Papa Francesco con Robert Mugabe: 40 lunghi secondi di diplomatico silenzio

di Redazione Blitz
Pubblicato il 20 Marzo 2013 - 18:15| Aggiornato il 24 Ottobre 2022 OLTRE 6 MESI FA

CITTÀ DEL VATICANO – È stato il giorno dell’intronizzazione e del debutto in politica estera per papa Francesco: ha ricevuto 132 delegazioni da tutti i Paesi del mondo, 33 capi di Stato, 11 premier, 6 sovrani regnanti e 3 principi ereditari. Le occasioni di incontri imbarazzanti erano tante, ma alla fine quello che tutti ricorderanno è il faccia a faccia, breve ma lunghissimo per i tempi del cerimoniale vaticano, con Robert Mugabe, “impresentabile” dittatore dello Zimbabwe.

Cosa è successo. Il Papa ha salutato tutte le 132 delegazioni alla fine della messa inaugurale del suo pontificato. È rimasto in piedi per un’ora e mezza, regalando due paroline a tutti.

Ma l’attenzione è tutta per l’ospite “scomodo”, il dittatore africano Mugabe, ritenuto persona non grata da Usa e Ue e arrivato in Vaticano solo grazie a una deroga delle sanzioni, prevista ”per obblighi religiosi”. Era già successo per i funerali (2005) e per la beatificazione di papa Giovanni Paolo II. Papa Francesco gli stringe la mano, si limita a un paio di parole di circostanza, seguite da un lungo silenzio mentre Mugabe, al potere dal 1980 e accusato dalla comunità internazionale di aver instaurato un regime dittatoriale nel suo Paese, comincia a raccontargli qualcosa sottovoce, da fedele, forse, o da capo di Stato.

Tutto dura poco meno di 40 secondi, ma quel che è certo è che il messaggio del dittatore è troppo lungo per il cerimoniale vaticano. Il pontefice ascolta, annuisce, sorride con educazione, ma non replica. Un assistente del Papa fa notare a Mugabe che il monologo sta durando un po’ troppo ed è il momento di congedarsi.

Già sul sagrato di San Pietro, durante la cerimonia, il presidente africano non era passato inosservato, complice anche il vistoso copricapo verde brillante della moglie che spiccava accanto ai tradizionali veli neri di altre signore e principesse. Le geometrie variabili del cerimoniale vaticano hanno inoltre fatto sì che Mugabe si ritrovasse seduto accanto a José Manuel Barroso e a Herman Van Rompuy, leader di quell’Europa che lo sanziona. Nessuno scambio di parole tra le due delegazioni. E mentre la sua visita a Roma ha fatto scalpore nei giorni scorsi all’estero, in patria è passato con una schiacciante vittoria dei sì il referendum sulla Costituzione che limita i poteri del presidente, pur non impedendogli di ricandidarsi per l’ennesima volta.

Una prova difficile per Papa Francesco, soprattutto perché qualunque fosse stato il suo comportamento con Mugabe, sarebbe stato criticato. La scelta di Bergoglio – essere freddo ma cortese – non fa dimenticare le voci e le testimonianze, che lo accompagneranno per tutto il suo papato, sulla sua presunta complicità con la dittatura dei generali in Argentina. Del resto non poteva non salutare il presidente dello Zimbabwe: l’Africa è uno dei continenti in cui il cattolicesimo è in espansione e uno sgarbo a Mugabe sarebbe stato letto sempre come una mancanza di rispetto per un rappresentante del Continente nero.