Rinnovabili. Desertec, piano energia solare europeo, muore fra gli applausi

Pubblicato il 15 Novembre 2012 - 07:00 OLTRE 6 MESI FA
Desertec, il piano per trasportare in Europa energia solare prodotta in Nord Africa, non decolla

ROMA –  Che fine ha fatto Desertec, l’ambizioso piano per trasportare l’energia solare prodotta in Nord Africa per approvvigionare l’Europa? Una brutta fine, celata dietro finte promesse, aspettative esagerate, dichiarazioni d’intenti che i politici si guardano bene dal mantenere. Una specie di mano di verde sui grandi progetti energetici per tacitare gli ambientalisti continuando a straparlare di green economy. La terza conferenza di Desertec Industrial Initiative organizzata a Berlino è andata appunto deserta: nemmeno un titolare di gabinetto ministeriale tedesco si è presentato, a dispetto delle dichiarazioni pubbliche che dal cancelliere Merkel allo stesso ministro dell’Ambiente Rösler si supporto totale al progetto. Hanno paura che i delegati, i veri supporters bussino a denari: soldi promessi, soldi pubblici, assolutamente necessari per un piano che nel 2009 prevedeva investimenti per 400 miliardi di euro.

Il fatto è che, come sottolinea il parlamentare Michael Kauch del Fdp (Free Democratic Party, “i soldi sono la risorsa più rara in Europa, più dell’energia o dei minerali nobili”. Mettiamoci pure i rivolgimenti causati dalla Primavera Araba e la relativa insorgenza di conflitti regionali. Le difficoltà economiche contingenti della Spagna che ha mandato all’aria la sottoscrizione di una convenzione con il Marocco per 600 milioni di euro del progetto pilota. I grandi investitori privati o misti iniziano a defilarsi: i giganti Siemens e Bosh si  sono appena tirati fuori.

Ma senza investimento pubblico il progetto semplicemente non esiste. Trasportare l’energia elettrica prodotta in Nord Africa verso il continente europeo è costosissimo. I nord africani accetterebbero solo nel caso gli europei garantissero l’importazione del 90% di energia solare prodotta. Ma prima va costruita una rete estesissima. Il guaio è che il raggiungimento per l’Europa dell’obiettivo di diminuire la dipendenza da gas e carburanti fossili si fa sempre più lontano.

Gli Stati Uniti, per esempio, si sono buttati da un decennio a capofitto sull’implementazione e lo sviluppo di impianti di shale-gas (gas metano prodotto da giacimenti non convenzionali in argille). Questa energia alternativa soddisfa già un quarto del fabbisogno di gas naturale del paese, entro 5 anni permetterà di superare la Russia nella produzione del gas, in prospettiva li renderà autonomi dai paesi produttori. In termini geo-strategici una rivoluzione. E’ per questo che la battuta d’arresto europea sul progetto Desertec fa ancora più male: costoso, lungo, impopolare (è la tassazione generale che si accolla l’onere di farlo partire) era forse l’unico piano comunitario in grado di assicurare competitività (energetica, industriale, strategica) all’Europa.