Manovra: miliardi in parata. Come i “carri di Mussolini”

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 25 Agosto 2011 - 15:24 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – I mezzi e i pezzi della Grande Manovra cominciano ad avere una sinistra assonanza con i carri armati di Mussolini: sono sempre gli stessi che tornano a mostrarsi ad ogni giro di parata e così sembrano tanti. Facendo più scena che numero. E’ quel che succede ai miliardi della manovra, anzi delle manovre perché sono due. Una del 6 di luglio e l’altra del 13 agosto che si sommano, confondono, sovrappongono. La somma darebbe questo totale: 2,1 miliardi nel 2011, circa 24 miliardi nel 2012, 50 miliardi nel 2013, 55 miliardi nel 2014. Ma la somma è al momento virtuale visto che la prima manovra è un decreto approvato mentre la seconda è un decreto che è ancora un cantiere e bacino di montaggio-smontaggio. A suo tempo il premier Silvio Berlusconi disse che erano tutti o quasi risparmi di spesa, infatti il 60 per cento dei miliardi attesi e fatti sfilare sono nuove entrate fiscali. Sessanta per cento che può diventare 75 per cento se Regioni e Comuni scaricheranno sui contribuenti i tagli subiti. Possono farlo: le Regioni possono aumentare le addizionali Irpef dello 0,5 per cento nel 2012 e 2013 e dell1,1 per cento nel 2014 e del 2,1 per cento nel 2015. Sbloccate le addizionali per i Comuni che oggi le impongono sotto quota 0,4 per cento. Una bella sommetta, pari appunto al 15 per cento delle Grandi Manovre.

I tagli di spesa, se Regioni e Comuni non scaricano sui contribuenti, sono al momento e in teoria il 40 per cento delle Grandi Manovre. Sei miliardi in meno di spesa nel 2012 e altri 3,2 miliardi nel 2013 per gli Enti Locali. Sette miliardi in meno di spesa nel 2012 e altri sei in meno nel 2013 e altri cinque in meno nel 2014 per i Ministeri.  Ma, se le tasse nuove sono più o meno sicure, con i tagli di spesa comincia la sfilata, anzi il girotondo dei “carri armati di Mussolini”. Quali Ministeri dovranno tagliare, cosa dovranno tagliare, con quali criteri? Non è scritto, non si sa, appartiene al capitolo del “Poi vediamo”. Il decreto rinvia a un “decreto del presidente del Consiglio da emanare entro il 25 settembre”. Quindi finora tagli scritti sulla carta, anzi nemmeno scritti, solo accennati. Non solo, il decreto prevede che il taglio di spesa ai Ministeri possa avere uno “sconto” utilizzando la metà delle maggiori entrate stimate con l’estensione della Robin Hood Tax” altrimenti detta addizionale Ires. Entrate stimate a 1,8 miliardi. Ma entrate sovrastimate come hanno segnalato gli uffici tecnici del Senato, sovrastimate  perché Terna e Snam Retegas valgono in Borsa meno di quanto valevano alla stesura del decreto. Quindi non si sa chi e come dovrà tagliare, si sovrastima un nuovo gettito ma, anche se un po’ di cartone e con poca benzina nel serbatoio, i “carri di Mussolini” girano.

Altro “carro” che gira almeno tre volte e che è uno ma fa finta di essere tre è l’aumento dell’Iva. Se entro il 30 settembre 2012 non sarà ridotta la spesa assistenziale (delega assistenziale al governo, cioè le pensioni ai finti invalidi, le indennità di accompagnamento pagate indipendentemente dal reddito, le pensioni di reversibilità concesse con larghezza) di almeno 4 miliardi nel 2012, 16 nel 2013 e 20 nel 2014, allora scatta automaticamente la clausola per cui tutti questi miliardi si trovano tagliando del 5 per cento nel 2012 e del 20 per cento nel 2013 le deduzioni e agevolazioni fiscali (sui mutui prima casa, sulle ristrutturazioni delle case, sugli asili nido…ce ne soni in giro 460 per più di 150 miliardi). Ma siccome il governo sa che recuperare tutto quei miliardi dall’assistenza oppure da nuove tasse può scatenare una rivoluzione, nella maggioranza di governo prima ancora che nel paese, c’è una sotto clausola. Se non ce la si fa, si aumenta l’Iva: un punto vale cinque miliardi. E’ la stessa Iva, lo stesso punto percentuale, gli stessi cinque miliardi che girano una prima volta per cancellare e sostituire il contributo di solidarietà, una seconda volta per ammorbidire i tagli di spesa agli Enti Locali e una terza volta per rimpiazzare i tagli all’assistenza o alle agevolazioni e deduzioni fiscali.

Sono carri leggeri se non di cartone quelli che vengono fatti girare in parata, forse sperando che mercati ed Europa si impressionino. Ma, anche se la “parata” funzionasse nel far scena, sono mezzi e pezzi di un esercito antiquato. Per vincere, anzi solo per combattere sul serio la guerra del debito e della crescita economica ci vorrebbe “l’aviazione”. Aviazione che il governo nemmeno schiera. Aviazione è niente interventi temporanei e una tantum. Aviazione è rallentare la spesa previdenziale (Bossi non vuole, sindacati nemmeno). Aviazione è eliminare la spesa continua nel tempo di enti inutili (ma nessun Ente in Italia accetta di esser considerato inutile). Aviazione è non tagliare il 5 o il 20 per cento a tutte le detrazioni o agevolazioni fiscali ma tagliare il cento per cento ad alcune e incrementarne altre (ma qui si oppone l’abitudine della politica tutta a scambiare agevolazioni e detrazioni in cambio di consenso e voti). Aviazione è tassare i consumi e non il reddito (ma qui si oppone Confcommercio e perfino Marchionne). Aviazione è tassare stabilmente i patrimoni immobiliari, ma qui si oppone l’Italia tutta, figurarsi il governo che ha vinto le elezioni abolendo l’Ici, anche se poi l’ha fatta ripagare ai proprietari di prima casa sotto forma di addizionali locali. Aviazione è quell’Arma che sa che con una crescita dell’un per cento del Pil, con una inflazione del due per cento e con tassi di interessi del 6 per cento da pagare sul debito pubblico ci vorrebbe un avanzo primario del 3 per cento annuo solo per non veder crescere il 120 per cento di debito sul Pil.

L’aviazione non c’è, non vola e forte è il sospetto che sotto l’hangar negli aeroporti ci sia nulla. Sfilano i “carri di Mussolini” e al quarto giro, non a caso salutato da Angelino Alfano con il motto “La manovra non è il Vangelo”, diventa concreta la paradossale domanda: la manovra c’è davvero o ci sono solo le Grandi Manovre?