Governo Letta, Bce, Inps: rassegna stampa e prime pagine

di Redazione Blitz
Pubblicato il 3 Maggio 2013 - 10:17 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – La Bce taglia, tassi mai così giù. La Stampa: “La Banca centrale europea ha deciso di tagliare il tasso di rifinanziamento dell’Eurozona di un quarto di punto, portandolo al nuovo minimo storico dello 0,5%. Il presidente Draghi: «Adesso bisogna rilanciare il credito». Enrico Letta illustra in Europa la sua ricetta per la ripresa: meno tasse senza far saltare i conti.”

Letta: meno tasse ma senza sfasciare i conti pubblici. L’articolo a firma di Ugo Magri:

“Il neo-premier Letta sottopone i partiti a un test di intelligenza. Se Pd, Pdl e Scelta civica eviteranno condotte irresponsabili, tipo fare a cazzotti sulle rispettive promesse elettorali, forse convinceremo l’Europa a levarci quel marchio di inaffidabilità che consiste nella procedura di deficit eccessivo. «Ci aspettiamo di uscirne», confida il capo del governo. Ne trarrebbe giovamento lo spread, e ci sarebbero più margini per dare sostanza alla lunga lista della spesa che Letta ha illustrato in Parlamento (meno tasse sul lavoro, sulla casa, sui consumi, e poi risposte agli esodati, ossigeno ai Comuni…). Se invece i partiti di governo si azzufferanno sulle priorità, facendo giungere il clamore della loro battaglia fino a Bruxelles, c’è rischio che l’Ue non si fidi di noi italiani, e nell’incertezza tenga aperta la procedura… Ecco perché, reduce dagli incontri con Merkel, Hollande, Van Rompuy e Barroso, il presidente del Consiglio si mostra particolarmente cauto. «Sto cercando di capire io stesso», offre una spiegazione, «quali sono i margini di manovra e le possibilità di lavorare…».”

“Niente inversioni di rotta. I tedeschi ci osservano”. L’articolo a firma di Alessandro Barbera:

“Basti dire che lì ci dovrà essere scritto se taglieremo o meno l’Imu, e come copriremo il gettito mancante, posto che invece nel documento depositato alle Camere da Monti si dice l’esatto contrario, ovvero che d’ora in poi sarebbe stata una entrata certa. Inutile dire che si tratterà di un test della tenuta della maggioranza Pd-Pdl, ma anche della capacità di Letta di mediare con una Germania in piena campagna elettorale e dove Angela Merkel è pressata a destra dal nuovo partito anti-euro. Dice l’ex direttore di Confindustria Giampaolo Galli, ora parlamentare del Pd e attento osservatore delle cose tedesche: «Non sarà facile spiegare alla loro opinione pubblica, che paga una Imu più alta della nostra, le ragioni per le quali cancelliamo quella tassa». Almeno su un punto i partiti ora sono d’accordo: qualunque strada si deciderà di percorrere, non potrà essere in deficit. Questa – lo ha detto chiaramente Saccomanni – è l’unica via per sperare di chiudere la procedura per deficit eccessivo, la premessa indispensabile per ottenere (dopo) «un più ampio margine di flessibilità» da parte di Bruxelles. Ecco perché «i saldi dovranno essere rispettati, il 3% è un limite invalicabile», e «bisognerà fare un’analisi delle cose possibili da fare». Non a caso già ieri, in una relazione allegata al suo intervento in Senato, Saccomanni indicava la necessità di «completare il riassetto degli incentivi alle imprese», ovvero cercare risorse fra quei trenta miliardi che ogni anno destiniamo a fondo perduto in gran parte a imprese pubbliche e finora mai messi davvero in discussione.”

