
ROMA – La tragedia di Davide Bifolco ha sollecitato le riflessioni di Domenico Salvatore, direttore di Melito News, un giornale on line che copre Calabria e Sicilia con dettaglio e attenzione.
“Giusto che paghi chi sbaglia, ma non”sparate” sui Carabinieri, amici della gente, baluardo contro la mafia” è la conclusione di Domenico Salvatore, che si riassume nel titolo: “Carabiniere ucciso, carabiniere che uccide. Poliziotto ucciso, poliziotto che uccide. La cronaca è piena di queste tragedie. Giovinezze negate. Vite distrutte. Destini crudeli. La morte di Davide Bifolco, di soli 17 anni; vittima innocente. Sarebbe stato sufficiente fermarsi e farsi controllare…per essere ancora vivo; ma non c’azzecca l’errato senso della legalità.”
Davide non si è fermato all’alt dei militari “perché guidava uno scooter non suo, non era assicurato e non aveva il patentino”, racconta il fratello di Davide, Tommaso. “La mia famiglia non aveva soldi per comprare un motorino a Davide – aggiunge – Forse si è spaventato, forse voleva evitare il sequestro del mezzo e per questo non si è fermato davanti alle forze dell’ordine”.
Saranno le Commissioni di inchiesta, ricorda Domenico Salvatore,
“a chiarire l’esatta dinamica dei fatti ed a stabilire le responsabilità. La comunicazione, nei giorni scorsi ha criticato gli stipendi da fame delle forze di polizia. Per la ridicola cifra di 1400 euri al mese, carabinieri, poliziotti, finanzieri ecc. rischiano di uccidere, ma anche di essere uccisi. Basta sfogliare le cronache…
Il 27 aprile del 2013, durante una rapina a una gioielleria di Maddaloni (Caserta), viene ucciso a colpi di pistola, l’appuntato Tiziano Della Ratta. Un poliziotto, Filippo Raciti viene ucciso a Catania, il 2 febbraio 2007; l’Ispettore capo della Polizia di Stato, è morto in servizio durante gli incidenti scatenati da una frangia di ultras catanesi contro la Polizia intervenuta per sedare i disordini alla fine del derby siciliano di calcio Catania-Palermo.
Il 30 giugno 2012, è stato rinvenuto cadavere, il corpo di un militare della Guardia di Finanza, l’appuntato Fabrizio Ferrara, 39enne di Benevento, ucciso a colpi di pistola, nei pressi della caserma del reparto territoriale delle Fiamme Gialle di Aversa, nel casertano. Il 7 agosto 1992, veniva ucciso da un commando della camorra, l’gente della Polizia Penitenziaria, Michele Gaglione. Sono le due facce della stessa medaglia.
La notizia dell’Ansa…”Notte di caos e rivolta contro le forze dell’ordine nel quartiere Traiano di Napoli dove un ragazzo di 17 anni, Davide Bifolco, è stato ucciso da un carabiniere Secondo la ricostruzione dell’Arma, il militare ha sparato in maniera accidentale un colpo con la pistola di ordinanza.
La ricostruzione dei carabinieri. In tre sullo stesso scooter, senza casco, tra viale Traiano e via Cinthia, a Napoli. Uno di loro viene riconosciuto come chi aveva violato i domiciliari dal febbraio 2014, l’accusa era di reati contro il patrimonio. Viene intimato l’alt, i tre non si fermano. Inizia l’inseguimento, durante il quale parte un colpo in maniera accidentale dalla pistola d’ordinanza di un carabinieri che colpisce, a morte, Davide Bifolco.
La dinamica dell’accaduto, per i Carabinieri, è questa. Il primo ad essere riconosciuto dai militari è stato un 23enne delle zona irreperibile da febbraio 2014; gli doveva essere notificato un aggravamento dei domiciliari. Durante l’inseguimento, i tre hanno ad un certo punto rallentato la marcia e sono stati urtati dall’auto dei militari. Sono caduti a terra. Uno di loro, il 23enne è fuggito a piedi.
Sono stati, invece, bloccati gli altri due che erano sul mezzo: Davide e Salvatore Triunfo, 18 anni, quest’ultimo con precedenti per furto e danneggiamento. Dopo il ferimento, Davide è stato soccorso e trasportato all’ospedale San Paolo ma non c’è stato nulla da fare.
Dopo la morte di Davide, nel quartiere è scoppiata una durissima protesta con lancio di oggetti e sassi contro le forze dell’ordine: danneggiate sei auto dei carabinieri e due della polizia; due militari sono rimasti leggermente contusi.
Sul posto, a circa venti metri dal luogo dell’incidente, è stata anche ritrovata una pistola scenica che non si sa se abbia relazione o meno con quanto accaduto.”E’ stato un omicidio, non s’inventassero scuse.
