Usa. Guerra senza quartiere dei repubblicani contro il potere dei sindacati

Pubblicato il 4 Gennaio 2011 - 15:49 OLTRE 6 MESI FA

Il simbolo dell'AFL-CIO, la centrale sindacale americana

Negli Stati Uniti è cominciata la guerra ai sindacati. A scatenarla sono stati i repubblicani, che dopo aver stravinto a spese dei democratici le elezioni di medio termine dello scorso novembre, e di fronte a deficit di bilancio sempre più ampi e contribuenti recalcitranti, dal Maine all’Alabama, dall’Ohio all’Arizona sono impegnati a far approvare una serie di leggi per ridurre il potere delle labor unions – in particolare quelle degli statali – nella contrattazione collettiva e in politica.

Beninteso, non sono solo i repubblicani a sparare ad alzo zero contro i sindacati: anche funzionari statali democratici stanno lottando per tagliare stipendi e pensioni dei dipendenti pubblici, che regolarmente ingoiano significative percentuali dei bilanci statali. Un democratico che non ci ha pensato due volte prima di prendere di petto le unions è il neo-eletto governatore dello stato di New York Andrew Cuomo, che bloccherà per un anno gli stipendi degli impiegati municipali.

I più accaniti contro le unions restano però i repubblicani, che dove governano i singoli stati vogliono fare molto più di Cuomo, con il varo di cambiamenti strutturali che indebolirebbero il potere contrattuale e l’influenza politica dei sindacati, inclusi quelli che rappresentano il settore privato. Un esempio? I deputati repubblicani di Indiana, Missouri, Maine e sette altri stati presenteranno proposte di legge dirette a togliere alle unions del settore privato la facoltà di costringere gli iscritti a pagare quote di iscrizione, riducendo così il flusso di denaro verso le loro casse.

In Ohio, il nuovo governatore repubblicano vuole bandire gli scioperi degli insegnanti delle scuole pubbliche, come già hanno fatto altri stati. Ci sono anche gli estremisti, al pari del nuovo governatore del Wisconsin, che vorrebbe impedire ai dipendenti pubblici di formare sindacati e condurre contrattazioni.

Molte proposte anti-unions non diventeranno mai legge, scrive il New York Times, ma quelle che passeranno ridurranno l’influenza dei sindacati anche nelle campagne elettorali, con disastrose conseguenze sia per i repubblicani che per i democratici.

Alle elezioni di medio-termine i repubblicani hanno portato a casa sette nuovi governatorati ed hanno conquistato la maggioranza nei parlamenti di 26 stati (prima erano 14), inclusa la Camera dei Deputati di Washington. Questo tsunami ha posto i sindacati sulla difensiva come non lo erano mai stati da decenni.

I leader sindacali vedono questa offensiva repubblicana contro di loro come una vendetta, e probabilmente a ragione, considerato che le unions nelle disfide elettorali delle elezioni di medio-termine hanno speso 200 milioni di dollari nel tentativo di sconfiggere candidati repubblicani. ”Hanno vinto loro ed ora ci sparano addosso”, ha commentato Gerald McEntee, presidente dell’American Federation of State, County and Municipal Employee, che alle elezioni ha speso 90 milioni per aiutare i candidati democratici.

Una ”vendetta” ancor più temibile pende sui sindacati. In un documento interno l’AFL-CIO, la ”centrale” sindacale americana, ha avvertito i suoi che in 16 stati i deputati repubblicani cercheranno di privare le unions statali del diritto di usare le quote di iscrizione dei loro rappresentati per attività politiche senza il loro consenso, come accade attualmente.

”Alla lunga – ha dichiarato Charles Wilson, docente di legge all’università statale dell’Ohio – se queste misure priveranno i sindacati delle loro risorse finanziarie sarà come tagliargli le gambe. Saranno costretti a sparire”.