L’Inps taglia le visite di controllo. I medici: sarà un boom di assenze. L’articolo a firma di Paolo Russo:

“Malati del week end, influenzati immaginari e professionisti dell’assenteismo medicalmente garantito potranno brindare alla decisione dell’Inps di sospendere momentaneamente le visite mediche di controllo d’ufficio disposte dall’Istituto. Quelle, per intenderci, che servono a controllare se il certificato firmato dal proprio dottore di famiglia non sia troppo generoso se non addirittura falso o, più semplicemente, per verificare se si è realmente a casa sotto le coperte o fare shopping. Un deterrente per chi confonde l’ozio con la malattia del quale l’Inps ha per ora deciso di fare a mano. Tutto per un risparmio di 500 milioni, che sono poca cosa rispetto al bilancio Inps, con il rischio di aprire una voragine ben maggiore nei conti di aziende pubbliche e private visto che l’aumento dell’1% delle assenze per malattia vale un miliardo.”

Riecco i “traditori”. A sinistra torna lo spettro del Novecento. L’articolo a firma di Fabio Martini:

“Traditori. L’epiteto scagliato contro militanti e dirigenti torinesi del Pd durante la manifestazione del Primo Maggio appartiene al lessico famigliare di una certa sinistra: il peggior nemico non è l’avversario politico ma il parente più prossimo, il compagno che non ha la tua stessa idea, o l’ha cambiata. Nei giorni precedenti i dirigenti del Pd si erano già ritrovati ad essere bersagliati: con voi non vinceremo mai, andate a casa, buffoni. Legittime contestazioni politiche. Ora lo scatto lessicale, quel «traditori» che sovrappone un giudizio morale a quello politico. Ed è come se si fosse compiuta una piccola nemesi. I primi comunisti definivano «socialtraditori» i socialisti come Giacomo Matteotti che non volevano sottostare ai diktat di Mosca; venti anni dopo, per un dirigente del Pci come Pietro Secchia, era stato proprio il suo partito a «tradire» la Resistenza, non prendendo il potere con le armi. Ed è anche a quel rimpianto che si collegarono i brigatisti, arrivando ad assassinare i «traditori del proletariato»: comunisti come Guido Rossa, riformisti come Walter Tobagi, Ezio Tarantelli, Vittorio Bachelet, Massimo D’Antona, Marco Biagi.”

I fucilieri di Grillo. Il Giornale: “Becchi, l’intellettuale vicino ai Cinque Stelle: «Non stupitevi delle armi con i banchieri al governo». Poi tutti lo scaricano, ma è troppo tardi.” L’articolo a firma di Francesco Cramer:

“Lo chiamano paraguru, ma anche maestro. Cattivo. E per non smentire i suoi nomignoli storpiati, uno degli ideologi dei pentastellati c’ha dato dentro nelle ultime ore. Paolo Becchi, professore di filosofia del diritto all’Università di Genova e teorico (ora post) del duo Grillo-Casaleggio, ne ha sparate grossissime. Tanto da essere scaricato dallo stesso M5S: «Becchi? Non è il nostro ideologo». E dallo stesso Grillo: «Becchi non rappresenta il M5S». E lui, a frittata fatta: «Non andrò mai più in tv. Mi hanno criminalizzato tanto che il movimento ha preso le distanze da me. Sono caduto nella trappola, mi spiace». Il casus belli ? Il suo pensiero: «Se qualcuno tra qualche mese prende i fucili non lamentiamoci: abbiamo messo un altro banchiere all’economia ». Boom . Una sorta di giustificazione della lotta armata, snocciolata in radio, a La Zanzara . Non solo: «Non so quanto la gente possa resistere – dice Becchi – , non so quanto il Movimento possa frenare la violenza della gente». Già in mattinata, il barbuto professore fa sgranare gli occhi a molti. Intervistato da Intelligo news , quotidiano online , Becchi saccheggia la peggior retorica dietrologica degli anni Settanta. Parla di Luigi Preiti, squilibrato che il giorno del giuramento del governo sparò davanti a palazzo Chigi. Ecco la sua teoria in risposta alla domanda se abbia sparato a caso: «Non si può escludere nulla a priori. Ma noi italiani in fatto di strategia della tensione siamo degli esperti. Non possiamo escluderlo».Becchi vede il complottone per far nascere l’inciucio: «Non c’è stata alcuna opposizione all’interno del Pd nell’approvare la linea dell’emergente governo di Enrico Letta». E ancora: «Questo “attentato”è stato utile ad un certo tipo di azione politica: dare al governo Letta una maggioranza solida». “

