Soci introvabili, slot machine fantasma: la giungla del gioco d’azzardo in Italia

Pubblicato il 9 Maggio 2011 - 12:29 OLTRE 6 MESI FA

L’AQUILA – I terremotati dell’Aquila aspettavano 500 milioni di euro che dovevano arrivare dagli introiti dei giochi controllati dallo Stato: ma, come ha denunciato la trasmissione di Rai Tre Report e come ha riportato Sergio Rizzo sul Corriere della Sera, quei soldi non sono mai arrivati a destinazione. Partendo da qui, Rizzo analizza un aspetto ancora più interessante: l’intricata “ragnatela di soci” che si cela dietro le concessionarie del gioco d’azzardo.

Il discorso di Rizzo si fa interessante quando comincia a parlare del fenomeno delle slot machine: “Illegale fino a qualche anno fa, nel 2004 il ministero dell’Economia decise di legalizzarlo con l’obiettivo dichiarato di toglierlo dalle grinfie della criminalità organizzata facendolo diventare al tempo stesso una nuova opportunità di incassi per lo Stato. Venne stipulata una convenzione (all’epoca i Monopoli di Stato erano guidati da Giorgio Tino) con 10 società concessionarie, che si ritrovarono così investite automaticamente anche del ruolo di esattori. E qui comincia una vicenda singolare. Intanto per l’identità dei concessionari. I cui reali azionisti sono talvolta nascosti dietro società fiduciarie”.

Il giornalista del Corriere fa poi degli esempi specifici: “La Hbg, per esempio, ha un amministratore unico che risponde al nome di Antonio Porsia, in passato assistente dell’ex ministro Francesco D’Onofrio e poi nella segreteria dell’ex titolare del ministero del Lavoro, Tiziano Treu. Ma il pacchetto di controllo finisce in una fiduciaria: si chiama Stube ed è la stessa nella quale è custodita la proprietà del famoso circolo Salaria Sport Village di Diego Anemone e Filippo Balducci”.

In alcuni, casi, sottolinea Rizzo, i referenti di queste concessionari sono localizzati nei paradisi fiscali: “La Atlantis Bplus, per citare il caso con il quale si è aperto il servizio, porta direttamente a Saint Martin, dove il suo azionista, la famiglia Corallo, gestisce una serie di casinò. Ranucci ricorda che Gaetano Corallo è risultato «coinvolto nelle scalate dei casinò di Campione e Sanremo», e la sua amicizia con «il boss Nitto Santapaola». Storie vecchie, che evidentemente non hanno condizionato il rapporto fiduciario con il governo italiano. La Atlantis Bplus, che secondo Report risulta aver finanziato con 50 mila euro anche un onorevole di An (Amedeo Laboccetta) e vantava un solido rapporto con il partito di Gianfranco Fini, è infatti una delle concessionarie più importanti del grande affare delle slot machine”.

Inoltre, evidenzia ancora Rizzo, molti di questi giochi rimangono sulla sottile linea che divide la legalità dall’illegalità: “La Corte dei conti ha accertato che per due anni e mezzo ben 136 mila dei 207 mila apparecchi presenti in Italia non hanno dialogato con i Monopoli di Stato, com’è invece previsto dalla convenzione secondo cui le slot machine devono essere collegate con il Fisco. Problemi di linee, difficoltà di connessione, o altre questioni. Fatto sta per tutto quel tempo c’è stato un imbarazzante black out, senza che incredibilmente i Monopoli, come ha confermato il comandante della Guardia di Finanza Umberto Repetto, siano intervenuti per applicare le penali stabilite dai contratti”.

Per questo motivo, conclude il giornalista, “la Corte dei conti ha chiesto di applicare una sanzione stratosferica: 58 miliardi, di cui 23,8, racconta ancora Report, alla sola Atlantis. Ovviamente non è andata così. Nel luglio del 2007, durante la breve legislatura a maggioranza di centrosinistra, il Parlamento approva a tamburo battente una legge in conseguenza della quale la multa si riduce a 800 milioni. Finché il Consiglio di Stato modifica ancora il criterio per calcolare le sanzioni e la multa si ridimensiona a una trentina di milioni. Duemila volte meno di quanto aveva calcolato la Corte dei conti”.