ROMA, 29 NOV – ”E’ fondato ritenere” che il pc che il deputato del Pdl Amedeo Laboccetta ha portato via durante una perquisizione a Francesco Corallo, titolare della societa’ Atlantis, nell’ambito dell’inchiesta della procura di Milano su un presunto finanziamento irregolare da parte di Bpm, ”appartenga alla persona che aveva la disponibilita’ dell’immobile, ovvero lo stesso Corallo”. E’ quanto si legge nella richiesta dei pm ad eseguire il sequestro del personal computer, giunta alla Camera.
I pm Roberto Pellicano e Mauro Clerici ricordano che il computer si trovava nei locali in disponibilita’ di Corallo, in Piazza di Spagna, a Roma, oggetto della perquisizione dello scorso 10 novembre, e che e’ stato ”sottratto alla legittima apprensione” della Guardia di finanza, essendo verosimilmente proprio di Corallo: infatti il pc, collegato alla rete elettrica, si trovava nell’abitazione ”prima dell’arrivo dell’on. Laboccetta”. ”La rivendicazione dell’on. Laboccetta circa la proprieta’ dell’apparecchio – si legge nella richiesta di autorizzazione ad eseguire il sequestro – e’ allo stato sfornita di ogni dimostrazione; inoltre le stesse affermazioni in merito di Corallo e dell’on. Laboccetta risultano essere state contraddittorie e solo a posteriori ricondotte ad un’apparente coerenza”. Il riferimento e’ a quanto affermato ‘a caldo’ da Corallo, che ai finanzieri ha detto che il pc apparteneva ad una sudamericana presente nell’abitazione; circostanza che la Gdf ha contestato a Laboccetta, quando questi, giunto successivamente, ha affermato che il pc era il suo.
La replica del parlamentare e’ stata che la sudamericana ”era sua collaboratrice e quindi il computer era da considerarsi nella sua (dell’on. Laboccetta) disponibilita”’. Secondo gli inquirenti, ”vi e’ dunque fondato motivo di ritenere che dati e informazioni relativi ai rapporti di affari” oggetto della perquisizione (l’inchiesta e’ incentrata su un finanziamento irregolare da 148 milioni di euro che Atlantis avrebbe ricevuto da Bpm) ”possano trovarsi nella memoria del personal computer sottratto”. Di cui, dunque, viene chiesta alla Camera l’autorizzazione al sequestro.