“Gli italiani che sbagliano e poi fanno le vittime”. Ritratto di un Paese. Beppe Severgnini sul Corriere della Sera

Pubblicato il 21 Aprile 2009 - 13:19 OLTRE 6 MESI FA

Un paese che inizia a barare dall’età scolare, quando copia intere tesine da internet. Che poi diventano tesi, sempre copiate, all’università. Poi si cresce, si guadagna, e si evadono le tasse. Si apre un’impresa, si vincono gli appalti e si ricorre al lavoro nero. Si gonfiano le ore lavorate e si trucca sui materiali.

Di qui alla costruzione di palazzi in cemento “disarmato” il passo è breve, il prezzo da pagare è altissimo e le lacrime posteriori e postume sono inutili. Questi sono gli italiani descritti da Beppe Severgnini sul Corriere della Sera in un pezzo che Blitzquotidiano vi segnala come articolo del giorno.

Oggi parliamo di plagio accademico, cori contro Balotelli, professionisti ingordi e cemento (male) armato. I fili italiani sono sottili e tenaci: trovarli è possibile, tagliarli troppo faticoso. Cominciano dalle università. A differenza di quelle inglesi o francesi, sono sprovviste di software di rilevamento del plagio. Secondo la società Six Degrés, che ha condotto una ricerca su 2.000 atenei e istituti, il 50% delle tesi contengono più del 5% di similitudini da Internet. Traduzione: metà degli studenti copia. Alle superiori, l’84% delle tesine dell’ultimo anno sono del tutto o in parte copiate. Voi direte: segreto di Pulcinella.

D’accordo: ma il plagio è vietato, talvolta è reato. In molti Paesi, Usa in testa, l’azione è giudicata grave e disonorevole. Uno studente sorpreso a copiare è punito severamente, talvolta espulso. Forse perché al liceo ho peccato, non mi sento d’essere troppo severo. Ai tempi, però, si trattava di una soffiata o una sbirciata. Oggi si copia su scala industriale. Perché fare una ricerca se si può fare copia-incolla da Wikipedia? Alla stessa conclusione, devo dire, arrivano anche valenti colleghi – e sedici anni non li hanno più da un pezzo. […]