Virginia Raggi, l’accusa peggiore per un M5s: aver brigato per lo stipendio di uno del “clan”

di Riccardo Galli
Pubblicato il 25 Gennaio 2017 - 13:04 OLTRE 6 MESI FA
Virginia Raggi, l'accusa peggiore per un M5s: aver brigato per lo stipendio di uno del "clan"

Virginia Raggi, l’accusa peggiore per un M5s: aver brigato per lo stipendio di uno del “clan” (foto d’archivio Ansa)

ROMA – Virginia Raggi, la sindaca, si è macchiata della colpa più grave che un M5s possa confezionare, ha commesso il peccato più grave agli occhi del mondo e dell’elettorato grillino: ha mentito, e ha mentito per per gli interessi del suo clan, del suo gruppo di amici, della sua ‘casta’ andando contro l’interesse generale, dei cittadini e della città che è stata chiamata ad amministrare.

La Raggi, è vero, dal punto di vista legale è indagata e solo accusata di abuso d’ufficio e falso. Nessuna sentenza di colpevolezza è stata emessa e non è nemmeno detto che a questo si arriverà. E ha ragione l’ex premier Matteo Renzi quando ricorda che la presunzione d’innocenza vale per tutti, avversari politici compresi, come hanno ragione i molti amministratori e non solo che notano come l’abuso d’ufficio sia un ‘inciampo’ quasi fisiologico quando si è chiamati a gestire la cosa pubblica.

Ma la legge non è tutto. Esiste altro, soprattutto in politica e soprattutto quando si invocano onestà e trasparenza a ogni pié sospinto. La credibilità e la coerenza sono valori che non si misurano nelle aule dei tribunali e, a prescindere da quello che queste diranno, la Raggi ha mentito. E piaccia o no questo è un fatto. “Virginia Raggi ha mentito – scrive Carlo Bonini su Repubblica – Almeno tre volte. All’Autorità Anticorruzione, prima. Al suo Movimento, poi. All’opinione pubblica. E lo ha fatto nella piena consapevolezza della menzogna che era convinta di poter dissimulare. A tratti persino con arroganza. Almeno fino a quando Raffaele Marra, il suo Rasputin, non è finito a Regina Coeli accusato di corruzione e le memorie dei suoi telefoni cellulari e del suo Pc sono state aperte nei laboratori del Nucleo investigativo dei Carabinieri”.

La storia riguarda il trasferimento di Renato Marra, fratello del più noto Raffaele, dalla Polizia Municipale a capo del Dipartimento del Turismo del Campidoglio. La Raggi ci mette la faccia e la firma, anche se la nomina è in realtà faccenda che i due fratelli Marra, in pieno conflitto di interesse, si sbrigano in casa propria. Per la Procura è appunto un abuso. “Ma quel che conta è che l’abuso è coperto dal falso – scrive ancora Bonini – Dalla menzogna. La Raggi mette infatti a verbale dell’Autorità anticorruzione del Comune (che trasmetterà l’atto all’Anac di Cantone) di aver deciso tutto da sola. Di non aver coinvolto neppure per sbaglio Raffaele Marra nella faccenda che riguarda il fratello. E quella menzogna viene ripetuta non solo a chi, nel M5Stelle, le chiede conto delle polemiche che scoppiano in autunno, ma anche alla stampa e all’opinione pubblica. A quei famosi cittadini romani che, retoricamente, non cessa ogni giorno di ripetere essere gli unici a cui deve dare conto”.

Una menzogna, una bugia ripetuta tre volte che è tale alla luce delle chat in cui appare evidente che la Raggi non decide, ma subisce. Subisce le decisioni dei Marra e li copre quando viene interpellata su queste. Chat di cui non rendono conto solo i media tanto invisi ai grillini, ma anche giornali come ilFattoQuotidiano che a questi possono considerarsi più vicini. Scrive proprio il quotidiano diretto da Marco Travaglio: “Ma in una conversazione sulla chat dei ‘Quattro amici al bar’, com’era chiamato il gruppo su Telegram con il quale la sindaca si teneva in contatto con Marra, con l’ex vicesindaco Daniele Frongia e con l’ex capo della segreteria Salvatore Romeo, Raggi chiedeva notizie sullo stipendio che Renato avrebbe percepito da capo dipartimento: sarebbe la prova che l’ex capo del personale gestì la nomina in conflitto di interessi. Non solo. In un altro scambio di messaggi, anche questo acquisito dalla procura, Raggi si lamenta con Marra per l’aumento di stipendio garantito al fratello in seguito alla promozione. ‘Perché se c’era un aumento di stipendio tu non me lo hai detto?’, chiede la sindaca al suo fidatissimo capo del personale”. Menzogne quindi per coprire la distribuzione di prebende, favori, poltrone e incarichi. Esattamente quello che per i 5Stelle sono i peccati capitali. Che la sindaca, al netto delle valutazioni legali, si sia giocata la sua credibilità in questa storia è evidente anche tra chi la difende ad oltranza. Quello che resta da capire è perché, come facessero i Marra o comunque quell’area ereditata dal mondo dell’ex sindaco Alemanno, a tenere in scacco la sindaca.