Berlusconi-Alfano, faccia a faccia a Palazzo Grazioli: scissione Pdl, caccia al voto

di Veronica Nicosia
Pubblicato il 2 Ottobre 2013 - 01:04 OLTRE 6 MESI FA
Berlusconi e Alfano, faccia a faccia a Palazzo Grazioli: Pdl spaccato su fiducia

Angelino Alfano e Silvio Berlusconi (Foto LaPresse)

ROMA – “Voto di fiducia al governo Letta“, dice Angelino Alfano, segretario del Pdl, nel pomeriggio del 1° ottobre. “No, voto di sfiducia“, lancia il contrordine Silvio Berlusconi in serata. E alla mezzanotte (di fuoco) arriva per Berlusconi e Alfano il faccia a faccia a Palazzo Grazioli.

Un incontro di appena un quarto d’ora, che sancisce la scissione per due posizioni inconciliabili tra loro. Da una parte c’è il leader, che chiede dimissioni in massa e sfiducia per il governo Letta. Dall’altra il segretario del partito, ma anche vice premier, che sembra deciso a rimanere sulla sua posizione.

E in Senato scatta la caccia al voto, sopratutto tra i 40 senatori pronti a dire addio al Pdl e che vengono visti come “traditori”. “Scilipoti vigliacchi”, come li chiama Alessandro Sallusti, fedele a Silvio, nella dura lite con il pro-fiducia Fabrizio Cicchitto durante il programma televisivo Ballarò. A Berlusconi, a questo punto, non rimane che vendere cara la pelle cercando di ‘rosicchiare’ il “+40” sbandierato da quelli che ormai ritiene dei ‘traditori’ del Pdl.

Enrico Letta parte da una base di 137 voti (escluso quello del presidente del Senato che per tradizione non vota), e quindi ha bisogno di altri 24 voti per ottenere la fiducia toccando la fatidica ‘quota 161‘ necessaria a Palazzo Madama. Il governo può contare sul sì pieno di Pd, Scelta civica e delle autonomie. Poi, di quello di 5 senatori a vita (i 4 nominati di recente da Napolitano e Mario Monti, escludendo Carlo Azeglio Ciampi assente da tempo dai lavori dell’Aula).

In pista, a favore del governo, dovrebbero esserci anche i 4 ‘transfughi’ del Movimento 5 stelle (Mastrangelo, Gambaro, Anitori e De Pin). Al momento, con qualche dubbio, sembra confermato il no di Sel.

Con un bottino di 146 voti dati per scontati (137 più i 5 senatori a vita e i 4 ex M5s), i riflettori si concentrano sulla ‘spaccatura’ del Pdl. E qui i conti si fanno più complicati: dichiarazioni di voto individuali certe a favore del governo non ci sono. Anche se qualcuno, come Carlo Giovanardi, parla di 40 ‘pro-Letta’. Un dato che metterebbe in sicurezza il governo, con una ‘assicurazione’ per il futuro.

Gli ipotetici, perché non ancora dichiarati ufficialmente, 40 voti in più porterebbero a questo punto la compagine a quota ‘186’ a cui si dovrebbe aggiungere un drappello di senatori provenienti dal gruppo delle autonomie, vicino al Popolo della libertà. Un quadro roseo per il premier, ma nero per Berlusconi che però sembra non darsi per vinto, deciso a giocarsi tutte le carte per recuperare i possibili indecisi.

Tant’è che in tarda serata, in ambienti del ‘Pdl berlusconiano’, si è cominciato a fare qualche conto ridimensionando a quota 23, e forse anche più giù, il numero dei ‘transfughi’. Cosa che non cambierebbe le sorti del voto ma che potrebbe creare qualche problema politico al concetto di ‘fiducia piena’ chiesta dal presidente del Consiglio. Ma al momento si tratta solo di congetture, di sicuro stanotte sarà ‘caccia grossa’.