La Lega attacca il ministro Kyenge ma aiuta la sorella. L’articolo de Il Giornale a firma di Paolo Bracalini:

“C’è mancato un soffio che Dora Kyenge, sorella della neo ministra alla Integrazione Cécile Kyenge, poco gradita alla Lega (Salvini: «Simbolo di una sinistra buonista e ipocrita», Borghezio drastico: «Scelta del cazzo»), non diventasse una consigliera comunale proprio della Lega. Ci avevano pensato sul serio, nel 2009, i leghisti nelle Marche, quando si correva per le comunali a Pesaro. Lì Dora Kyenge, sorella minore della ministra, lavora in un supermercato e come sarta in proprio. Vive in una casa popolare, assegnatale nel 2008, e per la quale ringraziò pubblicamente il Comune ma soprattutto la Lega nord. Furono proprio i barbari del Carroccio ad aiutarla a liberare la casa appena assegnatale e subito occupata (con porta sfondata) dai vicini nordafricani. Era stata proprio lei, la sorella della ministra che ora fa storcere il naso a Maroni, a chiedere aiuto alla Lega, colpita da un famoso manifesto elettorale leghista dell’epoca,quello con un capo indiano e lo slogan:«Loro hanno subito l’immigrazione. Ora vivono nelle riserve!». Una linea di rigore che la Kyenge condivide in pieno. Tornata dal Congo,dov’era dovuta andare proprio nei giorni in cui le era stata assegnata la casa, si era ritrovata dentro l’appartamento due maghrebini, intenzionati a restarci. Che fare? Comune e polizia le fanno capire che potrà riaverla, ma che ci vuole parecchio tempo, perché non è semplice mandare fuori casa chi la occupa anche abusivamente.”

Eutanasia Pd: inciucio, contestazioni e voti in fuga. Il Fatto Quotidiano: “Da Torino a Bologna cresce il malcontento dei militanti del partito furiosi per l’alleanza con il Caimano. Un disastro anche nei sondaggi, che avvantaggiano solo il Pdl. Intanto l’opposizione di sinistra (ma c’è anche Crimi) si raccoglie intorno a Rodotà. Al via la “contro Convenzione”.”

Primo maggio, urla e fischi. La piazza contesta il Pd. L’articolo de Il Fatto Quotidiano a firma di Emiliano Liuzzi:

“Un’onda lunga, senza colori né padrini politici. Più che altro esasperazione. La voglia di far sentire la propria voce in un giorno, il Primo maggio, che dovrebbe essere di festa, anche se per qualcuno non c’è niente da festeggiare: perché chi non lavora non può incrociare le braccia. E un obiettivo, oltre quel muro di gomma che si chiama disagio: il Partito democratico, giudicato colpevole di aver lasciato la causa del lavoro per abbracciare quella di Berlusconi. “Mi chiamano provocatore, ci provino loro ad alzarsi la mattina e a non saper dove sbattere la testa. Sono dimagrito dieci chili, ho perso la dignità, nonostante io abbia le mani pulite”, dice Fabrizio Tonelli, 38 anni, operaio in cassa integrazione. “La mia vita era la fabbrica, gli orari scanditi dai turni. Poi la crisi, la consapevolezza che sarebbe toccato anche a noi. Così è stato. Ora sopravvivo, ma parlare di vita è eccessivo”. Tonelli è una delle persone che hanno contestato a Bologna Vasco Errani, presidente della giunta dell’Emilia Romagna, uomo forte di quello che doveva essere il governo di Bersani, oggi tornato a occuparsi della sua regione. La pretesa era quella di festeggiare insieme ai sindacati e agli industriali. La risposta è stata quella di andarsene a casa. Una cosa che Maurizio Landini, segretario della Fiom, sigla assente in Piazza Maggiore ma presente in solitaria a Copparo vicino Ferrara dove la Berco ha licenziato centinaia di operai, aveva anche più o meno previsto: “Per parlare coi lavoratori ci sono altri 364 giorni”.”