Monti, l’alternativa “vorrei-ma-non-posso” al centrodestra bunga-bunga

di Redazione Blitz
Pubblicato il 10 Gennaio 2013 - 08:20 OLTRE 6 MESI FA
Monti, l’alternativa “vorrei-ma-non-posso” al centrodestra bunga-bunga (LaPresse)

NEW YORK – “L’eredità controversa di Monti – E le tormentate prospettive” è il titolo di un articolo pubblicato dalla edizione europea del Wall Street Journal, il quotidiano di New York che riflette gli umori della comunità finanziaria americana.

L’articolo è di Alberto Mingardi, giovane direttore del centro studi Bruno Leoni di Milano e collaboratore del Cato Institute di Washington. Ve ne riportiamo, tradotti, i passaggi più significativi:

“Con un’economia che resterà in recessione anche nel 2013 e il debito pubblico al 126% del Pil, il Paese ha urgente bisogno di una deregulation accompagnata da una finanza pubblica credibile. Si tratta di un insieme di politiche che viene più di frequente associata a una piattaforma conservatrice à la Margaret Thatcher. Potrebbe farsene interprete Mario Monti, il premier tecnico uscente?”

[…] Monti gode di ottima considerazione fuori dall’Italia. Ma anche se lui sembrava l’incarnazione della responsabilità rispetto al suo predecessore, il suo bilancio come presidente del Consiglio è in chiaroscuro: una buona riforma delle pensioni, più tasse, e non molto altro. In vista delle elezioni politiche, Monti sta cercando di raccogliere il consenso intorno ad una piattaforma programmatica che ha pubblicato alla fine del mese scorso.

Ma il suo manifesto, meglio conosciuto come Agenda Monti, non offre ricette vere e proprie per liberalizzazioni e tagli alla spesa pubblica. Si tratta di un documento in gran parte scritto con uno spirito bipartisan, ma l’equidistanza non sostituisce le soluzioni.

Questo dovrebbe essere diventato ancora più chiaro a Monti nel corso degli ultimi mesi. Alla guida di un governo sostenuto sia dalla sinistra che dalla destra, l’impressione generale è stata che il presidente del Consiglio è stato spesso in balia dei veti contrapposti. Ciò nonostante, ora che aveva la possibilità di delineare il suo programma, libero dal condizionamento dei partiti, è rimasto molto sul vago.

Monti propone, ad esempio, di tagliare un poco le tasse, una promessa che fatta da lui non suona molto credibile. Sulle politiche fiscali quello di Monti non è stato certo un governo di rottura con quelli che lo hanno preceduto. Il suo governo ha perseguito il rigore di bilancio per lo più con aumenti delle tasse, ovvero quello che il presidente della Bce Mario Draghi aveva definito “il consolidamento cattivo” in un’intervista al Wall Street Journal, contrapponendolo al “consolidamento buono”, che prevede “tasse più basse e una minore spesa pubblica che va a vantaggio di infrastrutture e di altri investimenti”.

La politica di austerità finora praticata ha mostrato scarsi risultati in Italia: nei primi 10 mesi del 2012, il fabbisogno finanziario netto è stato di € 74 miliardi, secondo la Banca d’Italia. Fanno 10 miliardi in più rispetto allo stesso periodo del 2011 e anche un po’ di più rispetto al 2010.

Sul fronte delle riforme, Monti ha sempre sostenuto le liberalizzazioni per liberare l’economia italiana da lacci e lacciuoli, ma il suo governo ha ottenuto poco su questo fronte. L’unica visibile “liberalizzazione” è stato lo scorporo della rete gas (Snam) dal colosso dell’energia nazionale, l’Eni, azienda partecipata statale. Ma anche questa mossa si è dimostrata una rinazionalizzazione de facto, avvenuta tramite la banca del governo, la Cassa Depositi e Prestiti.

Nell’Agenda Monti, la parola “privatizzazione” non è menzionata neppure una volta. Non sorprende, se pensiamo che il governo Monti ha accuratamente evitato di intraprendere qualsiasi privatizzazione. Vaghi riferimenti ad una vera e propria “valorizzazione” dei beni pubblici italiani difficilmente costituiscono un chiaro impegno a smantellare aziende pubbliche. Anche la dismissione della enorme patrimonio dello Stato potrebbe contribuire a ridurre il debito pubblico nel breve termine, senza gravare ulteriormente su di un’economia già supertassata. […]

Dopo anni di conservatorismo bunga-bunga, l’Italia ha un disperato bisogno di un credibile partito di centro-destra: che proponga e metta in pratica politiche di rigore, che semplifichi la vita delle aziende e incoraggi la concorrenza. Monti è la credibilità incarnata, ma le politiche che propone non sembrano destinate a colmare questo vuoto.

Certo, potrebbe essere che Monti non voglia fare la corte agli ex elettori di Berlusconi. Il paesaggio della politica italiana oggi si presenta molto diverso da quello degli altri Paesi. Anche se è nel complesso un sistema bipolare, ha una legge proporzionale che dà ai piccoli partiti un significativo potere contrattuale nel processo di costruzione delle coalizioni.

L’altra opzione per Monti sarebbe quella di allearsi con il Partito Democratico, probabile vincitore delle prossime elezioni. Il contenuto del programma di Monti non è incompatibile con una piattaforma socialdemocratica. Ma se ha voglia di soddisfare una vera domanda politica, Monti dovrebbe essere più audace e offrire agli elettori di centrodestra una seria alternativa a Berlusconi. Ma l’esperienza del suo governo e la tentazione non rischiare può farlo andare nella direzione opposta”.