Italia 1982, campioni del Mondo 3 volte: “Pablito” Rossi, l’urlo di Tardelli. Voto simpatia 10

di Antonio Sansonetti
Pubblicato il 5 Giugno 2014 - 06:30| Aggiornato il 17 Aprile 2020 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Italia 1982: quella dei gol di Pablito Rossi, delle parate di Zoff, dell’urlo di Tardelli, del “campioni del mondo” ripetuto tre volte dal telecronista Nando Martellini, di Sandro Pertini straripante in tribuna autorità. Voto simpatia: 10.

La Nazionale arriva in Spagna sotto i peggiori auspici. Nonostante Bearzot confermi il blocco che era arrivato quarto ai mondiali argentini di quattro anni prima (e quarto agli europei 1980, giocati in Italia), molte polemiche accompagnano lo sbarco degli azzurri nella penisola iberica. Nel mirino innanzitutto le scelte del commmissario tecnico: non aveva convocato il fantasista Evaristo Beccalossi (e questo gli attirava le antipatie degli interisti) e il bomber capocannoniere della serie A 81-82 Roberto Pruzzo (facendo arrabbiare i romanisti). L’allenatore friulano punta sul “blocco Juve” e su Paolo Rossi, centravanti reduce da due anni di squalifica perché coinvolto nello scandalo calcioscommesse del 1980. Sui giornali Bearzot le prende da tutte le parti.

Il pessimismo è dominante. Il giovane Minoli su Mixer manda in onda un sondaggio: solo il 29% degli italiani ha un giudizio positivo su quella nazionale. Ecco cosa pensava il popolare telecronista Enrico Ameri di Bearzot: “Come tecnico è sempre stato un modesto, come selezionatore della nostra Nazionale lo giudico uno sprovveduto, un avventurato. Talvolta, lo sapete, alla modestia si accoppia la fortuna ed è questa la speranza che ci resta parlando di Enzo Bearzot”.

È il primo mondiale della televisione a colori come elettrodomestico di massa, del can can mediatico sul calcio a cui nei decenni successivi ci siamo abituati, del “Processo del lunedì” di Aldo Biscardi, trasmissione nata da due anni e seguitissima, che a ogni puntata crocefigge Bearzot e gli azzurri. Cambierà poi radicalmente (e senza pudore) il suo giudizio.

Il gossip su Rossi e Cabrini. Il culmine del conflitto fra la Nazionale e la stampa è un articolo pubblicato da Claudio Pea, inviato del Giorno. Articolo scherzoso su un Rossi che, in assenza della moglie Simonetta (incinta), rimediava con la “muchacha” Cabrini, suo compagno di stanza. Pezzetto di 12 righe che i diretti interessati presero con ironia, ma che gli altri giornali rilanciarono come l’allusione a una storia omosessuale fra i due calciatori. È la goccia che fa traboccare il vaso: il gruppo si chiude, da quel momento solo Zoff e Bearzot parleranno (poco) con i giornalisti. Pea la racconta così:

“La storia dell’omosessualità di Rossi e Cabrini ha fatto vincere il mondiale all’Italia nel 1982. La Nazionale fino a quel momento era stata ridicola contro Polonia e Camerun. Quel mio articolo spinse la federazione al silenzio stampa. La squadra e Bearzot, che avevano i giornalisti alle calcagna, ebbero così modo di respirare e compattarsi. Nessun calciatore potè parlare più con la stampa. Da quel momento in poi fui tartassato in ogni dove, in ogni momento della giornata. Tutti quelli che mi incontravano volevano saperne di più su quanto aveva detto scherzosamente Pablito”.
Cioè?
“Tutto è nato perchè feci una domanda a Rossi in relazione al fatto che, mentre gli altri azzurri attendevano le proprie compagne nel ritiro di Barcellona, lui aveva sua moglie Simonetta in dolce attesa e, per fare una battuta, mi disse “per fortuna in stanza ho la mia Cabriñas”. All’epoca si facevano i pezzi a braccio e così le mie 12 righe in cui riportavo la battuta di Pablito, fecero scalpore. Il Barone Causio fece il moralista dicendo che “certe cose non si possono scrivere”. Da quel momento in poi silenzio stampa fino alla coppa alzata con soddisfazione di tutti”.

