Monti-Pinocchio. Tagli dubbi tasse certe. Pisapia con la Lega in rivolta

Pubblicato il 29 Aprile 2012 - 12:01 OLTRE 6 MESI FA

Agriturismi, blitz del Fisco; tagliano su polizia e carceri; Imu, rivolta dei sindaci; Monti sempre più criticato; il fantasma della Magliana, buona domenica, tra sole e vento, pioggia e mare grosso, mentre il calcio, ai vertici, è ormai ingabbiato, come la prima pagina della Gazzetta dello Sport, tra Juventus e Milan e, ai piani bassi, il Genoa può solo sperare nel Parma, che gioca a Lecce, per evitare il derby in serie B con la Sampdoria, che peraltro ora sembra in preda a un delirio di speranza di scambiare il posto in serie A.

La vignetta di Giannelli sul Corriere della Sera interpreta un fumetto l’opinione crescente degli italiani: “L’impegno a tagliare il costo della politica favorisce la crescita” parla Mario Monti, il disegno di Giannelli è fedele alla fotografia, solo il naso è cinque volte lungo quello di Pinocchio.

C’è anche l’articolo di fondo di Ferruccio De Bortoli, direttore del Corriere: “Spesa pubblica, deficit e ipocrisie. I contribuenti da rispettare”. La conclusione: “Lo scandalo è tutto drammaticamente nella incapacità ipocrita e nella volontà apparente con cui si misura quella immensa discarica abusiva dei nostri difetti nazionali che è la spesa pubblica”.

Una scorsa ai titoli di prima pagina di oggi sembra dare ragione a Giannelli: “Iva, il piano di Monti. Tagli da 16,4 miliardi per evitare l’aumento” è il titolo di apertura del Messaggero: il tono è di chi prende le distanze, come “lo dice lui…”.

Con tutto il male che si può dire di Monti, bisogna avere presente che, oltre la tendenza al mito degli italiani (ricordiamoci l’imbarazzante adesione a quello di Berlusconi durata vent’anni, come a quello di Mussolini), c’è la realtà di una macchina dello Stato che affonda le sue radici in due stati assoluti e autoritari come il regno sabaudo e quello borbonico, abituata a cantarsela e suonarsela e a considerarci non dei cittadini ma, nel migliore dei casi, come dei fedeli sudditi e nel peggiore come tanti mariuoli.

Il risultato dell’incapacità dello Stato, a parte il caos dei pagamenti e dei rimborsi a babbo, o meglio imprenditore morto, è espresso, o meglio, per restare in tema, sepolto, nelle poche righe in fondo all’articolo di Roberto Petrini di Repubblica dedicato ai “tagli anti deficit”: “Molte delle misure delle tre manovre del 2011 che valgono 48,9 miliardi per quest’anno devono ancora essere applicate”.

Anche per questo appare poco credibile il titolo in prima pagina del Sole 24 Ore: “Spending review in due tappe. Entro l’estate arriveranno i primi tagli per 4 miliardi”.

C’è poi il titolo di apertura del Fatto che proietta, con un articolo di Stefano Feltri, una nuova ombra sul Governo Monti: “Nelle banche svizzere 50 miliardi che Monti non vuole. Il Governo continua a dire no all’accordo con Berna sui 150 miliardi di capitali evasi, che tassati potrebbero finanziare lo sviluppo. Germania, Gran Bretagna e Austria lo hanno già fatto. L’Europa dice sì e ora anche il Pdl apre”.

Maurizio Gasparri, presidente dei sinatori del Pdl, ha detto: “Non si può più aspettare. Bisogna trattare subito con Berna”. Scrive ancora il Fatto: “Invece che tartassare i cittadini, è possibile far pagare gli evasori che hanno patrimoni oltre frontiera. Pippo Covati (Pd) lancia l’operazione Guardie Svizzere: non bastano i blitz a Cortina”.

Certo, l’apparato investigativo e repressivo del Fisco è ingente. Scrive Repubblica che tra “finanzieri, 007 e geni del computer [sono] 46 mila i cacciatori anti-evasione”, ai quali, illustra il Sole 24 Ore, sono state date “più armi per combattere le frodi e facilitato l’accesso alle banche dati immobiliari”.

