Europa, tira aria di sciogliersi. Uno “svantaggio” per i più: a Roma e a Berlino

di Riccardo Galli
Pubblicato il 8 Maggio 2013 - 15:59 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – E l’Europa finì con l’andarci stretta. Per il 53% degli italiani far parte dell’Unione Europea è uno svantaggio. Tanti, tantissimi, ma comunque meno di quel 58% dei tedeschi che vedono Bruxelles non più come un’opportunità ma come una zavorra. Ed eccezion fatta per la “parte est” dell’Unione le cose non vanno meglio altrove.

E’ questo il risultato di un’indagine commissionata da La Stampa insieme ad altri cinque quotidiani continentali: Suddeutsche Zeitung, Le Monde, Gazeta Wyborcza, El Pais e Guardian. Un’analisi che racconta di come, percentuali alla mano, stiamo assistendo alla fine di un mito e contemporaneamente alla fine di un’epoca.

Da sempre tra i paesi più fortemente europeisti l’Italia, per colpa della crisi, non crede più alla creatura sovranazionale. Più di un italiano su due crede che questa sia un peso e non più un volano, uno svantaggio e non una risorsa. Bollare questo cambio di sentimento e visione come figlio della sola crisi sarebbe però riduttivo ed ingenuo. La crisi c’è e pesa, sull’euro e sull’Italia. Ma è la mancanza di risposte, l’inadeguatezza delle strutture comunitarie e quindi della politica la causa vera del neonato malessere italico nei confronti dell’Europa.

Malessere che non risiede però solo a Roma. Gli inglesi, da sempre supporter freddini dell’Unione, credono ormai in larga maggioranza che stare da soli sia meglio: per il 64% dei sudditi di Sua Maestà l’euro e l’Europa sono infatti uno svantaggio. Subito dietro Germania ed Italia ma non molto lontane Francia e Spagna dove, rispettivamente, il 45 e il 41% dei cittadini non credono ormai più che stare insieme sia un buon affare. In Polonia, paese “campione” dell’Europa dell’est, le percentuali s’invertono: per il 70% far parte dell’Unione è un vantaggio.

Da quando l’idea di un’Europa unita nacque, all’indomani della seconda guerra mondiale che il vecchio continente aveva devastato, era stata questa sempre percepita, specie in Italia, come un’opportunità. Come una via, una speranza per il futuro e per le generazioni future che meglio avrebbero vissuto rispetto alle precedenti. Una percezione che, escluso l’est Europa che le sue condizioni di vita sta vedendo migliorare, non è più di casa né nell’Europa occidentale né in Italia. Ben il 91% degli italiani vede infatti nero per il futuro. Percentuale identica in Germania e persino peggiore in Spagna dove la percentuale arriva a quota 94. Ma se a veder nero sono in molti quasi ovunque, ed è difficile dargli torto anche perché è difficilmente sostenibile ritenere che il nostro tenore di vita continuerà a crescere come è stato dal dopoguerra ad oggi, quello che salta agli occhi è la percentuale bassa, quasi infima di quanti conservano ancora un briciolo di ottimismo. In Italia appena il 27% degli intervistati si è detto “positivo”. Il 25 in Spagna e solo il 16 in Francia. In Polonia, l’altra faccia della medaglia continentale, la percentuale schizza invece al 45%.

Passando dalle aspettative al concreto meno di un italiano su tre (29%) riesce a mettere dei soldi da parte a fine mese. Uno su quattro (26%) in Spagna e, anche nella ricca Germania, più della metà dei tedeschi (56%) non mette da parte nulla. Tra Francia, Germania, Spagna, Regno Unito, Italia e Polonia, i paesi presi come campione, nel concreto in molti hanno dovuto stringere la cinghia per far fronte al difficile momento. Il 60% degli intervistati ha ridotto o conosce qualcuno che ha ridotto le spese per la telefonia mobile, il 58% ha rinunciato ad almeno una vacanza, il 57% ha addirittura ridotto la spesa alimentare e il 55% ha tagliato il budget per il riscaldamento familiare.

Da opportunità a svantaggio, un cambio di percezione che si riscontra nelle paure che i cittadini europei vivono, con il 40% degli intervistati che teme concretamente di non poter invecchiare in condizioni dignitose; il 21% che trema all’idea di non potersi curare e il 14% preoccupato di non poter pagare gli studi dei figli. Paure che segnalano non tanto e non solo la crisi che l’Europa sta vivendo, ma la paura del futuro che gli europei stanno riscoprendo dopo mezzo secolo in cui, proprio grazie all’istituzione comunitaria, ne avevano quasi perso memoria soppiantandola con la f