Inna, la Femen a Parigi: “Dopo Strauss-Kahn anche in Francia c’è bisogno di noi”

Pubblicato il 12 Settembre 2012 - 14:55 OLTRE 6 MESI FA
(Foto Lapresse)

PARIGI – Sono note in tutto il mondo per le loro proteste a seno nudo. Anche se prima del topless c’erano le idee. Sono le Femen, gruppo ucraino femminista.  “All’inizio, le performance le facevamo vestite: non se ne accorgeva nessuno. Adesso ne parlano tutti. Ma non è solo un trucco per avere visibilità. È anche un messaggio. Diciamo agli uomini: per voi siamo solo un corpo, ci volete nude nei vostri letti? Bene, noi siamo nude. Ma non sul materasso: nelle piazze, a protestare. Gli uomini impazziscono, come succede ogni volta che le donne fanno qualcosa che loro non controllano. Per noi, il topless è un’uniforme”, spiega intervistata dalla Stampa Inna Shevchenko, 22 anni. Un tempo giornalista, addetta stampa per il sindaco di Kiev. “Licenziata perché Femen”.

Inna non è più in Ucraina, ma a Parigi. Fuggita dopo che un mattino, alle 6:30,  “ho sentito qualcuno che tentava di buttare giù la porta. Ho afferrato passaporto e telefonino e mi sono buttata dalla finestra. Per fortuna abito, anzi abitavo, al primo piano. Sono scappata, delle amiche mi hanno nascosto e poi messo sul treno per Varsavia. Ed eccomi qui”.

Qualche giorno prima, il 17 agosto, “nel centro di Kiev, come sostegno alle Pussy Riot condannate in Russia, a torso nudo e imbracciando una motosega ho demolito una croce che ricordava i caduti della guerra, simbolo dell’alleanza di Stato e Chiesa in una politica antifemminile. Nessuno ha cercato di fermarmi prima né di arrestarmi poi. Però ho cominciato a essere pedinata dagli agenti dei servizi segreti. Tipico dell’Ucraina”.

Ma a chi crede che la Francia e l’Europa siano molto diverse dall’Ucraina chiarisce subito: “A Kiev, pensavamo che in Francia non ci fosse lavoro da fare per le femministe. L’affare Dsk (Dominique Strauss Kahn, ndr.) ci ha fatto cambiare opinione. Qui ci sono ancora disparità salariali e prostituzione. E infatti esiste una rete di Femen. A Parigi creeremo un centro di addestramento per le Femen di tutto il mondo. I nostri ‘sex attacks’ sono impegnativi. Usare una motosega a torso nudo non è esattamente normale. Né dal punto di vista fisico né psicologico”.

La giovane Inna liquida le femministe francesi: “Cosa fanno? Scrivono libri. Crede davvero che facciano effetto sulla pubblica opinione? Il nostro non è il femminismo tradizionale. È un femminismo che si vede, che irrompe sui media, che dà spettacolo. Il nostro è un femminismo pop! Partecipiamo a festival, manifestazioni o show televisivi. Per esempio, sono stata ospite due volte di quello di Chiambretti. È molto sessista, ma è servito a farci conoscere in Italia. Vendiamo gadget sul nostro sito. E riceviamo offerte da tutto il mondo, anche piccole o piccolissime”.

Sull’origine delle Femen, Inna ricorda che sono nate dopo la la rivoluzione arancione, otto anni fa. Tutti parlavano di democrazia, di diritti, di cambiamento. La delusione è stata terribile. Da vent’anni, da quando è diventata indipendente, in Ucraina comanda sempre la stessa mafia. Ha solo cambiato vestito”. Dice di essere diventata Femen dopo aver letto ‘La donna e il socialismo’ di August Bebel. “È la mia Bibbia”.

In Ucraina è stata arrestata “una quindicina di volte. Il peggio, però, è successo in Bielorussia, a una manifestazione contro Lukashenko a Minsk, vicino all’ex sede del Kgb. Prima hanno picchiato i giornalisti e distrutto le telecamere. Poi hanno caricato noi Femen su un bus e ci hanno portato in giro, legate e bendate, per un giorno intero. Mi dicevano: sai, vero, che fra tre ore sarai morta? Immagina la faccia di tua madre quando le diranno che non ci sei più. Ci hanno rilasciato a sera, in mezzo a una foresta”.

Se ha avuto paura? “Sì, anzi no. Perché mentre mi dicevano che mi avrebbero ammazzata ho pensato: ma allora sto facendo la cosa giusta!”.