Ma lo scetticismo nei confronti dell’Italia aveva anche motivazioni più concrete. Dopo il deludente girone di qualificazione disputato dagli azzurri (nelle ultime 4 partite l’Italia vince solo col Lussemburgo, e per 1-0) non vinciamo mai nelle amichevoli di preparazione al mondiale (perdiamo 2-0 con la Francia, 1-0 con la Germania Est, pareggiamo 1-1 con la Svizzera).

Nel gruppo dei 22 convocati (7 difensori, 7 centrocampisti, 5 attaccanti) ci sono sei giocatori della Juventus, che ha vinto lo scudetto con un punto in più della Fiorentina (Zoff, Cabrini, Gentile, Scirea, Tardelli, Rossi). Ben rappresentati i viola, con 5 giocatori (Vierchowod, Antognoni, Graziani, Massaro, Galli) e l’Inter vincitrice della Coppa Italia (Bergomi, Marini, Bordon, Oriali, Altobelli). Due convocati sono del Milan fresco di retrocessione (Baresi e Collovati). Spazio anche per Conti della Roma, Causio dell’Udinese, Dossena del Torino e Selvaggi del Cagliari.

In otto giocarono tutte e sette le partite: Zoff, Cabrini, Collovati, Scirea, Tardelli, Conti, Rossi, Graziani. Cinque di loro furono in campo dall’inizio alla fine di ogni partita: Zoff, Cabrini, Scirea, Tardelli e Conti. Gentile e Antognoni ne giocarono sei: il difensore saltò la Polonia, squalificato per doppia ammonizione. Lo sfortunato Antognoni perse la finale per un infortunio subìto con la Polonia.

Il più giovane, Giuseppe Bergomi ha solo 18 anni 5 mesi, il più vecchio, Dino Zoff, ha la bellezza di 40 anni. Età media 27,29 anni. Dice Falcao, prima della “tragedia del Sarrià”: “È la Juventus con in più Antognoni, Ciccio Graziani e Bruno Conti, praticamente. Non è preparata per fare un “‘gioco di festa’”. Non faranno “gioco di festa”, ma a Bearzot piacciono così: ventidue azzurri duttili, zero solisti, tanto sacrificio e gioco di squadra.

I convocati:

  • 1 Portiere Dino Zoff 28 febbraio 1942 99 Juventus
  • 12 Portiere Ivano Bordon 13 aprile 1951 13 Inter
  • 22 Portiere Giovanni Galli 29 aprile 1958 0 Fiorentina
  • 2 Difensore Franco Baresi 8 maggio 1960 0 Milan
  • 3 Difensore Giuseppe Bergomi 22 dicembre 1963 1 Inter
  • 4 Difensore Antonio Cabrini 8 ottobre 1957 33 Juventus
  • 5 Difensore Fulvio Collovati 9 maggio 1957 26 Milan
  • 6 Difensore Claudio Gentile 27 settembre 1953 56 Juventus
  • 7 Difensore Gaetano Scirea 25 maggio 1953 49 Juventus
  • 8 Difensore Pietro Vierchowod 6 aprile 1959 2 Fiorentina
  • 9 Centrocampista Giancarlo Antognoni 1 aprile 1954 60 Fiorentina
  • 10 Centrocampista Giuseppe Dossena 2 maggio 1958 9 Torino
  • 11 Centrocampista Gianpiero Marini 5 febbraio 1951 11 Inter
  • 13 Centrocampista Gabriele Oriali 25 novembre 1952 20 Inter
  • 14 Centrocampista Marco Tardelli 24 settembre 1954 55 Juventus
  • 15 Centrocampista Franco Causio 1 febbraio 1949 58 Udinese
  • 16 Centrocampista Bruno Conti 13 marzo 1955 13 Roma
  • 17 Attaccante Daniele Massaro 23 maggio 1961 1 Fiorentina
  • 18 Attaccante Alessandro Altobelli 28 novembre 1955 10 Inter
  • 19 Attaccante Francesco Graziani 16 dicembre 1952 53 Fiorentina
  • 20 Attaccante Paolo Rossi 23 settembre 1956 20 Juventus
  • 21 Attaccante Franco Selvaggi 15 maggio 1953 3 Cagliari

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I mondiali di Spagna sono i primi con 24 squadre, (erano sempre state 16) rappresentative di tutti e cinque i continenti, ma in particolare dell’Europa. C’erano i continenti e c’erano tante nazionali forti, il che fece di Espana ’82 uno dei mondiali più spettacolari di sempre (una media di 2,8 gol e di 40.571 spettatori a partita). Fra i favoriti il Brasile, l’Argentina, la Francia, la Germania Ovest. Fra gli outsider Urss, Spagna, Polonia, Belgio e Inghilterra. In pochissimi scommettono sull’Italia. Il regolamento prevede, per la prima volta, sei gironi da quattro squadre dal quale sarebbero uscite le dodici qualificate alla fase successiva, in cui quattro gironi da tre squadre avrebbero selezionato le quattro semifinaliste.

