Emanuela Orlandi, il caso è chiuso? Forse, almeno dal punto di vista giudiziario e delle iniziative clamorose sgorgate attorno.
Una pietra forse definitiva sul caso Orlandi l’ha messa una lettera al Coriere della Sera dell’ex procuratore capo della Procura della Repubblica di Roma, Giuseppe Pignatone, oggi presidente del Tribunale del Vaticano.
Pignatone scrive al Corriere per replicare alle affermazioni di un suo ex sottoposto, il procuratore Giancarlo Capaldo, contenute in una intervista a Andrea Purgatori pubblicata sullo stesso Corriere domenica 12 dicembre 2021.
Nel presentare l’intervista a Capaldo, il giornale parla di “nuove rivelazioni” su Emanuela. Pignatone smentisce tutto, in modo anche abbastanza sprezzante nei confronti del suo ex vice.
Pignatone è da tempo sotto attacco di un gruppo abbastanza trasversale che ha interesse a vario titolo e modo a tenere in piedi la dolorosa e misteriosa vicenda di Emanuela Orlandi. Tra costoro c’è persino Ali Agca, il turco attentatore di Papa Giovanni Paolo II.
Ricostruiamo gli sviluppi recenti.
1) L’ex magistrato Giancarlo Capaldo scrive un romanzo, “La ragazza scomparsa”, nel quale la ragazza è ovviamente Emanuela Orlandi. Vi adombra una trattativa tra Capaldo e il Vaticano, tramite il Vicariato, che NON può assolutamente esserci stata. La trattativa era: “Io sposto la salma di Enrico De Pedis dal sotterraneo della basilica di S. Apollinare e voi mi fate trovare i resti di Emanuela Orlandi”.
Trattativa che è impossibile ci sia stata. Perché NON può esserci stata? Calma, lo vedremo tra poco.
2) – Il Corriere della Sera di ieri, domenica 12 dicembre, dedica una intera pagina, a firma Andrea Purgatori, per annunciare una puntata televisiva di Atlantide, programma condotto dallo stesso Purgatori. Si annunciano fuochi d’artificio alla grande, come ai bei tempi. Quando il continuare a raccontar fole sul caso Orlandi non suscitava ancora sbadigli. Ma le polveri si rivelano subito bagnate, anche se il lettore – e in serata il telespettatore – non ci fanno caso.
Purgatori inizia infatti il suo articolone con queste parole, che da sole bastano per voltar pagina e leggere qualcos’altro:
“Nella primavera del 2012 due emissari di Papa Ratzinger, verosimilmente due alti prelati, diedero la disponibilità del Vaticano a far ritrovare alla famiglia Orlandi il corpo della quindicenne Emanuela, svanita nel nulla nel 1983”.
“Verosimilmente due alti prelati”?
E chi ci dice che non fossero invece due uscieri? O due mattacchioni tra le decine che hanno tenuto banco a turno per decenni. Anche prendendo in giro lo stesso Capaldo per lungo tempo. Trasformando in farsa la tragedia della scomparsa di una ragazzina. Ma l’osservazione più importante è: “Due emissari di Papa Ratzinger” danno una tale clamorosa “disponibilità” e Capaldo, all’epoca titolare dell’inchiesta giudiziaria sulla scomparsa di Emanuela, non si fa dire i loro nomi? Non si fa dire chi siano? A che titolo e in che veste parlano e promettono? Suvvia….
3) – Ed eccoci alle puntata di Atlantide. Dove l’ex magistrato neo romanziere e il giornalista conduttore televisivo si diffondono nel raccontare la asserita trattativa.
Che però Capaldo in tv specifica che non era proprio una trattativa, ma una generica “disponibilità a collaborare”… E NON erano neppure due “alti prelati”. Ma allora chi e quanti erano?
Il giorno dopo la puntata, cioè ieri lunedì 13 dicembre, lo spiega un altro giornalista conduttore televisivo, Gianluigi Nuzzi, nell’intera pagina 15 de La Stampa con un articolo che inizia così:
“ [Capaldo] ha stilato la lista dei monsignori, ufficiali e militari dei carabinieri, cancellieri che a vario titolo, chi come protagonista, chi come testimone, avrebbero partecipato alla trattativa da lui condotta con il Vaticano per ritrovare i resti della giovane sparita nel 1983 e mai più ritrovata”.
