Marò, e se fossero innocenti? Quei proiettili hanno un calibro diverso…

Pubblicato il 26 Marzo 2013 - 15:42| Aggiornato il 14 Novembre 2022 OLTRE 6 MESI FA

NEW DELHI – Da oltre un anno il caso marò ruota attorno al tema della giurisdizione ma nessuno si è più soffermato a presumere la loro innocenza. Tutti a chiedersi se la loro colpevolezza vada pronunciata dinanzi ad una corte indiana piuttosto che internazionale, se i due abbiano o meno diritto all’immunità in quanto organi dello Stato italiano, ma si è del tutto affievolita la possibilità che siano davvero innocenti.

Sono invece tante le imprecisioni che risultano dalle indagini condotte dalle autorità indiane. A cominciare da quei proiettili misteriosi: un’autopsia attesta che i proiettili che hanno ucciso i due pescatori indiani sono molto più grossi di quelli delle armi in dotazione ai fucilieri della Marina Italiana.

L’esame autoptico condotto dal professor Sasikala di Kollam ha misurato pallottole calibro 7 e 62 e non i colpi calibro 5 e 56 della Nato. Ma invece di scagionare subito i nostri marò, le autorità indiane hanno pensato di peffettuare un ulteriore perizia balistica che ha indicato la presenza di pallottole del calibro usato dai fucili Beretta. Nel frattempo un governo italiano troppo timido e imbelle non ha saputo difendere adeguatamente i suoi fucilieri, precipitandosi a risarcire le famiglie dei pescatori,ammettendo implicitamente la loro responsabilità.
Come se non bastasse la prova regina, il peschereccio Saint Anthony, è stato fatto a pezzi e lasciato affondare dal suo proprietario, appena 4 mesi dopo l’incidente. Addio ulteriori verifiche o esami: varranno i soli rilievi dei periti del Kerala.

Ma non è finita qui, perché non tornano nemmeno i conti sulla presunta posizione da cui sono partiti gli spari. Guardando le foto scattate da Giuseppe Sarcina per il Corriere della Sera sul Saint Anthony prima che sparisse. Da quelle foto risulta che gli spari erano provenienti dal basso e in orizzontale. Ma non corrisponde con l’altezza di 35 metri del ponte dell’Enrica Lexie sul quale i due marò si trovavano.

Dubbi e ambiguità anche sulla effettiva posizione del Saint Anthony al momento dell’incidente. Ma mentre l’India trattiene Latorre e Girone, il governo italiano si lascia abbagliare esaltando risultati parziali, come lo spostamento dei militari prima in un ex riformatorio e poi in albergo, la licenza natalizia concessa a Latorre e a Girone, il trasferimento del processo dal Kerala alla Corte Suprema di Nuova Delhi.

E ora dopo un tentativo-farsa di trattenerli in Italia, li abbiamo restituiti nuovamente alla giustizia indiana. E’ bastata la promessa che non saranno arrestati né condannati a morte. E l’unica vera domanda si fa sempre più sfocata: quel 15 febbraio 2012 chi ha sparato e ucciso in mare aperto i poveri pescatori del Kerala Valentina Kalastine e Ajesh Binki?