L’odissea di 52 genitori italiani in Congo per adottare, Oriana Liso per Repubblica

di Redazione Blitz
Pubblicato il 9 Dicembre 2013 - 11:34| Aggiornato il 10 Dicembre 2013 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – 26 coppie italiane, dallo scorso 13 novembre, non possono lasciare il Congo, o almeno “non possono farlo portando con loro in Italia i 32 bambini che legalmente hanno adottato, che hanno aspettato a lungo — anche per cinque, sei anni — dopo le lunghissime procedure che regolano le adozioni internazionali”.

L’articolo di Oriana Liso per Repubblica:

È un caso, quello delle 26 coppie italiane bloccate in Congo,che sta mettendo a dura prova le relazioni diplomatiche del nostro governo, che non riesce ad uscire dallo stallo nelle trattative con il governo congolese, e che chiama in causa anche gli enti che si occupano di adozioni in quello che i protagonisti di questa storia chiamano «beffa» e per cui si sentono «abbandonati, traditi dalle istituzioni», nonostante il ministro degli Esteri Emma Bonino assicuri la «prioritaria attenzione» con cui segue la vicenda.
Racconta Guido, medico pugliese residente a Firenze: «Dopo aver avuto tutti i via libera per l’adozione, eravamo pronti a partire il 7 ottobre. Ma il 25 settembre è arrivata la comunicazione di un blocco delle uscite di minori deciso dalla direzione generale dell’immigrazione congolese, la Dgm, per un anno». Motivo: l’irregolarità nelle procedure per le adozioni di alcuni Paesi, ma tra questi non c’è l’Italia. A quel punto gli enti italiani che lavorano in Congo (i Cinque pani, Naa, Nova, AiBi, e altri) hanno ottenuto che la Dgm stilasse una lista di coppie che avevano ultimato l’iter entro il 25 settembre.
Lo stesso ministro per l’Integrazione CécileKyenge, durante una visita ufficiale a Kinshasa il 4 novembre, avrebbe avuto dalle autorità congolesi rassicurazioni sufficienti.
È pochi giorni dopo l’arrivo nell’orfanotrofio che per le 26 coppie è iniziato il dramma. «Il 18 abbiamo consegnato passaportie dossier di adozione alla Dgm, sapendo che i tempi di attesa medi per i visti sono tre settimane. Il giorno dopo ci è stato comunicato che la Dgm ha bloccato i visti di uscita per i bambini. Della lista con i nostri nomi non c’è più traccia, sembra che gli accordi con laCai, la Commissione per le adozioni internazionali, e con il ministro Kyenge siano stati solo verbali », è l’annuncio che getta nella disperazione le famiglie. Che, per questo viaggio della speranza, hanno fatto molti sacrifici: c’è chi ha portato con sé figli naturali, chili ha lasciati in Italia e non sa quando potrà rivederli, chi non sa più se ritroverà il lavoro, una volta tornato. «Io ed Elena ci occupiamo, per quanto possibile in questo posto, di fare medicazioni e terapie: nell’orfanotrofio ci sono bambini con la malaria, e a breve scadrà il periodo di copertura delle nostre vaccinazioni, il rischio infettivo è enorme viste le condizioni igieniche. Dormiamo in tanti in uno stanzone, c’è la luce ma non l’acqua corrente, ci laviamo con l’acqua piovana. Siamo delusi, amareggiati, senza prospettive in una situazione pesantissima dal punto di vista fisico, psichico, economico», è il racconto, stanco, di Guido.
Dopo il silenzio seguito alle loro mail alla Cai, al ministro Kyenge, alla Farnesina, forse qualcosa si muove. Il ministero degli Esteri, che parla di «cavillo burocratico », fa sapere di aver «attivato tutti i possibili canali di comunicazione con le autorità locali, finora senza riscontro», ma di non arrendersi. I parlamentari Pd oggi vedranno il console congolese e le associazioni coinvolte. Conclude Guido: «Intervenga Napolitano, aiutateci. Siamo venuti qui per coronare il nostro sogno di avere una famiglia. È una colpa?».