Al Sud si può e si deve spendere, purché le regioni meridionali non lo facciano da sole. Sono queste le indicazioni emerse dal vertice, tenutosi oggi a Palazzo Grazioli, sulla “questione meridionale” che sta tenendo banco negli ultimi giorni. Nella residenza romana del premier erano presenti il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Letta e i ministri degli Affari regionali Fitto, dello Sviluppo economico Scajola, delle Infrastrutture Matteoli oltre al ministro della Giustizia, il siciliano Angelino Alfano.
Per quanto riguarda i dettagli del “piano per il Sud”, è stato determinato che i fondi per il Mezzogiorno saranno assegnati, ma le Regioni dovranno vigilare affinché il denaro sia utilizzato per investimenti e infrastrutture che siano in conto capitale e che non vadano a gravare sulla spesa corrente. Evitando così il rischio di finanziare l’economia sommersa e quella legata alle organizzazioni criminali.
L’elargizione dei Fas diviene così una decisione “politica” di spesa. L’obiettivo è quello di evitare situazioni come quella dell’ospedale di Agrigento. Insomma, un’intesa definitiva deve ancora essere trovata, ma Berlusconi ha definito il vertice odierno «molto positivo», anche se non si è pronunciato sulla cifra da stanziare per il Mezzogiorno. Il presidente del Consiglio ha poi annunciato che venerdì mattina ci sarà una riunione del Cipe sui fondi Fas. In questa occasione saranno probabilmente sbloccati quattro miliardi di euro per la Sicilia. Durante il vertice a Palazzo Grazioli, Il ministro Alfano ha fatto notare che ci sono ancora otto miliardi di risorse per l’economia dell’isola. Riguardo ai progetti che il Cipe stabilirà, Berlusconi ha detto trattarsi di «un “work in progress”, lo porteremo in Consiglio dei Ministri e poi sarà presentato nei dettagli dopo l’estate».
L’incontro di oggi non placa comunque le polemiche, dopo che il governatore siciliano Raffaele Lombardo aveva detto di «non vedere una svolta». Sempre oggi, è stata resa nota una lettera, inviata da Gianfranco Miccichè a Berlusconi, in cui il premier era stato paragonato al «conte Ugolino».