Contro istigazione all’odio e pornografia, la task force dei poliziotti di Facebook

Pubblicato il 15 Dicembre 2010 - 18:18 OLTRE 6 MESI FA

Sono gli angeli custodi di Facebbok, vegliano perché gli utenti siano protetti da spam, phishing o profili falsi. Sono i deucento poliziotti del social network più famoso del mondo, con i suoi 500 milioni di utenti e oltre un miliardo di contenuti scambiati ogni giorno.

A raccontare alla squadra di vigilanti della rete è Rosalba Castelletti su Repubblica. Come ogni “forza di polizia interna” che si rispetti, racconta Castelletti, anche quella di Facebook è suddivisa in vari reparti. C’è una divisione chiamata “Integrità del sito” che cerca di difendere il network dallo spamming (l’invio di grandi quantità di messaggi indesiderati, perlopiù pubblicitari) o dal phishing (il furto delle informazioni personali degli utenti). Un’altra, “Operazioni dell’utente”, tra le altre cose difende la “policy del nome vero” del network stilando una “lista nera” di appellativi vietati, come Batman o Mario Bros, e disattivando il profilo di quanti si nascondono dietro un alias. Sorte, ad esempio, toccata due anni fa all’account dell’attrice Lindsay Lohan che per difendere la propria privacy usava un nome fittizio.

C’è poi la sezione “Odio e vessazioni”, che si occupa di rimuovere ogni contenuto considerato dagli utenti pornografico, molesto e d’incitamento all’odio. E in questa parte del lavoro, è importante anche la funzione degli stessi utenti, che segnalano i contentui sgraditi attraverso il link “segnala un abuso”.

Il problema è che nella loro azione i poliziotti di facebook devono stare attenti a non intaccare la libertà di espressione del sito. Quest’anno, per esempio, pur seguendo la linea che prevede di cancellare ogni commento anti-islamico, la società si è rifiutata di eliminare la pagina dedicata all’evento “Everybody draw Muhammad day”, un concorso di caricature sul profeta Maometto promosso in risposta alle minacce di morte ricevute da due vignettisti. Il costo è stato vedere il sito oscurato in Bangladesh e Pakistan. Ma, come sottolinea Jeffrey Rosen, professore di Legge presso la George Washington University ed esperto di libertà di pensiero su Internet, “Facebook ha più potere di ogni Corte suprema, ogni re o Presidente nel determinare chi può parlare e chi può essere ascoltato nel mondo”. Perciò, prosegue, “è importante che continui a esercitare questo potere con cautela e proteggendo la libertà di pensiero più che il contrario”.

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