Incidente diplomatico sul turbante, l’India rimbrotta l’Italia

Pubblicato il 25 Marzo 2011 - 10:47 OLTRE 6 MESI FA

Un indiano con il turbante

NEW DELHI – Per un Sikh ”il turbante rappresenta l’impegno a onorare una missione che ci è stata data dai nostri Guru e cioè quella di resistere all’oppressione dei tiranni. Il turbante è quindi una parte fondamentale della nostra esistenza”. Così l’onorevole della Camera indiana, la signora Harsimrat Kaur Badal, ha descritto il significato del prezioso e inseparabile copricapo dei Sikh formato da un lembo di stoffa lungo circa 8 metri e avvolto con una tecnica particolare intorno al capo. La parlamentare, appartenente al partito regionale Shiromani Akali Dal (Sad) ha guidato una delegazione di legislatori che ieri a New Delhi ha incontrato l’ambasciatore italiano Giacomo Sanfelice di Monteforte per consegnargli un memorandum sulla vicenda dell’allenatore di golf Amritinder Singh.

Lo sportivo è stato obbligato a sfilarsi il turbante dagli agenti di sicurezza di Malpensa, una prima volta la scorsa settimana al suo arrivo in Italia e poi di nuovo, martedì scorso, alla partenza. Un portavoce della Sea, la società che gestisce lo scalo milanese che di recente è collegato con un volo diretto da New Delhi, ha detto che si è trattato di un controllo di sicurezza, ma per Singh è stata una ”vessazione”. Il rappresentante della Farnesina in India, convocato per due volte al ministero degli Esteri, ha presentato le sue scuse e ha promesso un’inchiesta sull’incidente, che ha avuto ampio risalto sulla stampa locale e anche in Parlamento.

”Secondo le nostre leggende – spiega Kaur all’Ansa – quando i Sikh vivevano sotto il regime degli invasori, di fronte alle minacce rispondevano con una frase che oggi è diventata un simbolo dell’orgoglio e della fierezza dei Sikh. Davanti agli oppressori che volevano convertirli, dicevano: ”Puoi tagliarmi la testa, ma non puoi levarmi il turbante”. Con questo spirito ”molti hanno sacrificato la vita per proteggere la loro identità e la loro fede”.

Non sorprende quindi che l’incidente occorso all’allenatore costretto a mettere il turbante nel vassoio dove si mettono le scarpe e altri oggetti di uso personale per sottoporlo allo screening di routine, abbia sollevato un coro di proteste indignate non solo da parte dei Sikh, ma anche del governo indiano che, tra l’altro, e’ guidato da un primo ministro della stessa fede, l’economista Manmohan Singh. ”A differenza degli altri copricapo, il turbante è un elemento inestricabile dell’identità dei Sikh ed è obbligatoriamente indossato per coprire i capelli che non vanno mai tagliati ” ha concluso.