Lavoratori Rai a braccia conserte: niente Tg e dirette contro sprechi e tagli. In mille davanti a viale Mazzini

Pubblicato il 10 Dicembre 2010 - 13:01 OLTRE 6 MESI FA

La Rai si ferma, i lavoratori restano a braccia conserte contro tagli e sprechi dell’azienda. Non ci saranno tg e nemmeno dirette della tv pubblica per protesta contro il piano del Consiglio di amministrazione dell’azienda.

Cinque sindacati su sei, manca la Cisl, hanno deciso di rispondere picche contro la manovra del direttore generale Mauro Masi per evitare crisi e fallimento entro il 2012 e un debito complessivo che potrebbe raggiungere un profondo rosso pari a 650 milioni di euro.

I numeri non sono incoraggianti: nel 2009 viale Mazzini ha chiuso il bilancio con circa 130 milioni di perdite. I sindacati dicono che “colpire i precari non salverà l’azienda” dove i ricavi non crescono dal 2004 e la pubblicità scende di meno 230 milioni rispetto a dieci anni fa.

Eppure qualche strumento per la salvezza ci sarebbe: ovvero, come ricorda il Fatto quotidiano, un contributo del governo per equilibrare il rosso del contratto di servizio e ancora la convenzione tra viale Mazzini e ministero dello Sviluppo e il recupero del canone evaso da 6 milioni di famiglie e 420 mila esercizi commerciali e uffici per un totale di 700 milioni di euro l’anno.

La nostra tv di Stato ha fatto tanti sprechi, tante spese consentite, come quelle del direttore del Tg1 Augusto Minzolini, che avrebbe speso solo di rappresentanza circa 86 mila e 680 euro.

Il consigliere in quota Pd Nino Rizzo Nervo ha commentato: “Bisogna avere un grande rispetto per i lavoratori della Rai che oggi hanno deciso di scioperare e che hanno organizzato una civile manifestazione sotto viale Mazzini. Adesso pero’ e’ necessario che il dialogo riprenda. Sono, infatti, convinto che il piano industriale non sia stato spiegato bene a chi ogni giorno con il suo lavoro contribuisce al successo della Rai”.

”Il servizio pubblico attraversa un momento molto difficile – spiega Rizzo Nervo in una nota – che puo’ essere superato soltanto con il concorso di tutti. Il piano non prevede affatto il ridimensionamento dell’azienda, anzi mette al centro il prodotto che e’ il vero core business e crea le condizioni per il risanamento attraverso l’aumento delle produzioni interne e non la cessione all’esterno dei contenuti del servizio pubblico. Per questo ritengo che il tavolo del confronto deve restare aperto ma l’azienda deve finalmente illustrare con chiarezza la situazione e i contenuti del piano industriale. Ma alla Rai bisogna chiedere di avere le carte in regola: non si possono chiedere sacrifici se prima non vengono eliminati gli sprechi, i privilegi di pochi e le scelte contrarie agli interessi aziendali”.

”Se la Rai avesse ancora un gruppo dirigente oggi dovrebbe ringraziare i dipendenti che hanno scioperato perche’ credono ancora nel servizio pubblico e non vogliono assistere passivamente alla sua liquidazione industriale, culturale, editoriale”: è l’opinione di Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo 21. ”La loro – afferma Giulietti in una nota – non e’ una manifestazione di parte, ma la protesta di chi ancora crede che l’interesse generale venga prima del conflitto di interessi”.

MILLE IN VIALE MAZZINI Piu’ di un migliaio di persone  hanno manifestato davanti alla sede della Rai di Viale Mazzini.  Secondo la Slc Cgil circa novecento persone sono giunte dalla sede di Roma, e altre seicento dalle altre sedi. Gli organizzatori hanno reso noto che tutte le produzioni sono state bloccate, a partire da Unomattina e dagli approfondimenti dei primi Tg della giornata. L’adesione sarebbe intorno al 70-80% ma ,secondo i sindacati, occorre attendere la conclusione dello sciopero per un quadro piu’ preciso. Nel corso del raduno, colorato da striscioni e dai palloncini con la scritta ‘la Rai siamo noi’, diversi esponenti sindacali hanno esposto le loro ragioni dal palco. Tra i punti principali il tema dell’occupazione, in particolare in relazione ai duemila precari dell’azienda pubblica, il mantenimento del perimetro aziendale e la difesa di Rai Way.