prima di una serie che in tempi assai brevi dovrebbe abbattersi sulla testa dell’imputato più eccellente d’Italia. E di una tempesta giudiziaria, che condizionerà non poco la ricerca di un minimo equilibrio dopo il controverso risultato del voto e la possibilità che in tempi brevi il Paese debba tornare alle urne”.

La paura di Vatileaks entra in Conclave. Articolo di Giacomo Galeazzi:

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“Nuova «fumata nera» per l’inizio del conclave. Anche negli interventi di ieri si sono ascoltate critiche alla gestione della Curia. Vatileaks, mancanza di coordinamento, difficoltà nei rapporti con gli episcopati sono stati al centro di alcuni interventi. A difendere la Curia è stato il sodaniano Lajolo, mentre un altro curiale (Rodè) ha condiviso le critiche. Slitta ancora l’avvio: non c’è accordo. Ma l’americano Mahony commenta: «Congregazioni verso la fine, la data è vicina». E il francese Barbarin conferma: «Non tarderemo a decidere». Dopo le dimissioni di Benedetto XVI i porporati devono dimostrare al mondo di aver recepito il suo monito contro le «divisioni che deturpano il volto della Chiesa». Dunque i nodi (Ior, scandali , governance) vanno sciolti prima dell’ingresso in conclave, altrimenti con ripetute votazioni a vuoto si darebbe al mondo un’immagine di scarsa unitarietà d’intenti e di visione. «I mass media abbondano di papabili dai nomi esotici, ma poi chi li vota?» sorride il curiale italiano davanti alla Basilica di San Pietro”.

Il Fatto Quotidiano: “Trattativa stato-mafia. Maxiprocesso a Palermo”. La Norimberga italiana. Editoriale di Marco Travaglio:

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“Ieri è stato un gran giorno per la Giustizia in Italia: il gup di Palermo Piergiorgio Morosini ha deciso che il processo sulla trattativa Stato-mafia si farà. E a carico di tutti gli imputati per i quali la Procura aveva chiesto il rinvio a giudizio: sei per lo Stato (Mannino non c’è perché ha scelto il rito abbreviato) e cinque per la mafia (il sesto, Provenzano, sarà giudicato se e quando le sue condizioni di salute lo permetteranno). E a giudicarli non sarà un semplice Tribunale, ma la Corte d’Assise: il reato più grave, infatti, è quello contestato a Provenzano, che deve ancora rispondere del delitto Lima, al quale sono appesi per connessione i reati di tutti gli altri imputati: la “minaccia a corpo dello Stato” contestata a tutti tranne uno, l’ex ministro Mancino, che risponde di falsa testimonianza. Dunque, per la prima volta nella storia, uomini di Stato e di mafia compariranno nella stessa aula, dinanzi a due giudici togati e a sei giudici popolari estratti a sorte fra i cittadini italiani. Così la sentenza sarà fino in fondo “in nome del popolo italiano”. Per la Procura di Palermo, in particolare per i pm Ingroia, Di Matteo, Sava, Delbene e Tartaglia che hanno condotto le indagini, è un successo pieno, il massimo riconoscimento della bontà del loro lavoro”.