È stato un omicidio”. Lo dice, tra le lacrime nel rione Traiano, Tommaso Bifolco, fratello di Davide, il ragazzo di 17 anni ucciso da un Carabiniere durante un inseguimento la scorsa notte a Napoli. “Non è caduto durante l’inseguimento – aggiunge – è stato speronato e ucciso”.
Davide non si è fermato all’alt dei militari “perché guidava uno scooter non suo, non era assicurato e non aveva il patentino”, racconta il fratello di Davide, Tommaso. “La mia famiglia non aveva soldi per comprare un motorino a Davide – aggiunge – Forse si è spaventato, forse voleva evitare il sequestro del mezzo e per questo non si è fermato davanti alle forze dell’ordine”.
La mamma: “Hanno ammazzato un bambino”. “Quando gli ha sparato non l’ha visto in faccia? Quel carabiniere non ha visto che Davide era un bambino?”.
La signora Flora non fa che piangere. Racconta gli ultimi istanti di vita del figlio Davide Bifolco, che la notte scorsa è stato ucciso da un carabiniere nel corso di un inseguimento. […] “Ora, se ha il coraggio, quel carabiniere deve uccidere anche me, perché mi ha ucciso mio figlio” aggiunge la mamma di Davide.
“Stanotte eravamo a centinaia contro i Carabinieri che hanno ucciso Davide – racconta la signora Annalisa – c’erano anche i nostri figli, perché quello che è successo è una vergogna. Loro ci dovrebbero difendere e invece hanno ucciso un ragazzino innocente. Qui, al rione Traiano, i Carabinieri non li vogliamo più”.
Fratello: “Ammanettato dopo colpo di pistola” -“Mio fratello è stato colpito al cuore. E dopo, quando lui era a terra, i carabinieri hanno anche avuto il coraggio di ammanettarlo e di mettergli la testa nella terra. Aveva la polvere in bocca, mio fratello”.
Parla con rabbia Tommaso Bifolco, fratello di Davide, ucciso a 17 anni (li avrebbe compiuti il 29 settembre prossimo) da un carabiniere nel corso di un inseguimento la scorsa notte a Napoli. “Io mi vergogno di essere un italiano. Ora lo Stato, chi ci chiederà scusa per quello che è successo? – dice Tommaso – Mio fratello era un ragazzo d’oro, mai droga, mai rapine, mai nulla. Non voleva proseguire gli studi e io lo stavo convincendo a fare il mio stesso lavoro, l’ascensorista. Stava facendo solo un giro nel quartiere con il suo motorino, e per questo a Napoli si deve essere uccisi? Qui di morti ne vediamo tanti ma stanotte un intero rione è sceso in strada e sapete perché? Perché non è stato ucciso un camorrista ma un ragazzo innocente”.
Amico, ero accanto a lui, l’ho visto morire – Enrico ha ancora lo sguardo spaventato. Ripete, quasi a memoria, quel che ha vissuto stanotte. Era a bordo di uno scooter insieme ad un amico, accanto a Davide Bifolco, il ragazzo di 17 anni ucciso da un carabiniere nel corso di un inseguimento la scorsa notte a Napoli. “Stavamo percorrendo un viale quando ad un certo punto una macchina dei Carabinieri è andata contro lo scooter di Davide. E’ iniziato l’inseguimento, è stata puntata la pistola e Davide è stato ucciso – dice ancora – l’hanno ammanettato come il peggior dei criminali, nonostante fosse già stato colpito”. “Davide era un bravissimo ragazzo – aggiunge Enrico – per me era un fratello. Giocavamo a calcio, scherzavamo tra di noi. Non eravamo delinquenti, stavamo soltanto facendo un ultimo giro prima di tornare a casa”.
Non sappiamo come siano andati i fatti, se non per sentito dire. Riteniamo, che tutti possiamo sbagliare. Chi interpreta il Codice della Strada in maniera inesatta; non diciamo, la legalità a suo uso e consumo, se non immagine e somiglianza; e chi spara in maniera frettolosa, sproporzionata, non appropriata.
Gli uni e gli altri spinti dallo stress, dall’ansia, dalle emozioni.
Non sparate sui carabinieri, vero e proprio baluardo contro la criminalità organizzata e comune, tutori dell’ordine pubblico e della sicurezza; il corpo ha essenzialmemte una duplice funziome: quella di forza armata e quella di corpo di pubblica sicurezza. Per le due funzioni dipende, rispettivamente, dal Capo di stato maggiore della difesa e dal Ministero degli interni.
È quindi una forza militare di polizia (gendarmeria) in servizio permanente di pubblica sicurezza, dipendente dal comandante generale dal capo di stato maggiore della Difesa. In ragione della sua peculiare connotazione di forza di polizia a ordinamento militare e competenza generale, le sono affidati numerosi compiti.
Non ‘sparate’ sui Carabinieri, sono amici veri del cittadino contro la barbarie, l’illegalità, il disordine pubblico, l’insicurezza nelle strade, la lotta alla mafia, la protezione delle istituzioni”.