
BAGHDAD – Uccisi in pubblico a colpi di mitragliatrice. Avevano tredici anni, ma avevano osato guardare la partita di calcio della loro nazionale, l’Iraq, contro la Giordania durante un incontro della Coppa d’Asia. Come se anche il calcio offendesse Maometto. Per i terroristi dell’Isis è così. Per la sharia è così.
“I cadaveri sono rimasti esposti a terra e i genitori non hanno potuto recuperarli per timore di essere uccisi dai jihadisti”, hanno spiegato dall’organizzazione “Raqqa is being slaughtered silently” (Raqqa viene macellata in silenzio), associazione di attivisti che documentano le violenze compiute dall’Isis nella loro città.
I ragazzini erano stati catturati dai jihadisti a Mosul, controllata dall’Isis. Prima di eseguire la loro condanna a morte, i terroristi islamici hanno annunciato con un megafono quanto avrebbero fatto. Volevano richiamare più gente possibile. Volevano far capire a tutti che cosa succede a chi viola i principi della sharia.
Come nelle esecuzioni dei due uomini accusati di essere omosessuali, e per questo buttati giù da un palazzo, sempre a Mosul. Gay e calcio come la satira di Charlie Hebdo: non piacciono a Maometto. Almeno per l‘Isis.