Scirea, inferno sul muro a Firenze 30 anni dopo. Con Dante dura da 700. Rimedio: qualche frustata forse…

di Sergio Carli
Pubblicato il 2 Dicembre 2018 - 12:11| Aggiornato il 3 Dicembre 2018 OLTRE 6 MESI FA
Scirea all'inferno sul muro a Firenze? Cominciarono con Dante. Rimedio: qualche frustata forse... (foto da Twitter)

Scirea all’inferno sul muro a Firenze? Cominciarono con Dante. Rimedio: qualche frustata forse…

Scirea condannato all’inferno da anonimi writers a Firenze vi sorprende e scandalizza? Quei poveri tifosi juventini morti nello stadio belga oltraggiati fanno scattare la vostra indignazione? Leggetevi un po’ di storia e non vi stupirete più. La storia di Firenze è intessuta di colpi di Stato, assassinii in chiesa (Giuliano de’ Medici), frati bruciati vivi (Savonarola), illustri cittadini esiliati (Dante Alighieri). Sono macchie scure sull’anima di una delle città più belle del mondo, dove è nata la sublime letteratura italiana (Stil Novo e Divina Commedia), che percolano fino ai nostri giorni. Dante è sepolto a Ravenna, perché a Firenze non ce lo hanno mai voluto (se è per questo anche i livornesi non scherzano: l’olimpionico di scherma Nedo Nadi è sepolto a Portofino, perché a Livorno non ce lo vogliono nemmeno da morto: era fascista). Ancora nel 2008, 7 secoli dopo la morte di Dante (1321) a Firenze hanno impiombato una proposta di riconciliazione (purtroppo sempre con grande distinzione dei più scemi della pseudo sinistra), con la revoca della condanna all’esilio, riflessa in questi versi, doloroso canto di ogni migrante:

“Tu lascerai ogne cosa diletta
più caramente; e questo è quello strale
che l’arco de lo essilio pria saetta. 

Tu proverai sì come sa di sale
lo pane altrui, e come è duro calle
lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale”.

Oggi, con internet a getto continuo e con la cassa di risonanza dei social network, quello che una volta era un cicaleccio di comari al mercato o bisbiglìo nei corridoi dei palazzi signorili diventa un fatto di portata nazionale. Uno scemo che scrive su un muro di Firenze “brucia all’inferno” all’indirizzo di Gaetano Scirea, morto quasi 30 anni fa nel rogo della sua auto, non può essere un caso nazionale. C’è una percentuale di persone, di tutte le etnie, a tutte le latitudini, che hanno il marcio nell’anima. L’anonimato garantito da Facebook è un moltiplicatore di insulti. A volte scrivi una cosa che non piace e ti coprono di insulti, nel solco del miglior Beppe Grillo e del suo allievo Di Battista. Spesso ti accorgi che non sono nemmeno arrivai in fondo all’articolo, hanno letto le prime righe e via con le parolacce. Danno il meglio in questo senso le tifoserie di tutto il mondo. Non è monopolio di Firenze. Basta seguire un po’ la cronaca nera sportiva. In questo campo i tifosi della Juventus brillano per una ricca tradizione di insulti e offese agli avversari. Dal caso recente ex Buffon al recentissimo Mourinho, non hanno proprio nulla da imparare da quelli della Fiorentina.

Ormai però abbiamo l’indignazione facile, siamo indignati in spe, servizio permanente effettivo. E così il gesto di uno scemo diventa anatema di una città, dramma di una nazione.

Poi passa un giorno e tutto finisce nell’oblio, diritto peraltro sancito dalla Corte europea e abbastanza abusato nelle richieste di truffatori e tangentari.

Per questo serve a poco anche la proposta di Massimiliano Allegri, allenatore della Juventus, la squadra che fu di Scirea, di arrestare quella gentaccia. Un giorno, massimo due, e quelli sono di nuovo fuori. Che gli fa uno giorno di carcere, un daspo, un foglio di via? Troveranno sempre qualcuno che li difende, li assolve, li protegge.

Duole scrivere le parole che seguono, ma se ci pensate, la soluzione amara, incivile, feroce, tribale, ditene quel che volete, ma  che qui ripropongo, è quella che permise al padre di Singapore moderna Lee Kwan Yew di mettere in riga i suoi concittadini cinesi e malesi. Là se butti una sigaretta per terra o sputi una gomma sono quattro colpi di canna sul fondoschiena. Se scrivi sui muri…be’, fissate voi il numero dei colpi.