In Russia il coccodrillo uccide: la droga cucinata in casa che squarcia la pelle

Pubblicato il 17 Agosto 2012 - 09:59 OLTRE 6 MESI FA

MOSCA – Una droga tre volte più potente dell’eroina ma dieci volte meno cara. Bastano due iniezioni e poi si diventa dipendenti. E’ il “coccodrillo” o desmorfina, killer dei russi.

Una droga fai da te: basta  un po’ di codeina, presente in molti farmaci da banco contro il mal di testa, benzina, olio detersivo industriale e iodio, tutti ingredienti che si trovano spesso in casa. Per le pastiglie a base di codeina normalmente bastano due euro.

Si chiama coccodrillo proprio per gli effetti devastanti che produce sul corpo: squarci sulla pelle come scaglie di coccodrillo. Se l’aspettativa di vita di un dipendente dall’eroina va dai 5 ai 7 anni, quella di chi dipendente dal coccodrillo va da uno a tre anni. Questa droga distrugge prima tutti gli organi interni, poi il cervello. Solo l’1 per cento dei dipendenti dal krokodil riesce a smettere, restando in ogni caso con gravi danni al cervello e alle capacità motorie.

Il krokodil è ormai un problema talmente grave che il governo russo ha dovuto prenderne atto e fare qualcosa. Ha approvato una legge che impone l’obbligo di ricetta medica per i farmaci a base di codeina, e chiede la chiusura dei siti web che spiegano come si fa il krokodil.

Ma le piccole farmacie dei paesi continuano a vendere (illegalmente) i farmaci con codeina senza ricetta.

In Russia ci sono circa 5 milioni di consumatori di droga, aumentati del 60% rispetto al 2000. Eppure non esistono programmi statali di prevenzione e riabilitazione. Per questo sono sorte molte comunità di gruppi religiosi spesso ai limiti della setta. In uno di questi, la “Città senza droghe” di Ekaterinburg, sugli Urali, i tossicodipendenti vengono legati ai letti e nutriti per lo più a pane e acqua, e spesso anche malmenati.

E anche la disintossicazione è peggiore per i dipendenti da krokodil: se per l’eroina dura fino a dieci giorni, nel caso del coccodrillo dura anche un mese. Un dolore spesso insopportabile, tanto che i medici che curano questi tossicodipendenti devono iniettare tranquillanti perché i pazienti non svengano dal dolore.