Condoni, attacco bipartisan a Emma Marcegaglia

Pubblicato il 25 Settembre 2011 - 10:55 OLTRE 6 MESI FA

Emma Marcegaglia

ROMA – Fuoco incrociato contro il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia. Dalle pagine del Giornale e del Fatto Quotidiano – di certo non espressione della stessa parte politica – arrivano due articoli assai che ricordano episodi scomodi del passato della leader degli industriali.

Dalle colonne del Giornale Nicola Porro ricorda come la stessa Marcegaglia che oggi tuona “Basta con i condoni fiscali” usufruì proprio di un condono. Era il 2002. In quell’anno, l’azienda della famiglia Marcegaglia, di cui allora la futura presidente di Confindustria era amministratore delegato, pagò 9 milioni e mezzo per sistemare i conti con il Fisco.

Lo poté fare proprio grazie ad uno degli oggi tanto vituperati – dalla stessa Marcegaglia – condoni. Il punto, però, sottolinea Porro, è che oggi quel condono rischia di non valere più nulla, dopo che l’Unione europea lo ha considerato illegittimo, portando così il governo a riaprire le verifiche sull’anno 2002, come previsto in un codicillo della manovra estiva.

Insomma, Marcegaglia finisce così per passare da fervente critica degli evasori e del governo dei condoni a vittima della lotta all’evasione. Una vittima non proprio immacolata.

Come sottolinea anche Stefano Feltri sul Fatto Quotidiano, sorprende un certo cambio di strategia di Marcegaglia a pochi mesi dal suo addio a Confindustria.

Tra un manifesto “per salvare l’Italia” e le critiche nette al governo Berlusconi, la leader degli industriali sembra dimenticare certe “tracce” del suo sostegno all'”impero ormai in disfacimento”, come scrive Feltri.

Anche senza ricordare “gli appalti alle sue aziende per il mancato G8 alla Maddalena”, scrive Stefano Feltri, o i “contributi governativi alle centrali a biomasse di famiglia, o il lucroso business dei rifiuti alimentato dall’emergenza permanente, c’è sempre il peccato originale: Alitalia. La Marcegaglia aveva detto più volte di voler uscire, dopo aver investito una fiche simbolica, ma è ancora nel capitale, con il suo 0,89 per cento. Quattro miliardi a carico del contribuente per un progetto industriale dagli esiti dubbi”, lo definisce Feltri.

Se tutto questo non bastasse, contro Marcegaglia Porro ricorda i conti cifrati della signora in Svizzera. C’è quello “688342 della Ubs di Lugano a lei intestato (insie­me al padre Steno) dove transita­vano quattrini della Scad Com­pany Ltd, o quello 688340 sempre a Lugano e sempre della Ubs dove transitavano milioni di euro frut­to della costituzione di fondi neri all’estero”, scrive il cronista del Giornale.

Porro ricorda anche dei “750mila euro (che) vennero tra­sferiti dal conto di Lugano a quel­lo di Chiasso e poi presi in contan­ti tra il settembre e il dicembre del 2003 (tutte informazioni contenu­te in una rogatoria ottenuta da Francesco Greco)”.

Come scrive Porro, come sostiene anche Feltri, il punto non è tanto la correttezza etica di Emma Mercagaglia o del suo gruppo, quanto la sua “inadeguatezza  a spiegare al mondo cosa sia necessario fare per dare sviluppo al Paese”.

Di certo aiuterebbe se il gruppo di famiglia competesse sul mercato ad armi pari con i concorrenti. Magari senza conti cifrati in Svizzera. O a Singapore. Di certo senza utilizzare i condoni quando servono e poi scagliarsi contro chi li fa quando.