Israele. Muore la leggenda del calcio Cohen, polemiche sulla donazione degli organi

Pubblicato il 6 Gennaio 2011 - 17:31 OLTRE 6 MESI FA

La morte di una leggenda del calcio israeliano, Avi Cohen, 54 anni, in un incidente stradale alcuni giorni fa a Tel Aviv, ha innescato in Israele accesi dibattiti dopo il rifiuto della famiglia di donarne gli organi. Una decisione che è stata criticata da larghi settori della società israeliana anche perché andava contro la volonta’ del defunto, che era titolare di un tesserino della locale Associazione dei donatori di organi.

Cohen, considerato uno dei più grandi calciatori del paese, era stato membro della nazionale di calcio israeliana e per due stagioni aveva pure giocato nelle file del Liverpool Rangers. La famiglia afferma di aver optato per il rifiuto dopo essersi consultata con influenti rabbini. Il dibattito ha investito la questione stessa di quando una persona si possa ritenere morta.

”E’ la prima volta – dice Dvora Sherer, portavoce del Centro Nazionale di Trapianti – che una famiglia sceglie di non onorare la volontà del defunto”. ”Noi – aggiunge – non faremo mai nulla contro la volontà della famiglia anche se il caro estinto aveva il tesserino dell’ Associazione dei donatori, che e’ come se fosse un suo testamento”.

Sul momento della morte, dice il rabbino Riccardo Di Segni, vi sono nella tradizione ebraica due orientamenti principali. Il primo, condiviso da molti ebrei ultraortodossi, sottolinea in termini restrittivi ai fini dell’espianto di organi che una persona è vita fino a quando batte il cuore. Il secondo, che la morte sopraggiunge nel momento in cui avviene la morte respiratoria, cioe’ delle cellule nervose che presiedono alla funzione respiratoria.

Un emendamento alla legge israeliana, varato l’ anno scorso con l’ assenso del Gran Rabbinato, stabilisce ora che il momento della morte è quello in cui cessa l’attività cerebrale. La legge impone ai medici abilitati a stabilire la morte cerebrale l’obbligo di seguire corsi specializzati presso una decina di esperti, tra i quali almeno tre rabbini. Si stima che per effetto della legge si possano salvare 100-200 vite più che in passato.

Nel caso di Cohen la morte cerebrale ha preceduto di diverse ore l’arresto dei battiti del cuore. Questo divario temporale è stato tuttavia cruciale perche’ ha reso impossibile il prelievo di organi vitali per un trapianto. Apparentemente per il forte condizionamento dei rabbini, che vedono con sospetto ogni espianto di organi, in Israele i donatori sono solo mezzo milione; una cifra che in percentuale è forse la più basse in Occidente. Tanto da indurre non pochi israeliani, in possesso delle necessarie risorse finanziarie, ad andare all’estero per trapianti.