L’Italia è testa di serie. Il sorteggio le assegna un girone tutt’altro che impossibile, sulla carta: Polonia, Perù e Camerun. Ma gli Azzurri si qualificano a fatica, inanellando prestazioni sempre meno convincenti: all’esordio (14 giugno) pareggiano 0-0 con la forte Polonia di Boniek e Lato, non riescono – nonostante un gran gol di Bruno Conti – ad andare oltre l’1-1 con il tutt’altro che irresistibile Perù di Barbadillo. Poi soffrono con la sorpresa Camerun, con Milla che replica subito al gol di testa di Ciccio Graziani. Due gol fatti, due subiti, tre punti, zero vittorie: andiamo alla fase successiva solo perché il Camerun ha fatto un gol in meno, pur avendo la stessa differenza reti.

Al girone successivo siamo la vittima designata, spediti a giocarcela con Argentina e Brasile al Sarrià di Barcellona. Qui inizia il vero mondiale della squadra di Bearzot. I primi a farne le spese sono Maradona e compagni, campioni del mondo in carica. Gentile con una marcatura asfissiante neutralizza il ventiduenne Dieguito, Zoff para le conclusioni di Diaz e Passarella, e nella ripresa Tardelli (assist di Antognoni) e Cabrini (servito da Conti) ci portano sul 2-0 fra il 57′ e il 67′. Passarella accorcia le distanze su punizione a sette minuti dalla fine, ma Gallego si fa espellere un minuto dopo per un fallaccio su Tardelli: finisce 2-1.

Sette giorni dopo incontriamo il favoritissimo Brasile, che a sua volta ha piallato per 3-1 l’Argentina. La differenza reti favorevole consente ai brasiliani di qualificarsi alle semifinali anche con un pareggio. L’Italia deve vincere, e sembra un’impresa, contro una delle Seleção più forti di sempre: i verde oro, allenati da Telè Santana, schierano Peres, Leandro, Oscar, Luizinho, Cerezo, Junior, Socrates, Serginho, Zico, Eder e Falcao. Bearzot risponde con Cabrini-Collovati-Gentile e Scirea davanti a Zoff; centrocampo a 4 con Antognoni, Oriali, Tardelli e Conti. Davanti Rossi e Graziani. È la partita del risveglio di Rossi, che ci porta in vantaggio dopo 5 minuti con un preciso colpo di testa su cross di Cabrini. Ma al 12′ Socrates porta palla fino al vertice dell’area piccola, dove inganna Zoff tirando sul primo palo invece di passarla al centro: 1-1. I brasiliani sembrano avere la partita in pugno, ma è un eccesso di sicurezza che al 25′ fa sbagliare un passaggio a Junior: Rossi ruba la palla e esplode un destro da fuori area: 2-1. Finiamo il primo tempo in vantaggio e con il giovanissimo Bergomi spedito nella mischia al posto di Collovati, infortunato. Nella ripresa, l’assalto dei sudamericani trova una muraglia in Zoff. Per pareggiare ci vuole un sinistro potente di Falcao, con una leggera deviazione di Bergomi. È il 69′. I brasiliani possono difendere il 2-2, ma è un misto di arroganza e generosità che li porta a continuare ad attaccare. Vengono puniti al 79′. Calcio d’angolo di Conti, Serginho ed Eder si disturbano colpendo insieme di testa, la palla arriva a Tardelli che tira al volo, sulla traiettoria c’è Rossi, che spiazza Peres: 3-2. L’arbitro poi annulla ad Antognoni il gol del 4-2, che era regolare. A un minuto dalla fine, tuttavia, i brasiliani arrivano vicinissimi al pari: ma il colpo di testa di Eder viene bloccato da Zoff sulla linea. Collovati: “Prima della partita i brasiliani cantavano nel loro pulmann, nel nostro c’era solo silenzio e tensione. All’uscita li affiancammo. Vidi che Falcao e Zico piangevano, mentre nel nostro pulmann facevamo festa”.

