Il mantello dell’invisibilità? Il segreto è nelle aringhe e nelle sardine

Pubblicato il 21 Ottobre 2012 - 15:05 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Il mantello dell’invisibilità, quello che una volta indossato ti nasconde alla vista altrui, potrebbe essere realizzato grazie ad aringhe e sardine. Uno studio scientifico pubblicato sulla rivista Nature spiega infatti che questi pesci argentati violano le leggi della fisica grazie alla struttura molecolare della loro pelle che permette loro di risultare invisibili ai predatori.

Il risultato si deve a uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica da un gruppo di ricercatori coordinati da Nicholas Roberts dell’università britannica di Bristol. Secondo gli esperti la scoperta è importante non solo nelle ricerche sui materiali capaci di cancellare gli oggetti alla vista ma è molto utile anche per il controllo della luce nei dispositivi fotonici, come i led (diodi emettitori di luce) e le guide d’onda ottiche.

Secondo lo studio, questi pesci hanno sviluppato una struttura sofisticata della pelle, composta da più strati ad alto indice di rifrazione, che agisce come un riflettore di alta qualità, indipendentemente dalla lunghezza d’onda della luce che vi incide. Il segreto della struttura è in due tipi di cristalli con proprietà ottiche diverse che miscelati nella pelle permettono a questi pesci di non polarizzare la luce, quindi di non assorbirla, e avere una elevata riflettività.

Questa neutralità alla polarizzazione, sottolineano gli esperti, è molto importante nel mondo acquatico, dove molti pesci hanno una vista in grado di rilevare le differenze di polarizzazione. ”Crediamo che questi pesci – osserva Roberts – abbiano sviluppato questa particolare struttura per nascondersi dai predatori, come delfini e tonni”. Fra le applicazioni possibili di questa scoperta, secondo gli esperti, vi sarebbe la possibilità di ottenere migliori dispositivi ottici come ”led e fibre ottiche che usano riflettori non polarizzanti per migliorare l’efficienza” rileva uno degli autori, Tom Jordan detto dell’università di Bristol e dell’università di University Walk.

Tuttavia, aggiunge, ”questi riflettori artificiali richiedono l’uso di materiali con particolari proprietà ottiche difficili da ottenere. Il meccanismo che si è evoluto nei pesci supera questa limitazione e fornisce un nuovo modo di produrre questi riflettori non polarizzanti”.