Carandini (Beni Culturali) denuncia: “Abbiamo ingannato i giovani”

Pubblicato il 24 Gennaio 2011 - 10:41 OLTRE 6 MESI FA

Andrea Carandini, titolare della cattedra di Archeologia classica all’Università La Sapienza di Roma, ha scoperto le mura dell’ VIII secolo a.C. scavando sulle pendici settentrionali del colle Palatino, a Roma, e ha ricostruito le prime fasi della vita della città confermando il racconto tradizionale sulla fondazione e le vicende dell’età regia.

Le sue parole sono un pianto disperato, anche se l’avvio dell’articolo è forse un po’ troppo snob: “Un tempo la cultura era una religione laica, imprescindibile. Visitando a Roma il Giardino del Lago, col bel tempietto dedicato (in lettere greche) ad Asclepio Salvatore, nessuno si sarebbe domandato: chi era costui?”. Nessuno, naturalmente intendendo quei pochi privilegiati che al tempo vivevano nei quartieri borghesi di Roma e potevano passeggiare a Villa Borghese, mentre gli antenati degli “asini” contemporanei, tranne limitate eccezioni di esemplari rintracciabili tra operai e artigiani che credevano nella redenzione attraverso la cultura, si spaccavano la schiena nei campi, magari proprio a bonificare Torrimpietra agli ordini del padre del professore.

Carandini ha invece ragione da vendere quando sostiene che si è passati dalla convinzione, per pochi, “che leggere, riassumere e studiare il latino fossero esercizi essenziali per la cura della mente, come era necessaria la cura del corpo” al fatto che ormai il corpo ha preso un sopravvento, in modo del tutto sproporzionato” e questo è un fatto diffuso e ossessivo per tutte le categorie sociali.

Un dato di cui Carandini non tiene conto, come in genere non ne tiene conto chi paragona i nostri giorni a un qualunque passato, è che sono radicalmente cambiati i termini del problema e che si tratta di un cambiamento che non ha visto uguali nel passato, se non ai tempi della antica Roma, quando tutti i cittadini godevano di un benessere diffuso concentrato nella formula “panem et circenses”, anche se nel paniere del pane oggi ci sono automobili telefonini Sharm-el-Sheik e settimane bianche e ai circensenses non provvede più Nerone ma Berlusconi con le sue tv.

Nell’articolo c’è un passaggio quasi sublime, dove se la prende con “le ragazze mediterranee” di oggi, che  “arrivano a ridurre i fianchi prosperosi come quelli di silfidi nordiche denutrite, magari indebitandosi”. Eppure, constata amaramente Carandini e non si può che consentire, “il corpo è quel che è, lo si può allenare e imbellire, ma il dato naturale finisce per prevalere, e l’avvenenza non dura mai abbastanza. Il cervello non è così, non è un dato: lo fabbrichiamo giorno per giorno— anche da vecchi— studiando, riflettendo, elaborando idee, se abbiamo gli strumenti per farlo. La mente può rimanere un misero e triste cespuglietto, oppure può diventare un leccio grandiosissimo, come quello dietro al tempietto del dio della salute al Giardino del Lago”.

Invece, “quanti in Italia leggono un libro all’anno? Naturalmente curare il corpo rende più nell’immediato, dà soddisfazioni apparenti. La mente invece se ne sta celata nella sua scatola, nonostante sia la realtà più complessa che conosciamo nell’universo. Ma è il cervello a determinare alla lunga la riuscita sostanziale di una vita, una felicità raggiungibile e serena, spoglia di droghe. Il prevalere di stereotipi mentali, recepiti e potenziati a specchio dai media, è quanto di più nocivo possa esserci per lo sviluppo della mente”.