Dell’Utri e Mangano, “eroe” di Arcore nel ciclo epico di Berlusconi

di Giuseppe Giulietti
Pubblicato il 30 Giugno 2010 - 18:49| Aggiornato il 21 Ottobre 2010 OLTRE 6 MESI FA

Marcello Dell'Utri

Non conosciamo le carte processuali relative al senatore Marcello Dell’Utri, tanto meno conosciamo le motivazioni che hanno indotto anche la corte d’appello a condannarlo,”perché avrebbe intrattenuto rapporti non sporadici con le famiglie mafiose…”. In qualsiasi altro Paese non ci sarebbe neanche stato bisogno di sollecitare le dimissioni, sarebbero già state presentate, anzi sarebbe stato l’amico presidente del Consiglio a sollecitarle, proprio per evitare spiacevoli equivoci, ma evidentemente non solo non vuole, ma non può.

La chiave sta tutta nelle incredibili parole che, ancora una volta, Dell’Utri ha sentito il bisogno di rivolgere nei confronti del mafioso Mangano, definito un eroe perché, in carcere, si è rifiutato di collaborare con i giudici e non ha mai ceduto alla tentazione di parlare degli amici Marcello e Silvio. Persino i giovani della destra hanno sentito il bisogno di urlare il loro sdegno e di ricordare che nell’olimpo degli eroi preferiscono mettere Falcone e Borsellino.

Purtroppo per loro debbono rassegnarsi a stare in un partito che non può fare a meno di lodare Mangano, perché quel signore, lo stalliere mafioso, fu un frequentatore della villa di Arcore, dove, secondo le commoventi ricostruzioni di Silvio e Marcello, avrebbe svolto l’umile faticosa mansione dello stalliere.

Gli anni di condanna li hanno decisi e li decideranno i giudici, che per altro non sembrano proprio appartenere al genere delle toghe rosse, ma la condanna politica, morale, etica non ha bisogno di tribunali e neppure del carcere, quello che si è sentito in queste ore dovrebbe essere sufficiente per infliggere l’ergastolo morale a chi ha osato definire un eroe un mafioso pluricondannato.

Altro che il caso Brancher!

Se il braccio destro del presidente del Consiglio, l’amico di una vita, osa inviare un messaggio così esplicito e devastante, non vogliamo neppure immaginare cosa lo abbia obbligato a dire quello che ha detto. Qualunque siano le motivazioni è sempre più evidente che il nostro ordinamento democratico corre seri rischi e non a caso vogliono oscurare tutto e tutti approvando a colpi di maggioranza e di voti di fiducia la legge bavaglio.

Il presidente Fini si è detto dispiaciuto per tanta fretta, ma sarà il caso che passi rapidamente dal dispiacere allo scontro in campo aperto, altrimenti anche lui sarà precipitosamente costretto a levare dal suo olimpo i giudici, i poliziotti e i carabinieri ammazzati dalla mafia e a sostituirli con la gigantografia di Mangano “il picciotto che non parlò per non tradire gli amici…”

Meglio molto meglio le elezioni anticipate che essere travolti da questa melma.