“Mafia”, since 1863

di Redazione Blitz
Pubblicato il 24 Luglio 2013 - 06:00 OLTRE 6 MESI FA
"Mafia", since 1863

“Mafia”, since 1863

«Mafia» entrò dunque nel linguaggio corrente e negli atti giudiziari a partire dal 1863. Ma che cosa fosse davvero, e come operasse, si cominciò a capirlo due anni dopo, il 25 aprile 1865, quando il prefetto di Palermo Filippo Antonio Gualterio, in un lungo rapporto al ministero dell’Interno basato su dettagliate informative ricevute dalle forze dell’ordine, definì con quel nome, «mafia», l’«associazione malandrinesca» che si caratterizzava per gli «stretti collegamenti che aveva stabilito con alcuni partiti politici». «Stretti» rapporti fino ad allora «non visti» dalle autorità di governo, ma che da quel momento in poi sarebbero diventati uno dei dati di distinzione delle mafie (siciliana, calabrese e campana) rispetto ad altre forme di criminalità organizzata.

Il rapporto del prefetto Gualterio era infatti il primo documento ufficiale che descriveva i contorni della mafia moderna, quella che nacque e sarebbe cresciuta insieme all’Italia: non un semplice fenomeno di delinquenza comune o di devianza sociale, ma un’organizzazione assai più complessa e pervasiva; non una forma di ribellismo malavitoso antistatuale, come fu ad esempio il brigantaggio meridionale postunitario, ma un’organizzazione strettamente intrecciata al potere e alle sue articolazioni. E che, con il potere, poteva trovarsi ora nella condizione di alleata, ora in quella di competitrice, a seconda delle situazioni e delle esigenze.

I servizi resi da picciotti e camorristi alla causa garibaldina, come abbiamo visto, furono lautamente ricompensati. E dopo la proclamazione dell’Unità, per scelta politica, per insufficienza nell’azione di contrasto o per sottovalutazione del pericolo, le autorità di governo lasciarono che la mafia agisse indisturbata, consentendole di compiere un vero e proprio salto di qualità. In Sicilia le cosche si moltiplicarono raggiungendo un numero record nel decennio tra il 1870 e il 1880″.

Citazione tratta da Una Lunga Trattativa, di Giovanni Fasanella, Chiarelettere, 2013.