Gregoraci inconsolabile: “Nathan Falco, il mio bambino soffre per la mancanza dello yacht”

Pubblicato il 25 Maggio 2010 - 14:42| Aggiornato il 26 Maggio 2010 OLTRE 6 MESI FA

Flavio Briatore ed Elisabetta Gregoraci

Il guaio è che lo dice credendoci davvero: “Il bambino soffre per la mancanza del suo yacht”. Elisabetta Gregoraci consegna il suo sconforto ad un’intervista e racconta così “il terribile incubo di cui il piccolo Nathan Falco sta risentendo”. “Piange, non è tranquillo, sente la mancanza della sua cameretta bianca, dei suoi spazi”.

Un dramma insomma, un neonato o poco più fatto scendere dallo yacht lungo 62 metri. Chi ridarà al piccolo la serenità di poppare, dormire e giocare sotto la rassicurante protezione della casetta galleggiante che portava a poppa il nome Force Blue, cioè le stesse iniziali di papà Flavio Briatore? Come lenire la sofferenza dell’infante “lontano” dalla barchetta di mamma e papà? Mamma Gregoraci prima ha fatto sapere di “aver perso il latte”, ora spiega che un pupo non può crescere tranquillo e senza turbamenti al di fuori del cabinato, senza il suo equipaggio, rollio, brezza.

C’è qualcosa di enorme e di osceno nel raccontarsi come una famiglia sfrattata e buttata per strada. Qualcosa di offensivo per tutti i mortali non dotati di yacht nel teorizzare la necessità della barca per l’equilibrio psicologico di un bimbo. Qualcosa di insano perfino nell’intestare alla piccola creatura il fastidio incredulo che è di mamma e papà: come faremo a vivere in una suite d’albergo o in una villa adesso che ci hanno tolto lo yacht? E

‘ un sentimento genuino quello di Briatore e della Gregoraci: loro senza yacht non vivono, i 62 metri, non quadrati, ma di lunghezza dello scafo sono per loro habitat naturale. Ma chiamarci a condividere questo “dramma dello yacht perduto” è spudorato e smisurato. Anzi no, è a misura di chi pensa che il pudore sia un canottino di gomma sgonfio e bucato, roba su cui quelli degli yacht neanche salgono.