Sull’onda dell’entusiasmo e del ritrovato Rossi, ormai per tutti “Pablito”, la Polonia viene archiviata come una pratica facile. Ma era la nazionale di Zmuda, Smolarek, Lato e Boniek, che aveva eliminato Urss e Belgio e che arriverà terza battendo 3-2 la Francia. L’Italia la stende con una doppietta di Rossi, un gol per tempo: uno di coscia su punizione di Antognoni e uno di testa su cross di Conti.

Si arriva in finale con la Germania, che è ancora Germania Ovest. I tedeschi sono odiatissimi. Hanno fatto fuori l’Algeria nel girone eliminatorio con un 1-0 all’Austria che puzzava di combine (con quel risultato Germania e Austria si qualificano per la differenza reti, pur avendo gli stessi punti degli algerini). Poi hanno eliminato i padroni di casa della Spagna e hanno superato la Francia in una semifinale massacrante e memorabile, che ricorda Italia-Germania 4-3 del 1970 e merita di essere raccontata.

Francia-Germania 8-7. Finisce 1-1 dopo 90 minuti, con Platini che su rigore replica al vantaggio di Littbarski. Nel secondo tempo il portiere tedesco Schumacher con un folle intervento riduce in coma il francese Battiston, che sembra morto sul colpo: dopo alcuni giorni di coma ne uscirà con due denti rotti e due vertebre incrinate. Sarebbe, tra l’altro, calcio di rigore ed espulsione. Durante i soccorsi Schumacher, con strafottenza, si mette a fare stretching davanti ai tifosi francesi: L’Equipe lo chiamerà “mostro”. Nei supplementari Tresor (92′) e Giresse (98′) portano i galletti sul 3-1. Ma i tedeschi sono sempre i tedeschi: non mollano mai. Rummenigge (102′) e Fischer (108′) fanno 3-3. Quindi si va ai rigori: mai una partita dei mondiali era stata decisa dagli undici metri. Passano i tedeschi, che ne segnano 5 contro i 4 dei francesi.

Il 12 luglio quindi il Santiago Bernabeu tifa Italia. Gli azzurri sfruttano il “fattore campo” ma soprattutto la loro superiore condizione fisica. Potrebbero passare in vantaggio già nel primo tempo sul calcio di rigore, ma Antonio Cabrini la spara fuori. Invece di abbattersi, gli undici di Bearzot ritornano in campo con rabbia. Una rabbia che porta Cabrini e Rossi ad avventarsi come disperati su un cross di Gentile. La spunta Rossi, che ci porta in vantaggio. È il 56′. Dodici minuti più tardi Scirea serve al limite dell’area una palla che Tardelli stoppa male ma rimedia tirando in scivolata un memorabile diagonale. Il suo urlo è la liberazione di una nazionale che sta per vincere un mondiale dopo due mesi di polemiche e critiche. Non è finita, perché in contropiede Spillo Altobelli ha la freddezza di dribblare Schumacher e segnare il 3-0. All’83’ Breitner segna il gol della bandiera per i tedeschi. Poi il fischio finale e il triplice “Campioni del Mondo” ripetuto dal telecronista Nando Martellini.

In tribuna autorità il presidente Sandro Pertini è assoluto protagonista: “Per l’esultanza stavo per cadere dal parapetto”, racconterà. Sul 3-0, davanti a un sorridente re Juan Carlos e a un esterrefatto cancelliere Schmidt, esclama: “Non ci riprendono più”.

Per qualcuno in quel giorno, con l’ubriacatura di massa dei festeggiamenti per l’inaspettata vittoria mondiale, finiscono gli anni 70, e inizia un decennio che non è ancora finito, gli anni 80: un nuovo tempo in cui il calcio si rivela un utilissimo oppio dei popoli. Pertini, lì per lì, rivendica il diritto di festeggiare, a chi gli domanda se la sbornia spagnola non sia una pericolosa esagerazione, se non si corre il rischio di dimenticare i problemi veri:

“Ma i nostri problemi… Ma buon Dio! Che ci sia una sosta nelle preoccupazioni, nella tristezza, nella insoddisfazione… Dopo sei giorni di lavoro viene la domenica, no? Bene, chi ha lavorato sei giorni ha diritto, la domenica, di andarsene con la famiglia a gioire sulla spiaggia, in montagna, o altrove. E se gli si chiede: ‘Come mai tu gioisci, quando ti attende il lunedì?’ La risposta è: ‘Io adesso penso alla domenica, e il lunedì verrà a suo tempo’”.