Insomma, come il pane e i pesci del miracolo di Gesù i due “presumibilmente alti prelati” di Purgatori si sono moltiplicati: non due, ma una mucchio di persone. Nomi? Neppure un accenno. Del resto Capaldo in tv a Purgatori ha detto che è disposto a farli solo se “interrogato dalla magistratura vaticana”.
La trattativa su Emanuela NON può esserci stata non solo per quanto ho già scritto più volte di recente.E allora è il caso di andare al sodo.
Capaldo s’è rivolto proprio a me per avere un canale di comunicazione con la Segreteria di Stato del Vaticano DOPO il trasloco della salma di De Pedis. E se ancora DOPO tale trasloco il magistrato NON aveva un canale di comunicazione con la Segreteria di Stato ciò significa che il canale NON lo aveva neppure prima. “Elementare, Watson!”
Ma, come dicevo, il motivo principale che taglia la testa al toro e DIMOSTRA che la trattativa NON può esserci stata e che né il Vaticano/Vicariato né il magistrato Capaldo avevano titoli, cioè il potere, per decidere alcunché sulla salma di De Pedis.
La salma, e il relativo sarcofago, erano proprietà privata dei due fratelli e della vedova di De Pedis, signora Carla Di Giovanni, morta precocemente anche per i dolori provocati da anni e anni di accuse a vanvera al marito ormai morto. E solo loro potevano decidere, come infatti alla fine hanno deciso, di spostare i resti mortali del defunto.
Abbiamo anche scritto più volte, nel 2011 e 2012, che il generale Domenico Giani, capo della Gendarmeria del Vaticano, ha più volte fatto pressione su Carla Di Giovanni, anche con qualche velata minaccia sbottando “Ma allora lei vuole la guerra!”, perché si decidesse a spostare la salma.
Ma la vedova di De Pedis ha sempre rifiutato.
“Finché il magistrato non si decide a controllare il contenuto del sarcofago e della bara, io non sposto nulla. C’è un delirio secondo il quale Emanuela Orlandi, e pure Mirella Gregori scomparsa anche lei a 16 anni, sarebbero sepolte con mio marito. Perciò io non sposto nulla prima che il magistrato abbia fatto i dovuti controlli.
Mica sono scema: se sposto la salma prima dei controlli della magistratura ci sarà senza dubbio qualche figlio di buona donna che mi accuserà di avere fatto sparire magari i resti di Emanuela. E pure quelli di Mirella”.
E infatti, il trasloco è avvenuto solo DOPO che Capaldo s’è deciso a ordinare il macabro e inutile controllo della bara alla ricerca dei resti di Emanuela.
Quindi, al massimo ci sarà stata una “trattativa” con la quale Capaldo si impegnava NON a traslocare la sepoltura, ma a dare finalmente l’ordine di ispezionarla. Oltretutto alla basilica di S. Apollinare era stato concesso lo status dell’extraterritorialità: territorio vaticano, NON italiano. Territorio sul quale la magistratura italiana nulla poteva e nulla può senza l’assenso del Vicariato.
Ecco cosa abbiamo scritto su Blitz già il 24 aprile 2012.
“Alle 9,30 di giovedì 26 aprile, il cardinale Agostino Vallini, dal giugno 2008 Vicario del Papa per la diocesi di Roma, inizierà nel suo ufficio una riunione decisamente rovente. Saranno presenti un rappresentante del Comune di Roma e un rappresentante della Gendarmeria del Vaticano, il colonnello Costanzo Alessandrini forse in compagnia del comandante Domenico Giani, l’ex ufficiale della Finanza diventato il capo della Gendarmeria nel 2006.
Ordine del giorno: il trasferimento della salma di Enrico De Pedis, detto “Renatino”.
Dai sotterranei della basilica di S. Apollinare al cimitero comunale di Prima Porta, noto anche come cimitero Flaminio perché sito lungo la via Flaminia. La decisione del trasloco arriva dopo anni di clamori, insinuazioni e proteste crescenti contro la presenza di quel defunto nei sotterranei della basilica, nei quali era giunto nel 1990 dalla tomba della famiglia di sua moglie Carla al cimitero del Verano. In S.Apollinare Carla e Enrico De Pedis si erano sposati, lei lavora anche là vicino, e ragioni sentimentali e pratiche l’avevano spinta a ottenere la traslazione, senza prevedere il polverone di vent’anni dopo.