Tutto questo, peraltro, è sacrosanto, nella mitizzata America del liberalismo estremo il segreto bancario è stato abolito da decenni e questo, anche se non ha debellato del tutto né i grandi evasori (ci fu pochi anni fa lo scandalo di Rich, super evasore latitante e finanziatore del partito democratico di Bill Clinton), né i piccoli (come i medici) ha certamente ridotto i margini di manovra a chi le tasse non le vuole pagare.

Repubblica, il Sole 24 Ore e la Stampa sembrano comunque credere che qualcosa sarà fatto, oltre gli annunci per coglionarci, anche se la Stampa dedica un titolone a un topolino: “Questori e prefetti, ecco i tagli”, il tutto porta a 30 milioni di risparmi, certo meglio dei 10 annunciati la settimana scorsa dal Corriere della Sera e più di quanto uno di noi possa immaginare di guadagnare in una vita, ma per lo stato sono briciole.

Su Repubblica i milioni diventano 5 miliardi e i tagli di cui si parla non sono solo di questori e prefetti in esubero, anzi fanno più paura delle tasse: riguardano scuola, polizia, carceri e vigili del fuoco. Così mentre aumentano la benzina per dare i soldi alla Protezione Civile nonostante tutti gli scandali che l’hanno un po’ massacrata, tagliano i pompieri, dove c’è poco da fare la cresta e che poi alla fine sono gli unici che lavorano, come testimoniano le polemiche degli ultimi anni, Abruzzo incluso.

Per le carceri, spiega Repubblica in un sommarietto: “Nelle carceri più posti per i detenuti, ma si razionalizzerà la sorveglianza”. Sarà affidata all’autogoverno dei boss? Blindiamoci in casa, ma con regolare fattura e Iva assolta. Anche perché se si va in giro, una pattuglia può essere in agguato, come annunciano i giornali: “Blitz del Fisco negli agriturismi” promette Repubblica.

La stessa Repubblica ci informa anche che “tre negozi su dieci non rilasciano gli scontrini”. Se lo dice il Fisco, buona regola sarebbe controllare, se lo dice il giornale, i suoi redattori sono cattivi cittadini, perché basta chiedere lo scontrino e il negoziante te lo dà. Se poi lo scontrino è finto, dal punto di vista di chi di mestiere deve fare l’esattore è un crimine, dal punto di vista della microimpresa è una forma di difesa preventiva, se è vero quel che strilla Libero: a causa dei “mancati pagamenti, lo Stato fa fallire un’azienda su tre. L’amministrazione pubblica ci mette anche quattro anni a saldare i suoi debiti e i creditori sono costretti a chiudere”. Oppure, come titola in apertura il Giornale dei Berlusconi, trasferirsi all’estero, come annuncia, ma poi chissà se lo farà, Alfredo Moratti, titolare di Amica Chips: “Con l’imposta sui cibi considerati non sani dovrei pagare un euro per ogni chilo di prodotto. Piuttosto vendo tutto e me ne vado dall’Italia”. Di chili deve venderne tanti, per pagare, come dice lui, 75 mila euro al giorno, e in un chilo di patatine ce ne stanno tanti di sacchetti e c’è anche da scommettere che il prezzo dei sacchetti misteriosamente presto salirà. La notizia sembra piuttosto rappresentare un segnale del nuovo atteggiamento aggressivo di Berlusconi verso il Governo Monti: ha capito che la luna di miele degli italiani col Santo sta sbiadendo e è quasi maturo il tempo di sfruttare politicamente il mal di pancia.

E al mal di pancia danno voce anche a sinistra. La notizia è un po’ in sordina nella riga sopra il titolo di Repubblica (“Comuni contro Imu e Equitalia” e poi in un titolo a pie’ di pagina 2)”A Milano inedita alleanza. Asse Lega-Pisapia contro l’eccesso di tasse”. Ma che vergogna! La foto di Pisapia sembra scelta ad arte: ha una faccia così sorpresa, sembra tutto a sua insaputa).

