Immigrati restituiti dall’Italia alla Libia: la prova nel video “Mare Chiuso”

Pubblicato il 14 Marzo 2012 - 10:26 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Un video con il telefonino mette nei guai l’Italia e la sua politica di respingimenti dei migranti: il filmato, scrive Gian Antonio Stella sul Corriere dell Sera, è stato girato su un barcone di etiopi ed eritrei. Nel video, riporta Stella, i profughi, fermati dai militari italiani, li supplicano di non farli tornare indietro. “Ci state gettando nelle mani degli assassini… Dei mangiatori di uomini…” dicono ai nostri militari. Ma nulla. Vengono riconsegnati ai soldati di Gheddafi.

Ed ora questo video, sottratto non si sa come alle perquisizioni dei gendarmi italiani e libici e custodito per due anni, è il nucleo di un documentario girato da Stefano Liberti e Adrea Segre, “Mare Chiuso”. Ma soprattutto la conferma delle accuse che due settimane fa hanno portato la Corte dei diritti umani di Strasburgo a condannare l’Italia.

La Corte accusa l’Italia di avere violato le regole del diritto d’asilo. Il processo partiva da quando, il 6 maggio 2009 a sud di Lampedusa, in acque internazionali, le nostre autorità intercettarono una nave con circa 200 persone di nazionalità somala ed eritrea, tra cui bambini e donne incinte. Tutti vennero caricati su navi italiane e riaccompagnati a Tripoli “senza essere prima identificati, ascoltati né informati preventivamente sulla loro effettiva destinazione”.

Questo nonostante la Convenzione di Ginevra del 1951 dica che chi scappa per il “giustificato timore d’essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche” ha diritto all’asilo. Un principio confermato dalla Costituzione italiana, che all’articolo 10: “Lo straniero al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana ha diritto d’asilo”.

Il quadro del trattamento dei profughi da parte degli italiani era stato reso ancora più chiaro dal direttore del Sisde, Mario Mori: £I clandestini vengono accalappiati come cani, messi su furgoncini pick-up e liberati in centri di accoglienza dove i sorveglianti per entrare devono mettere i fazzoletti intorno alla bocca per gli odori nauseabondi…”.

Una versione che smentisce le parole dei due protagonisti delle maggiroi vidende dell’immigrazione nel mediterraneo degli ultimi anni, il rais libico Muhammar Gheddafi e l’ex presidente del Consiglio italiano Silvio Berlusconi. Ricorda Stella che il primo disse: “Gli africani non hanno diritto all’asilo politico. Dicono solo bugie e menzogne. Questa gente vive nelle foreste, o nel deserto, e non hanno problemi politici”.

E Berlusconi: “Abbiamo consegnato delle imbarcazioni al fine di riportare i migranti in territorio libico, dove possano facilmente adire l’agenzia delle Nazioni Unite per mostrare le loro situazioni personali e chiedere quindi il diritto di asilo in Italia”.

Ma Laura Boldrini, portavoce dell’Alto commissariato Onu per i Rifugiati, aveva denunciato l’impossibilità di svolgere in Libia quell’attività prevista dagli accordi: “Non avevamo neppure accesso ai campi di detenzione. A un certo punto ci chiusero, dicendo che non avevamo le carte in regola. Per poi riaprire col permesso di trattare solo le pratiche vecchie”.