L’Australia laburista dice no ai clandestini

Pubblicato il 9 Agosto 2013 - 05:00 OLTRE 6 MESI FA
L'Australia laburista dice no ai clandestini

L’Australia laburista dice no ai clandestini. Nella foto il primo ministro Kevin Rudd

ROMA – L’Australia laburista dice no ai clandestini. Il primo ministro laburista Kevin Rudd è stato chiaro: nessun barcone di immigrati in cerca di asilo sarà accettato in un  porto australiano. A questo proposito ha firmato una convenzione con ne nazioni di Papua Nuova Guinea e Nauru in base alla quale i barconi saranno dirottati verso queste isole, in cambio di soldi e risorse per lo sviluppo. Il principio è semplice, spiega il ministro dell’Immigrazione Tony Burke che i trasferimenti decisi dalla Convenzione metteranno fine “al modello affaristico dei contrabbandieri di umanità che non avranno più un prodotto da vendere, no potranno più dire ai loro passeggeri che, se raggiungono le acque australiane, troveranno comunque una sistemazione in Australia”.

Una mossa elettorale. Spiazzati i conservatori, in testa nei sondaggi per le presidenziali indette proprio da Rudd per settembre. Protestano i verdi, che definiscono l’accordo una vergogna. Le elezioni sono state indette da Rudd il 5 agosto, un mese e mezzo dopo aver spodestato l’ex leader Julia Gillard, la prima donna a guidare il governo del Paese, ed essere tornato alla guida del partito laburista. Rudd, “licenziato” dal gruppo parlamentare laburista nel giugno 2012, ha generato un picco di consensi col suo ritorno. Ma l’opposizione conservatrice di Abbott resta favorita nei sondaggi, pur avendo perso terreno.

Rudd ha subito adottato un approccio “presidenziale” nella campagna, presentando le elezioni come un referendum fra lui e Abbott, ricordando di aver protetto il Paese dalla recessione con sane misure economiche durante la crisi finanziaria globale nel 2008 e dichiarando che la scelta per gli elettori è fra chi può ispirare più fiducia. E fra chi è meglio attrezzato nel gestire la transizione dalla fine del boom minerario, alimentato dalla Cina, verso la promozione di settori economici produttivi, con una gamma di misure vitali per la creazione di posti di lavoro e per il sostegno alle famiglie.