Il Secolo XIX di Genova è l’unico giornale ad avere capito la portata del fatto che anche a sinistra si comuncia a mettere in discussione il dogma che pagare le tasse è bello, specialmente dopo aver visto cosa ne fanno dei tuoi soldi: “Contro l’Imu il muro dei sindaci. Asse tra Pisapia e i Comuni leghisti: Non siamo esattori per lo Stato”. Prevista una manifestazione a Venezia (dove in fatto di sghei sono peggio che a Genova) il 24 maggio, data storia caduta in desuetudine. Ma c’è di più: “Pisapia minaccia anche un ricorso alla Corte costituzionale”.

Per completare il quadro.

Ucciso a Roma Angelo Angelotti, un reduce della banda della Magliana, quello sospettato di avere accompagnato all’appuntamento col Killer Enrico “Renatino Dandy” De Pedis, della cui sepoltura si parla tanto in questi giorni. Bellissimo articolo di Giancarlo De cataldo, il magistrato che fece l’inchiesta e poi scrisse il libro e le sceneggiature di Romanzo Criminale, a parte le ultime righe che sembrano più un obolo pagato alla sinistra da salotto. Enrico Gregori: “Il gregario feroce della banda” sul Messaggero; Giovanni Bianconi: “Boss della Magliana ucciso in una rapina” e Fabrizio Peronaci: “Ascesa e fine del giuda che tradì De Pedis” sul Corriere della Sera. Per capire come è andata, Nino Cirillo sul Messaggero: “Viste le pistole, ho sparato”; Rinaldo Frignani sul Corriere della Sera: Assalto all’alba ai gioiellieri”; Alessia Meloni sulla Stampa: “Ex della banda della Magliana ucciso nell’assalto agli orefici. L’ultimo colpo di Arrigoni, il giuda che tradì il boss De Pedis”; Federica Angeli e Emilio Orlando su Repubblica: “Gioielliere spara e uccide ex boss della Magliana”. Affascinante la progressiva evoluzione del soggetto assaltante-sparante.

Repubblica: “Appello di Saviano” contro la “violenza sulle donne”. Si comincia a non poterne più di come Saviano strumentalizza notizie così tremende e contro cui i suoi appelli, come di chiunque altro, possono così poco.

Repubblica: “In viaggio su Italo, il treno della normalità”, di Michele Smargiassi.

Il Fatto: “Malpensa, altri soldi (nostri) per un fantasma”.

Stampa: “Shanghai, cercar moglie al mercato dei matrimoni. Viaggio nel parco del popolo, tra agenzie per anime gemelle, aspiranti mariti e madri ansiose”, di Ilaria Maria Sala: ecco perché i social network fanno paura, sfuggono al controllo sociale della carta.

Corriere della Sera: “Nella riforma elettorale ‘premietto’ del 5% per il partito vincitore.La bozza di legge in Parlamento a fine maggio”, di Paola Di Caro.

Corriere della Sera. Sergio Bocconi riporta la replica di Giovanni Perissinotto, amministratore delegato delle Generali, alle accuse di Leonardo Del Vecchio. Del Vecchio aveva accusato il management delle Generali di aver voluto percorrere la strada della finanza, tradendo la vocazione di assicuratori. Perissinotto ha replicato, nell’assemblea tenutasi ieri, che “un assicuratore deve investire”. C’è anche un lungo articolo di Massimo Mucchetti: “Padroni e grandi manager nel capitalismo di Del Vecchio”. L’intervista di ieri di Del Vecchio al Corriere della Sera non toccava solo le Generali: c’erano anche “frecciate a Diego Della Valle e un giudizio rivisto sulla Pirelli di Tronchetti Provera”: Della Valle parla ma non mette soldi; Tronchetti lo detesto ma quando è uscito da Telecom e si è concentrato nel suo mestiere di cavi ha fatto bene.

Giornale. Nicola Porro fa un ritratto dei “quattro dell’Ave Maria che fanno saltare il banco”, mettendo assieme Leonardo Del Vecchio, Giuseppe Rotelli, Diego Della Valle e Francesco Gaetano Caltagirone. Avrebbe potuto fare u po’ meglio..