Le pagelle dei Mondiali ’82

Paolo Rossi, voto 9: il capocannoniere e il simbolo della nazionale di España ’82. Se in pochissimi hanno fiducia negli azzurri, nessuno in Italia crede in lui, tranne Bearzot. Reduce da 2 anni di squalifica per il Totonero, preferito al capocannoniere Pruzzo, come i suoi compagni gioca un brutto girone di qualificazione e rimane a secco anche contro l’Argentina: 4 partite, zero gol. Poi la svolta al 5′ di Italia-Brasile, quando raccoglie un cross del suo amico Cabrini e infila Peres con un preciso colpo di testa. Tre gol al Brasile, due alla Polonia, uno alla Germania: sei reti nelle tre partite più difficili, sei gol in cui mostra il repertorio completo dell’attaccante d’area di rigore. Astuzia, rapidità, coordinazione. E con il Brasile si permette anche il lusso di un gol da fuori area.

Dino Zoff, voto 8: concentrato nel girone di qualificazione, diventa decisivo con Argentina e Brasile. A 40 anni e 4 mesi, è capitano e punto di riferimento per la difesa, per la squadra e per il corregionale Bearzot. Se il giovane-vecchio Bergomi è soprannominato lo “zio”, Zoff è il papà di quei campioni del mondo.

Claudio Gentile, voto 7: è l’incubo dei più forti fantasisti al mondo, ai quali applica una cura pesante fatta di un giusto mix di fallosità, astuzia, tempismo e tenacia. Annulla prima Maradona, poi Zico. Due ammonizioni gli fanno saltare la Polonia, rientra in finale con la Germania Ovest: si è tagliato i baffi, forse per non farsi riconoscere dall’arbitro.

Gaetano Scirea, voto 7: libero elegante e corretto (mai espulso in carriera), è il baluardo di una difesa che resiste agli assalti degli attacchi più temibili, quello del Brasile in particolare. In finale ha un momento di follia: si spinge fino in area dei tedeschi, duetta di tacco un altro difensore in libera uscita, Bergomi, poi serve a Tardelli la palla del 2-0.

Marco Tardelli, voto 7: centrocampista con un passato da terzino, dotato di un buon tiro da fuori, gioca dall’inizio alla fine tutte e 7 le partite e segna due gol belli e pesantissimi, due diagonali: l’1-0 all’Argentina e il 2-0 alla Germania. Il suo urlo liberatorio dopo il secondo gol ai tedeschi è una delle immagini che i feticisti dell’Italia mundial non si stancano mai di rivedere.

Bruno Conti, voto 7: detto “Marazico”, dribbla, corre, tira e crossa. È il più “brasiliano” in una nazionale in cui non difetta la tecnica ma in cui non abbonda la fantasia. Segna con un gran destro al Perù e sforna assist a ripetizione: a Cabrini per il 2-0 all’Argentina, a Rossi per il 2-0 alla Polonia, a Spillo Altobelli per il 3-0 alla Germania. In finale fa impazzire Briegel, che lo atterra causando il rigore poi sbagliato da Cabrini.

Antonio Cabrini, voto 6,5: difende e spinge, presidia la fascia e va all’attacco, gioca anche lui dal primo all’ultimo minuto di España 82. Segna il 2-0 all’Argentina. Poi in finale sbaglia il rigore contro la Germania, angolando troppo il suo sinistro. Rimane sotto choc, ma ci pensa Zoff a rianimarlo negli spogliatoi. Nel secondo tempo si precipita su un cross di Gentile: ma l’1-0 lo segna l’amico Rossi, che lo anticipa. Era destino.

Enzo Bearzot, voto 7: attaccato da tutti, resiste alle critiche e punta sui “suoi” uomini e nella forza del gruppo. Con un’ostinazione tutta friulana, convoca Rossi e lo fa giocare titolare anche col Brasile, dopo che per quattro partite non ha segnato neanche un gol. Pablito lo ripagherà. Amico di Pertini, col quale condivide la passione per la pipa, sull’aereo del ritorno fa coppia a scopone con Causio e si prende la soddisfazione di battere il presidente (e Zoff), soffiandogli il settebello.

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