L’avvocato di Tarantini si lamentò con Laudati: “Punizione eccessiva”

Pubblicato il 7 Settembre 2011 - 18:49 OLTRE 6 MESI FA

BARI, 7 SET – Sono tre gli incontri avvenuti tra il procuratore di Bari, Antonio Laudati, e il difensore barese di Gianpaolo Tarantini, l’avvocato Nicola Quaranta. Lo riferisce l’Ansa. In tutte e tre le occasioni il penalista si e’ lamentato con Laudati del ”trattamento punitivo” che i pm baresi hanno riservato al suo assistito, nonostante ‘Gianpi’ stesse collaborando alle indagini. E’ quanto avrebbe detto Quaranta ai pm di Napoli e Lecce che lo hanno ascoltato come testimone ieri sera nel capoluogo campano.

Il penalista ha depositato una memoria e ha nuovamente risposto alle domande dei magistrati che, con un decreto, lo hanno sollevato dal segreto professionale che il difensore aveva opposto durante l’audizione del 2 settembre scorso, il giorno dopo l’arresto di Tarantini e di sua moglie, Angela Nicla Devenuto, per la presunta estorsione al premier, Silvio Berlusconi.

Il professionista – a quanto e’ dato sapere – ha prodotto diversi documenti ai pm campani (che indagano sul presunto ricatto a Berlusconi) e al pm di Lecce Antonio De Donno, che indaga su presunte coperture che Laudati avrebbe offerto a Tarantini nell’inchiesta sulle escort portate a Palazzo Grazioli e a Villa Certosa. Nell’inchiesta salentina si ipotizzano i reati di abuso d’ufficio e rivelazione del segreto d’ufficio.

In particolare, il penalista ha consegnato copie di due esposti presentati alla procura di Bari per violazione del segreto istruttorio. Il primo del giugno 2009, sulla fuga di notizie relativa ai racconti che Patrizia D’Addario aveva fatto ai magistrati baresi sulla notte trascorsa con il capo del governo; l’altro, dopo la pubblicazione (il 30 agosto 2009) di stralci dei verbali di Tarantini relativi alle ‘confessioni’ di Gianpi sui coca-party organizzati in Costa Smeralda nel 2008, e sulle rivelazioni (pubblicate il 9 settembre 2009) dell’imprenditore barese sulle escort portate tra il 2008 e il 2009 a casa del premier.

Il difensore avrebbe detto ai magistrati che nel corso degli incontri con Laudati si sarebbe lamentato del comportamento dei pm che indagavano sul suo assistito che ad ogni sua istanza esprimevano parere negativo, anche quando si chiedeva di far andare a casa di Tarantini (che all’epoca era gli arresti domiciliari a Roma) un’amica della figlia maggiore o la madre. Quaranta in quelle occasioni avrebbe ricordato al procuratore che Tarantini aveva collaborato alle indagini e si aspettava, quindi, un trattamento non certo punitivo. Quindi, avrebbe protestato anche per il cambio di rotta della procura che aveva prima dato il consenso al patteggiamento di Gianpi a due anni e sei mesi per la vicenda dei coca-party in Sardegna e poi, dopo il ‘no’ del gup di Bari, aveva chiesto la condanna a quattro anni e quattro mesi in abbreviato. Tarantini, comunque, se la cavo’ con una pena mite di due anni e due mesi.