Passare dalle parole ai fatti non sarà però facile come sembra. Il Vicariato infatti ha sì competenza sul contenuto della basilica di S. Apollinare, ma non può decidere nulla su una proprietà privata – quale è la salma di De Pedis, compresa la cripta che la contiene – senza il permesso dei legittimi proprietari, in questo caso la vedova e i due fratelli di De Pedis.
Poiché la basilica per decisione della Corte Costituzionale gode del privilegio dell’extraterritorialità, la magistratura italiana può decidere l’ispezione della tomba, visto che sono consenzienti sia il Vicariato che i De Pedis, ma non il trasloco se questi ultimi non sono d’accordo. Idem il Comune”.
La cosa curiosa di questa brutta storia è che la favola della trattativa è nata da un nostro articolo su Blitz del 13 ottobre 2011.
Sapevamo che Papa Ratzinger avrebbe voluto andare in visita alla Pontificia Università della Santa Croce, messa in piedi dall’Opus Dei nel palazzo di S. Apollinare. Nel palazzo cioè dove negli anni ’80 c’era ancora la scuola pontificia di musica frequentata da Emanuela.
E sapevamo che Ratzinger aveva deciso di rinviare a causa del furore delle polemiche relative alla sepoltura di De Pedis nella omonima basilica. Basilica attaccata al palazzo di S. Apollinare perché nata come sua cappella quando c’era la scuola di teologia del Vaticano.
Tutto questo incredibile casino è nato dall’articolo del 13 ottobre 2011. Articolo che iniziava infatti con queste parole.
“In realtà, è papa Ratzinger che vorrebbe sfrattare la salma di De Pedis per poter andare in visita all’Università dell’Opus Dei del palazzo di S. Apollinare, ma nessuno ha il coraggio di dirlo. Ecco allora che i titoli e i sommari dei giornali non hanno dubbi: “Irregolare sepoltura De Pedis nella basilica S. Apollinare”; “Il corpo del boss della Banda della Magliana, Renato De Pedis, venne inumato nella Chiesa romana di Sant’Apollinare in spregio alla severa normativa dell’epoca. L’Antimafia, sollecitata da Walter Veltroni, ha svolto accertamenti dettagliati che hanno dato questo riscontro”.
Tutte affermazioni fasulle perché il magistrato Andrea De Gasperis lo aveva già accertato
Con la sua inchiesta durata due anni, dal 1995 al 1997, che nel trasferimento della salma dal cimitero del Verano allo scantinato – da decenni sconsacrato – della basilica di irregolare e/o sospetto non aveva proprio nulla.
Per quanta pubblicità gli facciano, con questi strani metodi, il romanzo dell’ex magistrato Giancarlo Capaldo non avrà mai il furioso successo del romanzo intitolato Romanzo criminale scritto da un altro Giancarlo. Scritto cioè dal magistrato Giancarlo de Cataldo sulla storia – molto romanzata – della cosiddetta Banda della Magliana. E che ha dato origine al tormentone della sepoltura di De Pedis in S. Apollinare con dentro anche la Orlandi e per buona misura anche Mirella Gregori.
Per approfittare dello strepitoso successo di Romanzo criminale, del quale a settembre sarebbe arrivato nei cinema anche un film, una telefonata anonima suggerì infatti a fine luglio 2015 alla redazione di “Chi l’ha visto?”, programma tv di Raitre, che per la soluzione del mistero Orlandi si doveva “controllare il contenuto della bara di De Pedis”.
Da notare che dai controlli fatti dalla magistratura la telefonata anonima risulta partita NON dall’esterno della Rai.
Terminiamo dicendo che ci spiace dover rilevare come Pietro Orlandi sia piuttosto smemorato. In questi giorni su Facebook ha infatti scritto che a lui della sepoltura di De Pedis in S. Apollinare “non frega un cazzo”. Quando invece a suo tempo chiese a Capaldo, che gli rise in faccia, di presenziare all’apertura della bara e relativi controlli.
Ma soprattutto ci dispiace che Carla Di Giovanni, massacrata da anni e anni di accuse pazzesche contro il marito anche per la scomparsa di Emanuela, abbia finito con l’ammalarsi gravemente. Fino a morire pochi anni dopo essere andata in pensione.