Quest’anno niente tredicesima, se la “mangia” la maxi rata Imu

di Riccardo Galli
Pubblicato il 4 Aprile 2012 - 14:53| Aggiornato il 5 Aprile 2012 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Natale è lontano, ma chi la tredicesima ha la fortuna di averla starà forse già pensando a come spenderla. Magari un bel viaggio, oppure tutta in regali o magari per pagare qualche spesa rimasta arretrata. Invece no. Quest’anno chi ha una casa la tredicesima la userà per pagare l’Imu. La rediviva tassa sulla casa e la tredicesima si sovrapporranno infatti, verosimilmente, sia nei tempi che negli importi. L’acconto che va versato entro giugno è stato alla fine calcolato “al ribasso” per ragioni tecniche, per cui niente salasso prima dell’estate ma “botta” finale a dicembre.

Entro il prossimo 18 giugno (il 16 è un sabato), data ereditata dalla vecchia Ici, gli italiani dovranno versare l’acconto della nuova Imu. Peccato però che le aliquote che regoleranno la nuova tassa non siano state ancora stabilite e così, prima dell’estate, gli italiani pagheranno solo il 50% di quella considerata l’aliquota standard. Poi, a dicembre, salderanno il conto con aliquote che, con ogni probabilità, tenderanno più al massimo consentito che allo standard ipotizzato. Conti precisi ancora non se ne possono fare, ma è credibile ritenere che a metà dicembre, quando sarà ora di saldare, il conto sarà salato. Così salato da annullare in alcuni casi la tredicesima e in altri assottigliandola sensibilmente.

L’acconto da versare a breve, pari alla metà del tributo che si otterrebbe se si applicassero aliquote e detrazioni indicate come standard dal decreto Salva Italia dello scorso dicembre, si può calcolare, anche se con un percorso abbastanza farraginoso, come spiega il Corriere della Sera. “Gli immobili urbani sono divisi in due categorie: la prima è costituita dalle abitazioni principali, e con l’espressione si intende la casa in cui il contribuente ha la propria residenza fiscale; la seconda è invece composta dalle case in cui non si ha residenza e dagli immobili non residenziali (uffici, laboratori, negozi, fabbriche eccetera). I box stanno a mezzo del guado: se sono pertinenziali a un’abitazione principale le sono assimilati (ma il beneficio può riguardare una sola unità), altrimenti seguono le regole degli immobili non residenziali. L’aliquota di riferimento per le abitazioni principali è pari allo 0,04% sulla rendita catastale originaria rivalutata del 5% e moltiplicata per 160. Dalla somma così ottenuta si detraggono 200 euro più altri 50 euro per ogni figlio di età inferiore a 26 anni se residente nella stessa abitazione.

L’aliquota standard per gli altri immobili è dello 0,76% calcolato senza nessuna ulteriore detrazione e su una base imponibile che si ottiene:
a) per le case e i box effettuando lo stesso calcolo indicato sopra per le abitazioni principali;
b) per i negozi aumentando la rendita del 5% e moltiplicando il risultato per 55;
c) per gli uffici e gli studi professionali aumentando la rendita del 5% e moltiplicando il risultato per 80.

L’acconto di giugno sarà pari alla metà dei risultati così ottenuti. Per conoscere la rendita catastale su cui effettuare il computo basta disporre di una dichiarazione dei redditi in cui si sia già indicato l’immobile: nel 730 il riferimento è il rigo B1 (dove la rendita è indicata senza rivalutazione del 5%), nel modello Unico invece il punto di partenza è il rigo RB1, dove però la rendita indicata ingloba anche la rivalutazione del 5%”.

Il difficile e l’incerto arrivano però dopo l’acconto. L’Imu 2012 non troverà la sua identità definitiva sino al 10 dicembre. Il testo dei correttivi al decreto fiscale votato ieri (3 aprile) in commissione finanze al Senato sposta infatti a quella data il termine entro il quale un Dpcm potrà cambiare le aliquote dell’imposta per garantire (allo Stato) il gettito previsto dal decreto salva-Italia. Ciò che si prospetta, anche se la norma non lo dice, è in realtà un doppio Dpcm: il primo, relativo in particolare ad abitazioni e immobili commerciali e industriali, andrà scritto prima del 30 settembre, per dare modo ai Comuni di rivedere le proprie scelte locali su quella base.

Il secondo, dedicato al capitolo agricoltura, dovrà invece aspettare il 30 novembre, data entro la quale si concluderanno le operazioni di accatastamento dei fabbricati rurali. Il problema che sta portando a rinvii, rimandi e correzioni è uno solo: che il gettito derivante dall’Imu è già scritto, lo ha scritto il governo a Natale scorso. Ora quindi, per ottenere quanto preventivato, bisogna continuamente aggiustare il tiro e l’aliquota con correzioni in corsa e tra mille difficoltà, con l’incognita per i cittadini che non hanno idea di quanto dovranno pagare e con i comuni sul piede di guerra che chiedono anticipi di cassa e intanto devono pianificare quale aliquota applicare nel loro territorio.